Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

venerdì 30 agosto 2013

Carlos Drummond de Andrade

Da "http://viomarelli.wordpress.com/2013/08/29/vita-minore-carlos-drummond-de-andrade/" :

Vita minore

La fuga dal reale,
ancora più lontano la fuga dal fantastico,
più lontano di tutto, la fuga da se stesso,
la fuga dalla fuga,
l’esilio senza acqua e parola,
la perdita volontaria di amore e memoria,
l’eco che non corrisponde più all’appello, e questo che si fonde,
la mano che diviene enorme e che sparisce sfigurata,
tutti i gesti insomma impossibili, se non inutili,
l’inutilità del canto,
la purezza del colore,
né un braccio che si muova né un’unghia che cresca.
Non la morte tuttavia.

Ma la vita: captata nella sua forma irriducibile,
senza più ornamento o commento melodico,
vita a cui aspiriamo come pace nella stanchezza,
non la morte,
vita minima, essenziale,
un inizio, un sonno,
meno che terra, senza calore,
senza scienza né ironia,
quello che si possa desiderare di meno crudele: vita
in cui l’aria, non respirata, mi avvolga,
nessuno spreco di tessuti, loro assenza,
confusione tra mattino e sera, senza più dolore,
perché il tempo non si divide più in sezioni,
il tempo eliminato, domato.
Non ciò che è morto né l’eterno o il divino,
soltanto quello che è vivo, piccolo, silenzioso, indifferente
e solitario, vivo.
Questo io cerco.

(Trad. V. Arsillo)

Pensiero di Lev Tolstoj

Con il Pensiero di Lev Tolstoj si chiude l'argomento e si desidera sottolineare come Gandhi, che da lui trasse ispirazione, rimase purtroppo aggrappato all'integralismo della religione indù (quale religione non è integralista?) e l'apporto filosofico del suo, comunque, forte e giusto pensiero perse l'importante occasione di cambiare veramente le cose in meglio, di fare un passo diverso, di uscire dal fango del dogma.

Per approfondire il tema, in maniera più ampia e profonda, si consiglia il Libro:
"The wishful thinking. Storia del pacifismo inglese nell'Ottocento" di Giovanni Aldobrandini

Opere gratuite tradotte scaricabili: "http://www.gondrano.it/tolstoi/scritti.htm"

LexMat

Da WikiPedia:

Introduzione

Come riportato nella biografia della voce Lev Tolstoj, la sua vita fu lunga e tragica, nell'accezione più vera del termine, ossia nel senso che essa fu dominata da una profonda, segreta tensione: una vera tragedia dell'anima.
Tolstoj stesso riteneva che il 1878 fosse lo spartiacque tra due fasi della sua esistenza, nella prima il grande scrittore (famosissimo e tronfio della fama letteraria), nella seconda la rinascita spirituale.
Questa grande frattura sarà fonte di difficoltà, contraddizioni e spesso incomprensioni nello studio della persona, problemi che ancor oggi sono presenti.
Svariate sono quindi le tracce per potersi avvicinare all'animo di Tolstoj:
  • La incessante ricerca della verità.
« La verità... Io amo tanto... come loro... »
(ultime parole pronunciate da Tolstoj prima di morire)
  • La tensione al miglioramento continuo.
« Ci sono in me tutti i vizi... e ad un grado ben più grande che presso la maggior parte degli uomini. La mia salvezza risiede nel fatto che io lo so e lotto, tutta la mia vita ho lottato »
(Diari, 21 settembre 1905)
  • "La non organicità: Tolstoj non seppe o non volle essere un pensatore sistematico, ma affidò le sue idee a decine e decine di lettere, opuscoli e saggi più o meno lunghi, fra cui non è facile orientarsi". Nei suoi Diari scrisse:
« [...] la verità è scostante perché è frammentaria, incomprensibile, mentre l'errore è coerente e conseguente »
(Diari, 3 febbraio 1870)
  • La tensione e lo scontro tra il primo Tolstoj scrittore e lo stesso successivamente moralista.
« Il motto degli uomini veramente civili non sarà:
"fiat cultura, pereat justitia", ma "fiat justitia, pereat cultura" »
(, cap VII)
  • La tensione e lo scontro tra Tolstoj erudito e l'umile ricercatore della verità.
« I semplici spesso conoscono la verità meglio dei dotti, non perché essi siano strumenti ispirati dal divino afflato, ma perché la loro osservazione degli uomini e della natura è meno annebbiata da varie teorie »
(, pag. 62)
  • La tensione e lo scontro tra il Tolstoj ricco possidente terriero e l'umile Lev che tentava di vivere con e come i muzik.
Documentata nei fatti dagli ultimi anni di vita dello scrittore e dalla famosa fuga terminata con la morte alla stazione di Astopovo.
  • La tensione e lo scontro (negli ultimi anni della sua vita) tra Tolstoj religioso senza metafisica ed il mistico
« Cercavo una risposta al problema della vita e non al problema storico e teologico. Per me era del tutto indifferente se Gesù Cristo fosse o non fosse Dio e da chi fosse proceduto lo spirito Santo. [...] Per me era importante quella luce che da 1800 anni illuminava l'umanità e che aveva illuminato ed illuminava anche me; ma come denominare la fonte di questa luce, di che cosa fosse fatta e da chi fosse stata accesa, per me era indifferente. »
« ...Basta solo che non pecchi. E che non ci sia in me cattiveria. Ora non ce n'è.»
È bene aggiungere che il Tolstoj etico suscitò un grande entusiasmo a partire dalla metà degli anni ottanta del XIX secolo. In Russia venne proibita l'edizione delle opere politiche e religiose e cominciarono i controlli di stato su Tolstoj e qualunque seguace dello scrittore. Secondo Max Nordau l'interesse dei contemporanei, per lo meno negli ultimi vent'anni di vita dello scrittore, si concentrò soprattutto sui contenuti morali piuttosto che sui grandi romanzi (Guerra e Pace ed Anna Karenina).
In aggiunta si può fare una considerazione: le opere dello scrittore, eccetto quelle sotto copyright (ovvero le prime opere fino a Guerra e Pace ed Anna Karenina, con le successive eccezioni di Resurrezione e Padre Sergej), girarono in tutto il mondo con traduzioni spesso non fedeli, ed anche come antologie di scritti; non si tradusse né integralmente né esattamente.
Però chiunque scruti minutamente i lavori di lui, scorgerà che il germe della crisi e della conversione sociale e religiosa svoltasi nella coscienza di Tolstoi si contiene anche nelle sue opere anteriori. Analogo commento farà Edmondo De Amicis.

Filosofia della storia

L'interesse per la storia fu uno dei problemi cardine di Tolstoj e per tutta la vita cercherà di fornirne una risposta.
Al contempo, la sua visione è una cartina al tornasole del proprio travaglio interiore.
Nel 1846 – secondo una testimonianza – Tolstoj affermò che «la storia non è altro che una raccolta di fiabe e futili inezie, infarcite con un mucchio di cifre superflue e di nomi propri».
In Guerra e pace espresse la convinzione dell'esistenza di una «legge naturale» che determina la vita degli uomini, ma che essi – incapaci di comprenderla – rappresentino la storia come una successione di libere scelte di cui attribuiscono le responsabilità a «grandi uomini» dotati di eroiche virtù o terribili vizi. Secondo Tolstoj, non sono i Napoleone o gli zar – così sicuri di sé – a fare la storia: essi sono solamente dei fantocci, mentre chi ha realmente parte nella storia ignora la propria importanza: «l'uomo che sostiene una parte negli avvenimenti storici non ne capisce mai l'importanza». A questo proposito, ha scritto un commentatore: «Per Tolstoj non ci sono protagonisti, perché quelli che sanno o possono sapere – cioè i detentori del potere, i capi rivoluzionari – non fanno, e invece gli esecutori – cioè i combattenti, i sicari ecc. – fanno ma non sanno».
Guerra e Pace, nella seconda parte dell'epilogo, si chiude con un esempio molto forte in cui paragona la rivoluzione copernicana ad una ipotetica rivoluzione storica per cui:
« Noi non avvertiamo il moto della terra ma, ammettendone l'immobilità, giungiamo ad un assurdo, mentre ammettendone il moto, che pur non avvertiamo, giungiamo a formulare leggi, così per la storia la nuova teoria dice: "È vero, noi non avvertiamo la nostra dipendenza ma, ammettendo la nostra libertà, giungiamo ad un assurdo mentre, riconoscendo la nostra dipendenza dal mondo esterno dallo spazio e dalla causalità arriviamo a scoprire leggi". Nel primo caso era necessario rinunziare alla sensazione della immobilità nello spazio ed accettare l'idea di un movimento che non avvertiamo; nel caso presente è ugualmente necessario rinunziare al concetto di libertà ed ammettere una dipendenza di cui non ci rendiamo conto sensibilmente. »
Tolstoj, in fondo, in questa fase pre-conversione, riconosce che l'incapacità di capire e determinare gli eventi sia la logica conclusione della grande ignoranza della trama delle cose, della sterminata varietà dei rapporti umani. Se avessimo questa consapevolezza non potremmo considerare gli esseri umani eroi od esseri spregevoli, ma dovremmo sottometterci alla inevitabile necessità. Si tratta di una posizione vicina alle "verità di fatto" leibniziane. Tolstoj riconosce quindi la preminenza dell'esperienza soggettiva, della vita vissuta con le sue emozioni. E qui si manifesta metaforicamente lo stesso contrasto che si evidenzia tra il Tolstoj descrittore della molteplicità della vita e la sua visione della storia in cui la libertà umana va disintegrandosi ed anche lo stesso contrasto tra il romanziere ed il successivo moralista e propugnatore di un sentire unico tratto dal mondo contadino e dal Vangelo.
Dopo la conversione egli riterrà infatti che la storia mostri le prove di come guerre e violenze abbiano sempre causato immense catastrofi e di come, invece, la realizzazione, in linea col Vangelo, di ideali di pace e di tolleranza vada considerato il vero indice di progresso – la vera forza e la vera Storia – dell'umanità:
« La storia dell'umanità è piena di prove che la violenza fisica non contribuisce al rialzamento morale e che le cattive inclinazioni dell'uomo non possono essere corrette che dall'amore; che il male non può sparire che per mezzo del bene [...] che la vera forza dell'uomo è nella bontà, la pazienza e la carità; che solo i pacifici erediteranno la terra. »
Al termine della sua vita, tra settembre e novembre del 1910, Tolstoj rinuncerà alla possibilità di conoscere le leggi della storia:
« Voi mi chiedete di scrivere per il vostro libro un articolo che tratti le questioni sociali ed economice [...] Il vostro desiderio io non lo posso esaudire, innanzitutto perché non lo conosco, non lo posso conoscere e penso che nessuno possa conoscere queste leggi. In secondo luogo [...] anche se io credessi di conoscere le leggi [...] non mi prenderei la responsabilità di dirlo. »

Estetica

Come sulla storia, anche sull'arte Tolstoj inizialmente espresse – in una lettera del 1860 – un giudizio drasticamente negativo, asserendo che «l'arte è una menzogna, e io non posso amare una menzogna, foss'anche bellissima»
Nella prima versione del racconto Al'bèrt (1857), Tolstoj scriveva che il compito della (vera) arte è «annichilire con il solo fatto d'esistere tutto il ciarpame delle ideologie degli intellettuali e tutta la vacuità della vita degli uomini ordinari»
Si delineano così, per Tolstoj, due tipi di arte: la prima – quella ordinaria, diffusa – è fondata sulla menzogna; la seconda – l'unica autentica – è specchio di Verità e manifestazione dell'Assoluto. Sviluppa quindi in sé la fede che solo la vera arte possa redimere l'umanità e, a questa tesi, dedica, ormai settantenne, il lungo saggio Che cos'è l'arte? (1897), in cui afferma:
« L'arte deve sopprimere la violenza. [...] deve fare in modo che i sentimenti di fraternità e amore per il prossimo, oggi accessibili solamente agli uomini migliori della società, diventino sentimenti abituali, istintivi in tutti. [...] La destinazione dell'arte [...] è di tradurre dalla sfera della ragione alla sfera del sentimento la verità che il bene della gente è nell'unione e di instaurare in luogo della violenza attuale quel regno di Dio, cioè quell'amore che si presenta a noi tutti come fine supremo della vita dell'umanità. »

Religione

Esegesi biblica

Nel 1870 Tolstoj si dedica allo studio del greco antico e vi si appassiona.
Nel 1875, mentre lavora alla stesura di Anna Karenina, elabora alcuni saggi di carattere religioso (rimasti incompiuti): Sul significato della religione cristiana, Sulla vita al di fuori del tempo e dello spazio, Sull'anima e la vita di essa al di fuori della vita a noi nota e intelligibile
Nel 1877 comincia a scrivere Definizione della religione in quanto fede e un Catechismo cristiano che rimangono anch'essi incompiuti. Intanto legge svariate opere di teologia cristiana e di critica neotestamentaria.
Nel 1879 studia con sistematicità filologica i quattro Vangeli. Scrive nuovi saggi di carattere religioso, segnati da elementi polemici verso l'ortodossia: La Chiesa e lo Stato, Di chi siamo noi: di Dio o del Diavolo?, Cosa può fare e cosa non può fare un cristiano.
Nel 1880 si dedica interamente al lavoro critico-filologico sui Vangeli canonici. È divorato da un intenso zelo esegetico:
« Procuratemi o compratemi a qualsiasi prezzo, o mandatemi dalla biblioteca o addirittura... rubate un libro o dei libri dai quali si possa sapere qualcosa dei più antichi testi greci dei quattro Vangeli, su tutte le omissioni, le aggiunte, le varianti che vi sono state fatte. »
Nello stesso anno scrive Disamina della teologia dogmatica – che segna ormai un netto distacco dall'ortodossia – e intraprende l'opera di Unificazione, traduzione e analisi dei quattro Vangeli.
Nel 1882, interessato anche all'Antico Testamento, studia l'ebraico antico con il rabbino S. A. Minor.
Nel 1885 traduce dal greco antico la Didaché per la casa editrice Posrednik, fondata l'anno prima insieme ai discepoli Vladimir Čertkov e Pavel Birjukov.
Nel 1907 scrive il saggio, incompiuto, Perché i popoli cristiani in generale, e in particolare quello russo, si trovano oggi in una condizione infelice, dove critica l'interpretazione data da Paolo all'insegnamento di Gesù come frutto di travisamento e d'invenzione dottrinaria.
Nel 1908 pubblica infine Il vangelo spiegato ai giovani.

Teologia

Il sottotitolo dell'opera Il regno di Dio è in voi chiarisce i punti salienti della sua visione, ove dichiara: «Il regno di Dio è in voi, ovvero il Cristianesimo dato non come una dottrina mistica, ma come una morale nuova».
Il risveglio di Tolstoj ha principalmente una connotazione fortemente etica e di aderenza alle Sacre Scritture, che lui cercherà di leggere al di là di tutti i condizionamento di quasi duemila anni di interpretazione. Cercando quindi i fondamenti nelle Scritture del Cristianesimo, principalmente si dedicherà alla lettura dei Vangeli, rifiutando in parte le Scritture del Nuovo Testamento (in particolare l'Apocalisse e parte degli Atti degli Apostoli) e dell'Antico testamento[senza fonte]. Contesterà inoltre aspramente Paolo di Tarso: «Non voglio offrire una interpretazione della dottrina di Cristo [...] vorrei una sola cosa: proibire di interpretare».
Il cardine lo troverà quindi nei Vangeli, particolarmente nel Discorso della Montagna, ed all'interno di questi nelle cosiddette Antitesi.
Con la sua opera: "Unificazione, traduzione e analisi dei quattro Vangeli", ne scaturisce un evangelismo con alcuni fili conduttori:
  • Il senso di missione storica e religiosa che ha un risveglio evangelico: «La religione di Cristo non vuole redimere la società con la violenza, il suo ruolo è di mostrare il fine della nostra vita in questo mondo».
  • Per leggere fedelmente il vangelo è necessario toglierlo dalle mani delle chiese.
  • I Vangeli non possono essere considerati libri sacri, in quanto la loro formazione è un continuum con la tradizione ebraica e con le chiese cristiane.
  • Tolstoj denunzia la necessità di eliminare ciò che appartiene al soprannaturale, come i miracoli, la resurrezione, ed in genere il mondo della grazia.

Dio

Tolstoj parla di Dio come di quel bene misterioso, di quel principio di vita, verso cui tende la parte più vera dell'uomo – desiderando la felicità di ogni creatura a lui prossima. «Il desiderio del bene per tutto ciò che esiste è l'inizio di ogni nuova vita, è l'amore, è Dio.» Dio è «quell'infinito Tutto, di cui l'uomo diviene consapevole d'essere una parte finita. Esiste veramente soltanto Dio. L'uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio.» Dio non è (solo) il Tutto, ma il Tutto – come ogni creatura che vi fa parte – è una Sua manifestazione: «Il mondo degli esseri viventi è un solo organismo. La stessa vita generale di questo organismo non è Dio, ma è solo una delle Sue manifestazioni...» Non per contraddire, ma per completare l'affermazione «Dio è amore» (1Gv 4,16), Tolstoj sostiene che Dio non è (solo) amore, ma l'amore è ciò che manifesta l'infinitezza di Dio nella finitezza dell'uomo: «Dio non è amore, ma quanto più grande è l'amore, tanto più l'uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente.»
Dio è l'esistenza vera, ma Dio non è (solo) la vita, bensì il principio di ogni vita: «Dio respira per mezzo delle nostre vite.» Quindi amare Dio significa prima di tutto rispettare la vita di ogni creatura e desiderarne la felicità, cioè sviluppare in sé «l'obbligo morale non solo di non distruggere la vita degli esseri, ma di servire ad essa.»
In un passo dei Diari (27.9.1894) Tolstoj affermò che, essendo impossibile definire Dio, tanto valeva liberarsi della nozione di Lui. Ma qualche giorno dopo si ricredette e scrisse:
« Il diavolo è stato sul punto di acciuffarmi. Nel mio lavoro sul Catechismo mi ha suggerito che si può fare a meno della nozione di Dio, di Dio che è alla base di tutto..., e all'improvviso l'abbattimento e la paura mi hanno assalito. Mi sono spaventato, mi sono messo a riflettere, a controllare, e ho ritrovato il Dio che stavo per perdere, ed è come se L'avessi acquistato e amato di nuovo. »

L'interpretazione di Lebrun

Victor Lebrun, amico e discepolo di Tolstoj, disse una sera al maestro: «Proprio ieri pensavo a Dio, e pensavo anche che non si può determinarlo con nozioni positive, poiché ognuna di esse è una nozione umana. Non ci sono che nozioni negative che possono essere precise [...] Di modo che non è preciso dire che Dio è l’Amore e la ragione. Amore e ragione sono qualità umane».
Tolstoj gli rispose: «Sì, sì. È esattissimo, solo che l’amore e la ragione ci uniscono a Dio. [...]».
Commenta Lebrun, nelle sue memorie:
« Dopo questa confessione non restava il minimo dubbio sull’assenza totale di misticismo nel modo di vedere del Maestro.
Egli dice verso la fine del suo articolo “Della religione e della morale”: «La religione è lo stabilirsi di un rapporto cosciente verso Dio o verso l’Universo».
Il Dio di Tolstoj non è altro che l’Universo, considerato nella sua distesa sconfinata e nella sua essenza inaccessibile alle nostre investigazioni.
Però, per Tolstoj, l’Universo ci era superiore e ci imponeva dei doveri, mentre che per i dotti materialisti questo Universo non era che il giuoco delle forze cieche nella materia morta, ed eravamo noi ad avere dei diritti sull’Universo e nessun dovere.
E, come quasi sempre, era Tolstoj ad avere ragione; perché per la nostra intelligenza umana non esistono che due punti di vista sull’Universo: il punto di vista egocentrico (come nell’antica astronomia era esistito per lunghi secoli il punto di vista geocentrico), o il punto di vista cosmocentrico. Occorre forse provare che il primo è sprovvisto del minimo senso comune? Che cosa si può immaginare di più stupido che il credere che l’Universo esista per placare i nostri desideri? Questa è stata la prima rivelazione di cui vado debitore a Tolstoj. »

Rapporti con la fede ortodossa

Per Tolstoj bisogna recuperare l'originaria fede di cui parlava Gesù: «l'interiore inevitabilità d'un convincimento, che diviene fondamento della vita».
Invece il clero insegnava a pensare la fede come uno «sforzo della volontà» che il credente – dando grande importanza ai miracoli – deve esercitare su di sé per aderire ad una dottrina dogmatica.
Tolstoj si rifà solo e semplicemente al Vangelo:
« Che cos'è Cristo, Dio o Uomo? Egli è ciò che ha detto: ha detto di essere il Figlio di Dio; ha detto di essere il Figlio dell'Uomo. Egli ha detto: "io sono ciò che vi dico: io sono la via e la verità". Dunque: Egli è ciò che ha detto di Sé. Ma quando hanno voluto riassumere tutto in una definizione, allora ne sono scaturiti sacrilegio, menzogne e stupidità: Se egli fosse stato ciò che si è detto di Lui, l'avrebbe saputo dire. [...] Egli ci ha insegnato questo con le Sue parole, con la Sua vita , con la Sua morte. »
Inoltre Tolstoj si chiede se le religioni non abbiano insito l'«inganno intenzionale che c'è in ogni religione. Anzi, vien da chiedersi se questa non sia proprio la caratteristica esclusiva di ciò che si chiama religione: proprio questo elemento d'invenzione consapevole, in cui c'è una mezza fede non fredda, ma poetica, esaltante. Quest'invenzione c'è in Maometto, in Paolo. In Cristo non c'è. Di questo l'hanno calunniato. Di lui non si sarebbe potuto fare una religione se non ci fosse stata l'invenzione della resurrezione e il principale inventore Paolo.»
Per meglio inquadrare il pensiero religioso di Tolstoj, non è marginale riferire quanto egli dichiarò al convegno di Firenze del 1891:
« Come vedete, miei illustri colleghi, i miei principi hanno la loro base nell'Evangelo e perciò ho potuto accettare il lusinghiero invito a questa conferenza e ben volentieri sono venuto qui in mezzo a voi per trattare del modo di condurre la religione cristiana alle primitive sue fonti, pure e limpide, e di ricostruire una Chiesa unica che la esplichi e rappresenti, trasformando e fondendo amorevolmente tutte le chiese cristiane esistenti... Io applaudo dunque alla proposta di fondere le chiese cristiane in una sola che abbia per capo il Papa di Roma e per base la sua organizzazione esteriore nella formula cavouriana e per fondamento del suo pensiero le massime di Cristo e dell'Evangelo. »
A questo punto la rottura con la fede ortodossa (a quel tempo molto compromessa con il potere) non si farà attendere ed il 22 febbraio 1901 Tolstoj verrà scomunicato.
Successivamente egli si pentì di certi suoi estremismi: «Mi sono accorto che spesso ho avuto torto a calcare la mano, con troppa poca prudenza contro la fede altrui».

Il "Discorso della montagna", cardine della sua fede

Nel cercare il cardine dell'insegnamento di Cristo egli scorgerà l'insegnamento del come vivere in particolare nel "Discorso della montagna". All'interno di tale "Sermone" sottolineerà, in modo particolare, le cosiddette Antitesi, ovvero (raccolte secondo il pensiero di Tolstoj):
  • Primo precetto (Matteo, V, 21-26). L'uomo non solo non deve uccidere l'uomo, ma nemmeno adirarsi contro di lui, suo fratello; non deve disprezzarlo né considerarlo "stupido". Se avrà questionato con qualcuno dovrà riconciliarsi con lui prima di offrire i suoi doni al Signore, vale a dire prima di accostarsi a Dio con la preghiera.
  • Secondo precetto (Matteo, V, 27-32). L'uomo non solo non deve commettere adulterio, ma neppure servirsi della bellezza della donna per il proprio piacere; e se sposa una donna, deve restarle fedele per tutta la vita (nella tradizione cattolica corrente sono qui unificate la seconda e terza antitesi).
  • Terzo precetto (Matteo, V, 33-37). L'uomo non deve impegnarsi in niente, sotto giuramento.
  • Quarto precetto (Matteo, V, 38-42). L'uomo non solo non deve rendere occhio per occhio, ma quando qualcuno lo percuote su una guancia, deve porgergli l'altra; deve perdonare le offese, sopportarle con rassegnazione e non rifiutare nulla di ciò che gli venga chiesto.
Ma fulcro di tutto:
  • Quinto precetto (Matteo, quinto, 43-48). L'uomo non solo non deve odiare i suoi nemici e combatterli, ma deve amarli, aiutarli e servirli.
Questi precetti tratti da Matteo, unificando i due relativi alla vita sessuale (ovvero la seconda e terza antitesi sono "contratte" nel secondo precetto), sono presenti anche in testi narrativi come Resurrezione o nel racconto Il divino e l'umano.
È quindi soprattutto nella dimensione etica che si superano le divisioni tra le varie fedi cristiane, che invece nei contenuti di fede rimangono separate.
Per Tolstoj, la fede, nel Vangelo, è da intendersi come aderenza nel profondo: Gesù suscitava nelle persone, con la saggezza e la bontà dei suoi discorsi, una conversione etica razionale e spontanea, e non un'adesione timorosa a delle norme puramente formali come quelle dei farisei; la fede autentica è quella che rigenera l'esistenza dell'individuo trasformandola in un gioioso servizio d'amore verso Dio e il prossimo.

Tensione esistenziale

Tolstoj credeva fermamente che la rinascita morale potesse inverarsi solo a partire dall'animo dell'uomo – non attraverso le rivoluzioni sociali – e che l'autentica vita interiore fosse quella vissuta dalle masse popolari, dal mužik.
« Se ascoltavo i discorsi di un pellegrino-muzik su Dio, sulla fede, sulla vita, sulla salvezza, sentivo che mi si rivelava la conoscenza della fede. ...Ed io cominciai ad avvicinarmi ai credenti che v'erano tra le persone povere, semplici, ignoranti, ad avvicinarmi ai pellegrini, ai monaci, agli scismatici, ai muziki. La dottrina religiosa di questa gente del popolo era anch'essa cristiana [...] Alle verità cristiane era mescolata anche molta superstizione, ma [...] le superstizioni dei credenti che appartenevano al popolo lavoratore erano fino a tal punto collegate con la loro vita che non si poteva assolutamente immaginarsi la loro vita senza quelle superstizioni: esse costituivano una condizione imprescindibile di quella vita. [...] Ed io cominciai a guardare attentamente la vita e le credenze di quegli uomini, e più le studiavo, tanto più mi convincevo che essi possedevano la vera fede e che la fede era per loro indispensabile [...] . Quante volte invidiavo i muziki per la loro ignoranza e perché non sapevano né leggere né scrivere. »
Nell'opera di Tolstoj il massimo esempio di religiosità popolare è Platon Karataev (Guerra e Pace, libro IV, parte prima):
« ... e cominciò a farsi il segno della croce ed insieme a parlare: "Signore Gesù Cristo, santi Nicola, Floro e Lauro! [...]. abbi misericordia di noi e salvaci! [...]. Ecco fammi giacerere, O Dio, come un sasso e risvegliarmi come una focaccetta" - disse e si svegliò coprendosi con un mantello. "Che preghiera hai recitato?" - domandò Pierre? "Eh? [...] Che cosa ho recitato? Ho pregato Dio! Forse tu non preghi?" "Si anch'io prego" - rispose Pierre - "Ma ho sentito dire Floro e Lauro. Che cosa significa?" Ma come sono i protettori dei cavalli. Bisogna aver pietà delle bestie!" Pierre rimase a lungo con gli occhi spalancati, [...] ascoltando il respiro regolare di Platon, coricato accanto a lui, e sentiva che il mondo, poco prima distrutto, risorgeva ora nella sua anima con una bellezza nuova, su nuove incrollabili basi. »
Per quanto concerne la tensione etica ed esistenziale, si può stilare una somiglianza ed un parallelo tra Tolstoj e Kierkegaard.
  • In entrambi troviamo:
    • ansia di perfezione
    • contestazione aspra della Chiesa ufficiale
    • visione della libertà possibile solo all'interno della soggettività del singolo
  • Li differenzia fondamentalmente:
    • la ricerca del principio:
      per Kirkegaard il principio assoluto è l'incarnazione di Cristo, mentre per Tolstoj il principio non è ben definito, è impalpabile sino ad identificarsi con una tensione etica fortissima verso la perfezione.
    • l'effetto della scelta:
      per Kierkegaard la scelta dell'Assoluto fa divenire liberi, Tolstoj invece non riesce in concreto a generare una vera filosofia della Salvazione, bensì la sua salvezza si dipana su contenuti prettamente etici fortemente ispirati all'amore universale.
    • l'individuo:
      per Kierkegaard l'uomo è creato libero, nasce libero e soprattutto diventa libero quando sceglie l'Assoluto, mentre, come scrive Cornelio Fabro: «Tolstoj, affascinato dall'epopea napoleonica, è impressionato dagli effetti sconvolgenti della storia ove opera la legge dei grandi numeri e l'individuo si sente travolto ed impotente: sembra che Tolstoj non sia riuscito alla concezione di un Dio personale garante della persona umana, ma abbia concepito l'Io come parte di Dio».
Può essere utile ricordare come Tolstoj sia vissuto circa cinquant'anni dopo di Kierkegaard, e come quindi lo scrittore russo abbia visto in prima persona:
-il passaggio dal mondo feudale a quello moderno in Russia
-la nascita dei grandi movimenti anarchico e comunista (ben evidenziato nel suo noto racconto Il divino e l’umano)
Dalle idee e dalle esperienze di Tolstoj, risulta comprensibile la sua solidarietà verso alcune comunità cristiane come i Doukhobors, considerate eretiche dalla chiesa ortodossa in quanto aderenti ad un'etica di fratellanza e di rifiuto della guerra. Direttamente ispirata al pensiero di Tolstoj, nacque inoltre la corrente – anch'essa bollata come eretica – del tolstoismo.

Rapporti con le altre religioni

Tolstoj si accorse che la verità annunciata da Cristo fu predicata da tutti i grandi maestri spirituali del passato, Buddha, Lao-tze, Socrate. Fu in particolare attirato dal Taoismo e Buddhismo, del primo amava il non agire, del secondo lo spirito di compassione. Si trovò in disaccordo con questi solo per lo spirito di rinuncia totale.
« Il cristianesimo dice la medesima cosa dei buddisti... però dà alla vita un senso, e non annienta i desideri, ma li dirige verso Dio. »
(Diari, 8 settembre 1900)

Conclusione

L'excipit dell'opera Il regno di Dio è in voi, fornisce una successivo tassello all'inquadramento della sua dottrina
  • La fede è ragionevole
  • Il senso della vita è servire il mondo
  • Il regno di Dio è dentro l'uomo
« ...Questa potenza ci chiede ciò che solo è ragionevole, certo e possibile; servire il regno di Dio, cioè concorrere allo stabilimento della più grande unione tra tutti gli esseri viventi..."Anzi cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte (S. Matteo VI, 33). L'unico senso della vita è di servire l'umanità, concorrendo allo stabilimento del regno di Dio, cosa che non può farsi se ciascuno degli uomini non riconosce e non professa la verità. "Il regno di Dio non verrà in maniera che si possa osservare, e non dirà: Eccolo qui, od eccolo là, perché ecco il regno di Dio è in voi" (S. Luca XVII, 21). »

Etica della non-violenza

Non-resistenza al male

Nei saggi La mia fede (1884) e Il regno di Dio è in voi (1893) Tolstoj riattualizza – chiamandola «non-resistenza al male per mezzo del male [bensì per mezzo del bene]» – la dottrina enunciata da Gesù nel Discorso della Montagna (da Mt 5,38-48: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra [...] Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni [...]»).
L'etica pacifista di Tolstoj – che si rifà in parte alla disobbedienza civile teorizzata e praticata da Henry David Thoreau – influenzò in maniera decisiva la conversione morale alla non violenza dell'allora giovane avvocato Mohandas Karamchand Gandhi, che più di quarant'anni dopo – assurto ormai alla fama di mahatma – scriverà:
« [...] mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e di dubbio, incappai nel libro di Tolstoj Il Regno di Dio è dentro di voi, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsa. »
Egli sostiene che la non resistenza al male possa provocare, se messa fedelmente in pratica, la caduta ineluttabile dell'attuale ordinamento umano e la modifica radicale delle forme di convivenza umana. Tutto ciò senza ricorrere alla violenza. In parole povere, egli veramente crede che la rivoluzione avverrà con tale dottrina.

Obiezione di coscienza

Tolstoj esclude la possibilità che le strutture sociali possano diventare più eque attraverso lo scoppio di rivoluzioni armate. Nell'articolo Non uccidere! (1900), lo scrittore condanna l'assassinio del re d'Italia Umberto I da parte dall'anarchico Gaetano Bresci, sostenendo che, affinché cessi l'oppressione del popolo, basterebbe che il popolo stesso si rifiutasse sia di prestare il servizio militare, sia di concorrere, attraverso il pagamento delle tasse, al finanziamento delle guerre.

Vegetarismo

Per Tolstoj un'etica autentica non può limitarsi ai rapporti infraumani, ma deve rispettare anche la vita degli animali, perché essi, come l'essere umano, provano gioie e sofferenze. La riflessione sui diritti degli animali – che ha come esito l'apologia del vegetarismo, da Tolstoj stesso abbracciato con fervore – viene sviluppata dallo scrittore nei saggi Contro la caccia (1895) e Il primo gradino (1902)

Rapporti con i poveri ed il denaro

La descrizione dell'incontro con la povertà avviene durante la permanenza a Mosca negli autunni e negli inverni dei primi anni ottanta (la risposta che darà sarà il ritorno al lavoro manuale).
« Il denaro è un male in sè. È per questo che chi dà del denaro fa del male. Questo errore di credere che dare del denaro sia fare del bene, proviene dal fatto che, nella maggior parte dei casi, quando l'uomo vuol fare del bene, egli si sbarazza del male, e fra gli altri, del denaro. »
(da Il Denaro, cap. II)

Rapporti con il potere

Tolstoj manifesterà sempre una intolleranza per il potere, fino ad avvicinarsi alle idee degli anarchici. Ma, a differenza di loro, contesterà in toto l'utilizzo della violenza. Sarà inoltre sempre contrario al comunismo.
« La promessa di soggezione a qualsiasi governo, quest'atto che si considera come la base della vita sociale è la negazione assoluta del cristianesimo, perché promettere anticipatamente di essere sottomesso alle leggi elaborate dagli uomini, significa tradire il cristianesimo il quale non riconosce, per tutte le occasioni della vita, che la sola legge divina dell'amore. »
(Tolstoj, Il regno di Dio è in voi)
La stessa scelta sopradescritta della non resistenza al male lo porterà, dopo un iniziale interesse, alla rottura da parte dei grandi movimenti sociali del tempo. Socialisti ed anarchici si resero conto che la resistenza passiva si scontrava con le esigenze della lotta rivoluzionaria. Gli appartenenti alla sinistra democratica, se pur pacifisti, si scontrarono con la tensione di Tolstoj a scardinare lo stato, loro che volevano mantenerlo. Per loro il metodo era l'arbitrato internazionale.
Egli svilupperà un pensiero sociale conscio della drammaticità della modernità e della trasformazione del mondo, riassumibile in questi punti:
  • La nascita della schiavitù moderna, da lui considerata ancor più drammatica di quella precedente, ovvero la condizione operaia.
  • L'alienazione del lavoro in fabbrica.(p. 48).
  • Il senso di crollo imminente dell'impero russo e di tutta la civiltà pseudo-cristiana (così definita dell'autore). p. 84.
  • Il rifiuto di poter stabilire una forma ottimale di governo:
« [...] non conosco, non posso conoscere e penso nessuno conosca quelle leggi secondo cui si evolve la vita economica dei popoli... Queste cose credono di saperle i socialisti... ed anche se io credessi di conoscerre le leggi che regolano lo sviluppo economico dell'umanità (come pensano tutti i riformatori... da Saint-Simon, Fourier, Owen, fino a Marx, Engels, Bernstein...) io non mi prenderei la responsabilità di dirlo. (p. 98). »
Tolstoj terminerà con la convinzione che solo la legge morale e religiosa possa portare giovamento al mondo.

Eredità spirituale


Tolstoj, negli ultimi anni, considererà le sue opere narrative più note, ovvero Guerra e pace ed Anna Karenina, «solo sciocchezze». Lo avevano reso famoso prima della sua conversione morale, ma ora dichiara che le opere veramente importanti, fra quelle da lui scritte, consistessero nei testi a carattere filosofico e religioso. Riteneva infatti che le opere narrative dei primi cinquant'anni fossero servite solamente ad attirare l'attenzione su quanto avrebbe prodotto successivamente.Perciò, in una sorta di testamento spirituale scritto nel 1895, chiese agli amici:
« Prego tutti i miei amici, vicini e lontani... se vogliono occuparsi dei miei scritti, prestino attenzione a quella parte della mia opera in cui, lo so, parlava attraverso di me la forza di Dio – e la utilizzino per la loro vita... Sono stato così impuro, così pieno di passioni personali che la luce di questa verità veniva oscurata dalla mia oscurità, ma nonostante questo mi sentivo a volte pervaso da questa verità e questi sono stati i momenti più felici della mia vita... Spero che gli uomini, nonostante il contagio meschino e impuro che ho potuto trasmettere a questa verità, possano nutrirsi di essa. »

Personalità "toccate" da Tolstoj

Come già accennato, Gandhi è stata la prima personalità di fama internazionale ad aver raccolto l'eredità spirituale di Tolstoj ed è stato proprio attraverso di lui che il Tolstoj saggista ha beneficiato di una grande riscoperta durante l'arco del Novecento. Se fu Tolstoj, in epoca moderna, il primo grande teorico della non-violenza, si può dire che fu Gandhi a svilupparne il pensiero e a farlo fruttificare, mediandone in parte il radicalismo estremo e dandone applicazione pratica nella lotta politica, pur in un contesto differente da quello russo quale era l'India colonizzata.
Tolstoj è stato un punto di riferimento anche per la formazione morale di alcune tra le figure di spicco della cultura europea del Novecento, come Romain Rolland (Premio Nobel per la Letteratura nel 1915), il primo Pavel Aleksandrovič Florenskij, Albert Schweitzer (Premio Nobel per la Pace nel 1953), Martin Luther King, la cattolica Dorothy Day, i filosofi Ludwig Wittgenstein, John Wisdom, Max Weber.

Tragedia dell'anima in Tolstoj

Come scritto nell'introduzione, Tolstoj toccherà tutti gli aspetti della vita ma, di fatto, non riuscirà o non vorrà giungere ad una sintesi di pensiero. La sintesi del suo pensiero non fu razionale, bensì fu lo scegliere la via etica prescritta dal Vangelo. E ciò risultò di difficile comprensione per autori di stretta formazione filosofica. Come ad esempio Cornelio Fabro. "La sua enorme produzione insegna [...] tutti gli aspetti della vita, ma la sua è più una tensione dispersiva che non intensiva [...] Così nulla riesce a prendere senso e tutta la vita [...] non è [...] che un continuo cadere di foglie morte." Il romanzo russo di fine ottocento parlava dello scetticismo che si impossessava della società, che descriveva le vite fatalmente inceppate e paralizzate da influenze indipendenti dalla volontà, che mostravano l'essere umano agitarsi invano nell'ambiente. [...] ed imponevano l'idea che ogni sforzo fosse inutile. Da qui la sua risposta, un tentativo di rigenerazione: per molti autori visto come una sorta di buddismo occidentale orientato verso un desiderio di annientamento, ma con una ottica diversa più "politica". "L'obbedienza al Vangelo infatti non doveva solo disgregare lo stato dentro di sé [...], essendo un dispositivo, fondatore di relazioni, esso estingueva anche nella realtà delle cose lo stato e la società. Non meravigliano quindi i suoi contatti con l'anarchia
« Gli anarchici hanno ragione in tutto, solo non nella violenza. Incredibile offuscamento. »
In quest'ottica il pensiero di Tolstoj si dipanava nei seguenti aspetti:
  • Crisi del positivismo e del determinismo
  • Risveglio religioso, per lo più portato avanti da ceti elevati, nato come risposta al disorientamento della modernità e del nichilismo
  • L'identificazione col nichilismo: Tolstoj stesso dichiara di essere un nichilista: "Ho vissuto da nichilista nel significato autentico del termine, vale a dire non da socialista e rivoluzionario, [...] ma da nichilista nel senso di mancante di ogni fede" (da La mia fede). Tolstoj non fu nichilista solo per le sue dottrine teologiche e filosofiche, infatti, con l'eccezione della violenza che aborriva, sembrava condividere le aspirazioni di rigenerazione ed emancipazione dei nichilisti rivoluzionari. "In realtà pochi livellatori sognano tante demolizioni come questo apostolo della carità. Egli supera spesso i Bakunin ed i Kropotkin. Nessun suo compatriota è stato più duro nei confronti del capitale. Nessuno più fermamente internazionalista."
Il programma nichilista degli anarchici venne infatti accostato al messaggio nichilista del tolstoismo, fatta esclusione per il rifiuto della violenza.
« Il cristianesimo è in parte il socialismo e l'anarchismo, ma senza la violenza e con la disposizione al sacrificio.»
  • Nell'impossibilità di dare uno scopo (in quanto non accessibile alla limitatezza dell'uomo) alla vita, occorre darne un senso. Ovvero realizzare quello che sarebbe il regno di Dio, cioè la sostituzione di una vita egoista, odiosa, violenta, irragionevole, con una vita di amore, fratellanza, di libertà e di ragione. L'uomo di Tolstoj è un uomo che crede in un mondo in cui nessun uomo sia servo di un altro, ed ove ognuno abbia smesso di vivere secondo la coscienza di un altro.
  • Le scelte radicali furono sempre a favore del muzik, delle persone semplici variamente rappresentate, come nella famosissima descrizione di Platon Karataev (in Guerra e pace), od il semplice contadino di Padrone e Servitore od infiniti altri esempi.
« I semplici spesso conoscono la verità meglio dei dotti, non perché essi siano strumenti ispirati dal divino afflato, ma perché la loro osservazione degli uomini e della natura è meno annebbita da varie teorie.»
  • la rinuncia completa alla metafisica andrà nuovamente e circolarmente a stemperarsi alla fine della sua vita (come evidenziato nel primo paragrafo "E che non ci sia in me cattiveria. Ora non ce n'è"). "La verità è che [...] la sua scrittura comprendeva l'osservazione della realtà e la predicazione della verità. In altri termini egli constatava "il male nella società o negli individui e quindi proponeva i rimedi per combatterlo."

mercoledì 28 agosto 2013

Lev Tolstoj

Da WikiPedia:

Divenuto celebre in patria grazie ad una serie di racconti giovanili sulla realtà della guerra, il nome di Tolstoj acquisì presto risonanza mondiale per il successo dei romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, a cui seguirono altre sue opere narrative sempre più rivolte all'introspezione dei personaggi ed alla riflessione morale.

La fama di Tolstoj è legata anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta non-violenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi.

Biografia

La vita di Tolstoj fu lunga e tragica, nell'accezione più vera del termine, ossia nel senso che essa fu dominata da una profonda, segreta tensione: la si potrebbe definire una tragedia dell'anima.
Tolstoj ebbe un'incessante, tormentosa evoluzione interiore, lottò con se stesso e con il mondo, e questa lotta, talora impetuosa, alimentò senza sosta l'impulso creativo.
Perciò lo studio della sua vita, come ha scritto Igor Sibaldi, richiede impegno e fatica:
"Lo sforzo lo richiede, e notevole, la biografia tolstoiana: per non smarrirsi tra le sue fasi, tanto radicalmente diverse l'una dall'altra, contraddittorie, e tanto intense tutte, mai "minori", giacché in ciascuna di esse Tolstoj metteva immancabilmente tutto sé stesso [...]"

Una traccia per accostarsi alla sua vita la offrì Tolstoj stesso, quando scrisse, negli ultimi anni, che essa poteva essere divisa in quattro periodi fondamentali:
"[...] quel primo tempo poetico, meraviglioso, innocente, radioso dell'infanzia fino ai quattordici anni.
Poi quei venti anni orribili di grossolana depravazione al servizio dell'orgoglio, della vanità e soprattutto del vizio.
Il terzo periodo, di diciotto anni, va dal matrimonio fino alla mia rinascita spirituale: il mondo potrebbe anche qualificarlo come morale, perché in quei diciotto anni ho condotto una vita familiare onesta e regolata, senza cedere a nessuno dei vizi che l'opinione pubblica condanna.
Tutti i miei interessi però erano limitati alle preoccupazioni egoistiche per la mia famiglia, il benessere, il successo letterario e tutte le soddisfazioni personali.
Infine il quarto periodo è quello che sto vivendo adesso, dopo la mia rigenerazione morale [...]"

Particolare influenza ha su di lui Jean-Jacques Rousseau:
"Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita.
Rousseau non invecchia."

Autori come Rousseau, Sterne, Puškin, Gogol' insegnano allo scrittore in erba un principio fondamentale: in letteratura sono importanti soprattutto la sincerità e la verità.

Proprio sotto questi influssi nascono le opere letterarie di Tolstoj: nel 1851 avviene la prima redazione del racconto "Infanzia" (che uscirà sulla rivista di Nekrasov Sovremennik nel 1852, firmato con le sole iniziali) e la stesura di un altro racconto, incompiuto, "Storia della giornata di ieri".
Lo scopo di quest'ultimo, secondo le parole dell'autore, era estremamente semplice ed insieme complicatissimo, quasi irrealizzabile: "descrivere una giornata, con tutte le impressioni e i pensieri che la riempiono".
Da questo germe si può già intravedere lo sviluppo della possente pianta: tendenza all'introspezione e alla vita reale.
Tolstoj resterà fino alla fine un incrollabile realista.
L'immaginazione slegata dalla realtà è quasi inesistente nei suoi libri.
L'unica possibilità di utilizzare la fantasia consiste nell'elaborazione di qualche particolare, di qualche sfumatura che appartiene però ad un oggetto assolutamente reale.

Ignazio Silone, che scriverà: "Sapevo che Tostoj era celebrato come un grande scrittore, ma non avevo mai letto niente di lui. Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l'appetito. Ero turbato e commosso. Mi colpì soprattutto la storia di "Polikusc'ka", quel tragico destino di un servo deriso e disprezzato da tutti [...] Come doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza d'un servo.
Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una compassione superiore all'ordinaria pietà dell'uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per non soffrire.
Di questa specie, pensavo, dev'essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l'abbandona e l'assiste fino alla fine, anche senza mostrarsi.
Mi pareva incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso. Perché non veniva letta e commentata nelle scuole?"

Intanto, lo scrittore viaggia per l'Europa, dove ha modo di conoscere Proudhon, Herzen, Dickens.
A sconvolgerlo sono gli abusi del potere, la miseria dei poveri, la pena di morte, contro la quale, dopo aver assistito a una condanna, prende posizione: "[...] ho visto a Parigi decapitare un uomo con la ghigliottina, in presenza di migliaia di spettatori. Sapevo che si trattava di un pericoloso malfattore; conoscevo tutti i ragionamenti che gli uomini hanno messo per iscritto nel corso di tanti secoli per giustificare azioni di questo genere; sapevo che tutto veniva compiuto consapevolmente, razionalmente; ma nel momento in cui la testa e il corpo si separarono e caddero diedi un grido e compresi, non con la mente, non con il cuore, ma con tutto il mio essere, che quelle razionalizzazioni che avevo sentito a proposito della pena di morte erano solo funesti spropositi e che, per quanto grande possa essere il numero delle persone riunite per commettere un assassinio e qualsiasi nome esse si diano, l'assassinio è il peccato più grave del mondo, e che davanti ai miei occhi veniva compiuto proprio questo peccato."

"Tolstoj fu la luce più pura che abbia illuminato la nostra giovinezza in quel crepuscolo denso di ombre grevi del diciannovesimo secolo che tramontava."
(Romain Rolland, Nobel per la Letteratura)

"In quegli anni di fine secolo suscitò enorme risonanza in noi studenti la pubblicazione di scritti molto diversi fra loro: quelli di Nietzsche e di Tolstoj.
[...] Lo scrittore e pensatore russo esprimeva una visione ben diversa da quella del filosofo tedesco.
Tolstoj era un sostenitore della cultura etica, e la considerava la verità profonda, raggiunta attraverso lunghe riflessioni ed esperienze di vita.
Leggendo i suoi racconti noi ripercorrevamo assieme a lui il cammino verso la conoscenza della vera umanità e di una spiritualità semplice e schietta."
(Albert Schweitzer, Nobel per la Pace)

"Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj "Il regno di Dio è dentro di noi", e ne fui profondamente colpito.
A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsā.
Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstoj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità.
Fu l'uomo più veritiero della sua epoca.
La sua vita fu una lotta costante, una serie ininterrotta di sforzi per cercare la verità e metterla in pratica quando l'aveva trovata.
[...] Fu il più grande apostolo della non-violenza che l'epoca attuale abbia dato.
Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non-violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito.
[...] La vera ahimsa dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall'ira, dall'odio, e un sovrabbondante amore per tutto.
La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa."
(Mahatma Gandhi)

Ma, non di meno, lo angoscia la vita russa, specialmente quella dei contadini.
In questi anni comincia così a manifestarsi, in maniera sempre più evidente, una caratteristica fondamentale della personalità tolstoiana: l'insoddisfazione di sé stesso, della propria esistenza, della propria opera.

Come Olenin, l'eroe dei Cosacchi, che rifiuta la società falsa ed ipocrita per rifugiarsi nel Caucaso, anche Tolstoj, all'inizio degli anni sessanta, decide di abbandonare gli impegni mondani, compresi quelli letterari, per rifugiarsi nella propria tenuta, con l'intento di dedicarsi, nella scuola da lui stesso fondata, all'istruzione dei bambini del villaggio.

Matrimonio e figli

Il 23 settembre 1862, dopo appena una settimana di fidanzamento, sposa la diciottenne Sof'ja Andrèevna, seconda delle tre figlie del medico di corte Bers.
Lo scrittore, non volendole nascondere nulla, le fa leggere, alla vigilia delle nozze, i suoi diari intimi.
La madre di Sof'ja, Ljubòv' Islàvina, era stata amica d'infanzia di Tolstoj.
Avranno tredici figli, cinque dei quali morti in età precoce.

Per inciso, Tolstoj, qualche anno prima di sposarsi, nel 1858, si era innamorato di Aksin'ja, una contadina dalla quale aveva avuto un figlio, che egli non aveva accettato di riconoscere e che molti anni dopo lavorerà, come cocchiere, per i Tolstoj.
Sof'ja, venuta a conoscenza di questo episodio del passato del marito, fremette non poco di gelosia e scrisse: "Se potessi ucciderlo, e poi ricrearlo esattamente eguale, lo farei con piacere".

Guerra e pace

Il destino di Tolstoj, dopo il matrimonio, non poteva essere quello di un tranquillo proprietario di campagna, tanto più che la vita familiare, all'inizio felice, stimolava persino i suoi istinti creativi: in sette anni portò a termine "Guerra e pace" (Война и мир [Vojna i mir], 1863-1869).
La scelta di un tema storico, di fatti avvenuti cinquant'anni prima, non era un rifiuto a partecipare ai dibattiti sulle "grandi riforme", sullo scontro tra liberali e conservatori, sui primi attentati terroristici (o anarchici come allora venivano chiamati), anzi era una risposta proprio a quei dibattiti, agli attacchi dei democratici contro la struttura nobiliare, alla campagna per l'emancipazione della donna.

Molte delle nuove idee furono accolte da Tolstoj con scetticismo.
Il suo ideale era una società "buona" e patriarcale, era la purezza della vita secondo natura.
In Guerra e pace Tolstoj affrontò questioni fondamentali di carattere storico-filosofico, come il ruolo del popolo e dell'individuo nei grandi avvenimenti storici.

Contrapponendo Napoleone a M.I.Kutuzov, l'autore volle polemicamente dimostrare la superiorità di Kutuzov, che aveva capito lo spirito delle masse e aveva afferrato l'andamento degli eventi che vanno assecondati e non contrastati.

Anna Karenina

Il romanzo successivo, "Anna Karenina" (Анна Каренина, 1873-1877), è un'opera aggressiva e polemica, che affronta gran parte dei problemi sociali di quegli anni.
L'azione del romanzo si svolge in un ambiente che Tolstoj conosceva perfettamente: l'alta società della capitale.
Tolstoj denuncia tutte le segrete motivazioni dei comportamenti dei personaggi, le loro ipocrisie e le loro convenzioni, e forse, quasi senza volerlo, mette sotto accusa non Anna, colpevole di aver tradito il marito, ma la società, colpevole di averla annientata.

La forza di Tolstoj artista si identificava con la potenza di Tolstoj moralista, il quale toglieva a chiunque l'arbitrio di giudicare, perché solo Dio può giudicare, come è detto nelle bibliche parole dell'epigrafe: "A me la vendetta, io farò ragione".

Anna Karenina è l'antecedente di tutta una serie di romanzi del XX secolo, costruiti secondo i principi della psicoanalisi.

In molti punti il romanzo è autobiografico: nel personaggio di Levin, dedito alla conduzione delle proprie terre e alla famiglia, Tolstoj rappresenta se stesso, mentre in alcuni splendidi personaggi femminili (non in Anna) sono riconoscibili certi tratti della moglie, che peraltro aiutò Tolstoj nella stesura dell'opera, consigliandolo su come far procedere la trama.

La conversione all'etica del Discorso della Montagna

Già in Anna Karenina Tolstoj si era accostato ad alcuni tormentosi problemi connessi con la sua crisi di scrittore e con il crollo dei valori dell'alta società che fino a poco tempo prima gli erano sembrati indistruttibili.
Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta si sviluppò via via in lui una profonda crisi spirituale ed una conseguente conversione morale ai Vangeli e al Cristianesimo, dapprima in obbedienza alla Chiesa ortodossa russa e successivamente (dal 1881, considerato da Tolstoj l'anno d'inizio della sua autentica rigenerazione interiore) in contrasto con essa: alla base del suo pensiero religioso rimarrà il Vangelo, ma epurato di ogni elemento soprannaturale, ponendo attenzione in particolare al Discorso della Montagna, che diventerà il cardine del suo modo di intendere la religione cristiana.

Accanto alle Sacre Scritture cristiane, Tolstoj meditava testi orientali (ad esempio buddhisti e taoisti), oltre che filosofici (tra cui "Il mondo come volontà e rappresentazione"), nella affannosa ricerca di risposte ai propri dubbi esistenziali.

Abbracciò gradualmente una dieta vegetariana (per compassione verso gli animali) e cercò di praticare uno stile di vita di sobrietà e povertà.
Il desiderio di non vivere nel lusso, di non possedere alcunché, di non mangiare più carne, tutte idee nient'affatto condivise dalla moglie di Tolstoj, furono alla base di un lacerante ed interminabile conflitto casalingo.
La famiglia, pur continuando a stare insieme, si "divise", per così dire, con le figlie, simpatizzanti per le idee del padre, da una parte, e dall'altra i figli maschi, in difesa della madre, la quale sempre più spesso si abbandonava a crisi di isteria contro le nuove visioni etiche, per lei folli e incomprensibili, del marito.

Ad opporsi alle idee radicali di Tolstoj fu anche Dostoevskij, che aveva elogiato Anna Karenina ma non condivideva le concezioni non-violente del suo maggior rivale in ambito letterario; i due narratori si scambiarono pubbliche critiche e preferirono, per reciproca diffidenza, non incontrarsi mai di persona.

A partire dalla sua cosiddetta conversione, Tolstoj lavora instancabilmente, sino alla morte, a numerose opere saggistiche ed autobiografiche, oltre che narrative e drammaturgiche, di carattere morale e religioso.

Trasferitosi con la famiglia a Mosca (dove rimarrà per diversi anni), nel gennaio del 1882 decide di partecipare al censimento della popolazione: è l'occasione per scoprire i mille volti della miseria di città, non meno drammatica di quella delle campagne.
Queste esperienze tra i poveri saranno la base per il saggio "Che fare?" (o "Che cosa dobbiamo fare?") del 1886.

Nella "Confessione" (1882) egli riferisce di aver attraversato, in concomitanza con la crisi spirituale, una profonda depressione, che stava per indurlo al suicidio, e di esserne uscito grazie all'idea di una religione vissuta con umiltà e semplicità insieme al popolo (da qui la critica alle filosofie elitarie e pessimiste di Buddha, del Qoelet e di Schopenhauer, che in un primo momento lo avevano attratto).

Schopenauer, infatti, fa scendere il latte alle ginocchia.
(LexMat)

Tolstoj descrive, in quest'opera che ha la forma di un diario, le fasi della propria conversione morale, avvenuta dapprima in linea con la Chiesa ortodossa e successivamente evolutasi in quello che oggi definiremmo un cristianesimo anarchico, cioè una fede dai forti tratti etici ma vissuta al di fuori delle Chiese ufficiali ed anzi in contrasto con il clero e con i tradizionali dettami dogmatici.

Qui è il fulcro della concezione religiosa di Tolstoj.
Ha dovuto epurare il cristianesimo e crearne una versione personale, "anarchica", con "forti tratti etici" e fuori dalla chiesa ufficiale e dai dogmi.
La sua non-violenza è qui diversa da quella che sarà di Gandhi.
Quest'ultima ottusa ed in linea con la perversione dei dettami della religione (indù o non indù che sia).
(LexMat)

Pavel Aleksandrovič Florenskij scriverà a Tolstoj una lettera appassionata, che probabilmente non gli verrà mai recapitata: ha appena letto la "Confessione" e, in preda anch'egli ad una crisi spirituale, ne raccoglie la provocazione.

Nell'opera teatrale "La potenza delle tenebre" (1886) Tolstoj descrive la forza con cui l'egoismo ed il vizio possono avviluppare l'anima umana, alla quale resta però sempre possibile il riscatto morale.
In "Della vita" (o "Sulla vita", 1887-1888) egli cerca di sintetizzare, capitolo dopo capitolo, le riflessioni che sta raccogliendo in questi anni sul senso della vita e della morte.

Lo scrittore, col maturare della "conversione" e lo svilupparsi delle proprie riflessioni religiose, abbraccia con fervore ideali radicalmente pacifisti, nella convinzione che solo l'amore e il perdono, come insegnato dal Discorso della Montagna, possano unire le genti e dar loro la felicità; queste idee vengono da lui espresse, ad esempio, nella già citata "Lettera allo zar" (1881) e nella "Lettera a Enghelgardt" (1882-1883), e sviluppate ampiamente nei saggi "La mia fede" (1884) e "Il regno di Dio è in voi" (1893), culmine della conversione morale di Tolstoj e fra gli antesignani della filosofia non-violenta contemporanea.

Un impegno a tutto campo

"Improvvisamente, sotto la barba del mužik, sotto il democratico camiciotto spiegazzato, apparì il vecchio signore russo, il magnifico aristocratico" osservò Gor'kij, a proposito di Tolstoj.
Gor'kij definì Tolstoj "l'uomo più complesso del XIX secolo".

Anton Čechov, a partire dal 1887, nutre un vivo interesse per le idee di Tolstoj.
Lo va a trovare nel 1895 a Jasnaja Poljana e scriverà che Tolstoj gli aveva fatto "un'impressione meravigliosa. Mi sentivo a mio agio, come a casa; le conversazioni con Lev Nikolaevič erano liberissime".

Tolstoj si fa editore e, oltre alle proprie opere, inizia a diffondere decine di milioni di copie di testi formativi (come ad esempio la "Didaché", "I pensieri" di Laozi e i "Colloqui con se stesso" di Marco Aurelio) venduti per poche copeche al popolo russo.
La casa editrice è chiamata Posrednik (L'intermediario) e si propone di "istruire il popolo russo".

Nell'estate del 1891 una grande carestia si abbatte sulle provincie centrali e sud-occidentali della Russia, per via di una siccità prolungata.
In tale circostanza, Sof'ja è molto vicina al marito nell'aiutarlo a mobilitare una catena internazionale di soccorsi per i contadini che stanno morendo letteralmente di fame, ma il conflitto fra i coniugi torna ad inasprirsi subito dopo, quando Tolstoj trasmette ai giornali la sua decisione di rinunciare ai diritti d'autore per le opere scritte dopo la conversione.

Nello stesso anno, lo scrittore si reca a Firenze per partecipare ad un convegno ecumenico dal titolo Conferenze sulla fusione di tutte le Chiese cristiane, dove si dichiara favorevole alla "proposta di fondere le Chiese cristiane in una sola che abbia per capo il Papa di Roma e per base la sua organizzazione esteriore nella formula cavouriana e per fondamento del suo pensiero le massime di Cristo e dell’Evangelo".

Eccezionale, se Tutte sono d'accordo...
(LexMat)

Intanto diventano sempre più tesi i rapporti con la censura e con la Chiesa ortodossa: la "Sonata a Kreutzer" (in cui Tolstoj intende, con la cronaca di un adulterio, esaltare indirettamente la castità evangelica) supera il veto solo per intervento personale di Alessandro III, dopo un incontro con la moglie dello scrittore.
La crescente irritazione dei circoli governativi ed ecclesiastici è dovuta alle sue accese proteste contro le persecuzioni delle minoranze religiose in Russia, come i doukhobors (per la cui migrazione egli devolverà gli introiti di "Resurrezione") e i molokany, alle sue roventi accuse contro la nobiltà, contro le istituzioni statali, contro la falsa morale dei potenti.

Qui notiamo, nuovamente, come sia diversa la sua non-violenza, dato che attacca le classi ed il costituito con la cultura dei suoi scritti, essendo politicamente attivo sotto questo senso.
(LexMat)

Nell'agosto del 1897 riceve una visita di più giorni da parte di Cesare Lombroso, che desiderava incontrarlo.
I due nuotano insieme nella tenuta di Jasnaja Poljana, ma quando l'italiano inizia a parlare delle proprie convinzioni sui criminali di nascita e sulla pena come difesa sociale, Tolstoj esplode esclamando: "Tutto ciò è delirio! Ogni punizione è criminale!".

Lombroso era un pò eccessivo...
(LexMat)

Nel luglio del 1898 chiede ad alcuni amici russi e finlandesi di aiutarlo a fuggire in Finlandia, lontano dalla moglie e dalla famiglia, ma il tentativo viene poi abbandonato.

Resurrezione

In "Resurrezione" (Воскресение [Voskresenie], 1889-1899) Tolstoj descrive l'angoscia profonda dell'uomo di coscienza (e in primo luogo dell'autore) stretto nel meccanismo della burocrazia statale, nel ferreo "ordine delle cose".

Il romanzo denuncia in particolare la disumanità delle condizioni carcerarie e l'insensatezza delle vigenti istituzioni giudiziarie.
Qual è la via di scampo? Un approccio radicale alla morale cristiana, intesa, quale buona novella rivolta agli ultimi della società, come iniziativa etica atta a migliorare concretamente la vita degli uomini oppressi su questa terra, nello spirito del Discorso della montagna ripetutamente citato da Tolstoj in quest'ultima sua grande fatica narrativa.

Nechljudov, il protagonista del romanzo, vive le medesime rivoluzioni interiori dell'autore: l'iniziativa di donare (o meglio, "restituire") i propri possedimenti terrieri ai contadini, la volontà di rinunciare alla vita sfarzosa e mondana e di dedicare la propria esistenza al servizio dei dimenticati ed alla liberazione degli sfruttati e degli oppressi.
Anche Katiuša, la figura femminile con la quale e attraverso la quale Nechljudov cerca un riscatto, compie un cammino di redenzione morale, da prostituta a sposa.

La "resurrezione" dei protagonisti avviene quindi nell'accezione metaforica di una rinascita etica, simile a quella vissuta (o perlomeno disperatamente cercata, nonostante le contrapposizioni con la moglie e i familiari) dallo stesso Tolstoj.

La nascita di un movimento

Tolstoj ricevette lettere e visite da persone di ogni età ed estrazione sociale (tra cui Victor Lebrun) che avevano letto i suoi scritti (molti dei quali proibiti dalla censura) e ne ammiravano il pensiero morale e sociale.

Sulla spinta di Vladimir Čertkòv (e non per iniziativa dello stesso Tolstoj, che era scettico verso tutto ciò che assomigliasse ad una setta) nacque la corrente del tolstoismo, ispirata all'etica filosofico-religiosa di Tolstoj, ed i cui seguaci saranno poi violentemente perseguitati sotto il regime comunista.

La scomunica

Il 20-22 febbraio 1901 il Santo Sinodo scomunicò Tolstoj per le sue idee anarchico-cristiane e anarco-pacifiste.
Konstantin Pobedonostsev, procuratore del Sinodo, aveva chiesto anni prima di rinchiudere con la forza Tolstoj in un monastero.

Ma ormai lo scrittore aveva raggiunto una fama enorme e le persecuzioni non facevano che aumentarne la popolarità, tanto che la sua eliminazione fisica era ritenuta imprudente dagli stessi vertici politici, i quali si rendevano conto che in tal modo lo avrebbe reso un martire scatenando grandi rivolgimenti sociali.
Scrisse Suvorin: "Che qualcuno provi solo a toccare Tolstoj, il mondo intero urlerà e la nostra amministrazione sarà costretta ad abbassare la cresta!"

Furono organizzati cortei di solidarietà in favore di Tolstoj e la sua casa fu circondata da una folla osannante.
Lo scrittore ribatté punto per punto alle accuse rivoltegli nel testo della scomunica scrivendo una "Risposta alla deliberazione del sinodo" (1902), in cui rivendicava il suo essere un onesto seguace di Cristo e della verità.

Gli inizi del Novecento

L'ultimo decennio vede allinearsi una serie di piccoli capolavori letterari, ed in queste opere si avverte una continua oscillazione interiore: da una parte la fede nell'amore universale, nell'avvento del regno dell'armonia (il "Regno di Dio" in terra) attraverso mezzi pacifici, dall'altra la constatazione dell'estrema distanza tra tale avvento e la realtà.
Così, se da un lato c'è l'ideale del contadino che tutto perdona e tutto sopporta e del perfezionamento morale come unica possibile salvezza, dall'altro ci sono le contraddizioni della realtà concreta in cui Tolstoj vive.

Nel 1900, dopo l'assassinio del re d'Italia Umberto I per mano dell'anarchico Gaetano Bresci, Tolstoj scrive l'articolo "Non uccidere".

Nel 1901 lo scrittore è candidato al Premio Nobel per la letteratura e gli osservatori lo danno per favorito, tanto che Tolstoj si affretta a scrivere ad un giornale svedese perché l'importo della vincita sia devoluto ai doukhobors (ai quali egli aveva già donato gli introiti di Resurrezione), ma il premio viene poi assegnato a Sully Prudhomme.

L'anno successivo, davanti alla Rivoluzione russa del 1905 Tolstoj implora:
"C'è una sola cosa da fare: placare l'ostilità, senza parteggiare per nessuno, distogliere la gente dalla lotta e dall'odio perché tutto questo sa di sangue."

Egli profonde le sue ultime energie nel cercare di comprendere i drammatici avvenimenti d'inizio secolo e nell'insistere a chiedere, come una voce che grida nel deserto, delle soluzioni di pace ad un mondo che scivola verso l'abisso del conflitto globale.

Del 1908 è la "Lettera a un indù", che viene apprezzata e diffusa da Gandhi, il quale inizierà, l'anno successivo, uno scambio epistolare con Tolstoj.

Nel 1909 lo scrittore tenta, con appelli alla Duma di Stato e a Stolypin, di convincere il governo ad abolire la proprietà privata della terra, onde scongiurare una grande rivoluzione, che egli reputa imminente.
Nel luglio dello stesso anno, riceve un invito al congresso della pace a Stoccolma ed inizia a preparare una conferenza; ma la moglie si oppone alla sua partenza, minacciando, come altre volte, il suicidio e costringendo Tolstoj a restare a casa.

La fuga e la morte

Desideroso di compiere il tanto vagheggiato "salto" decisivo col quale avrebbe lasciato tutto per Cristo, Tolstoj mise finalmente in pratica il progetto di andarsene di casa.

Il crescendo di liti con la moglie e con i figli (da parte dei quali aveva il terrore di subire violenze atte a fargli redigere in loro favore un testamento) gli causava del resto enormi sofferenze.

Così, nella notte del 28 ottobre 1910 (secondo il calendario giuliano), dopo essersi accorto che la moglie frugava di nascosto fra le sue carte, lo scrittore, sentendosi più che mai oppresso, si allontanò di soppiatto da Jasnaja Poljana, dirigendosi verso la Crimea su treni di terza classe, accompagnato dal medico personale Dušàn Makovitskij, il quale gli era anche amico fidato.
Sulla sua scrivania, a testimoniare le paure degli ultimi giorni, era rimasta aperta una copia dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij al punto in cui il figlio si abbandona alle vie di fatto con il padre.

Lasciò scritte queste parole per la moglie:
"Ti ringrazio per i quarantotto anni di vita onesta che hai passato con me e ti prego di perdonarmi tutti i torti che ho avuto verso di te, come io ti perdono, con tutta l'anima, quelli che tu hai avuto nei miei riguardi."

Come possiamo notare, la vecchiaia e la religione alla fine lasciano un brutto segno.
(LexMat)

Durante il viaggio, a causa del freddo e della vecchiaia, lo scrittore ben presto si ammalò gravemente di polmonite e non poté andar oltre alla stazione ferroviaria di Astapovo.
Accorsero parenti, amici (tra cui il suo segretario Valentin Bulgakov) e giornalisti ad attorniare il morente.
Febbricitante, Tolstoj dettò alla figlia Aleksandra (la prima tra i familiari ad averlo raggiunto) questi pensieri per il Diario:
"Dio è quell'infinito Tutto, di cui l'uomo diviene consapevole d'essere una parte finita.
Esiste veramente soltanto Dio.
L'uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio.
Quanto più il manifestarsi di Dio nell'uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste.
L'unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l'amore.
Dio non è amore, ma quanto più grande è l'amore, tanto più l'uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente."

Tolstoi

Cercava sempre, ed era ormai vegliardo.
Cercava ancora, al raggio della vaga
lampada, in terra, la perduta dramma.
L'avrebbe forse ora così sorpreso
con quella fioca lampada pendente,
e gliel'avrebbe con un freddo soffio
spenta, la Morte. E presso a morte egli era! [...]
Ed e' vestì la veste rossa e i crudi
calzari mise, e la natal sua casa
lasciò, lasciò la saggia moglie e i figli,
e per la steppa il vecchio ossuto e grande
sparì [...]
(dai "Poemi italici" di Giovanni Pascoli)

Le sue ultime parole furono: "Svignarsela! Bisogna Svignarsela!" e: "La verità... Io amo tanto... come loro..."
Fu impedito alla moglie di avvicinarsi al capezzale se non poco prima che egli spirasse e quand'era ormai già privo di conoscenza, la mattina del 7 novembre 1910.
In riferimento a Tolstoj sul letto di morte, Boris Pasternak scrisse:
"In un angolo non giaceva una montagna, ma un vecchietto raggrinzito, uno di quei vecchi creati da Tolstoj, da lui descritti e fatti conoscere a decine nelle sue pagine.
Tutt'intorno crescevano giovani abeti.
Il sole al tramonto segnava la camera con quattro fasci di luce obliqui..."

La sepoltura

Fu sepolto nei pressi della sua casa.
La tomba è semplicissima, con il cumulo di terra e la sola erba, senza croce, senza nome, sull'orlo di un piccolo burrone.
Aveva indicato lui il luogo, lo stesso nel quale era sepolto, ricordo dell'amato fratello maggiore Nikolaj, un "bastoncino verde" simbolo delle speranze dell'umanità, come raccontato da Tatiana: "Sapete perché mio padre è seppellito ai piedi di un poggio, all'ombra di vecchie querce, nella foresta di Jasnaja Poljana?
Perché quel luogo era legato a un ricordo [...] Il maggiore dei figli Tolstoj, Nikolaj [...] aveva confidato di avere interrato in un angolo della foresta un bastoncino verde sul quale c'era scritta una formula magica.
Chi avesse scoperto il bastone e se ne fosse impossessato, avrebbe avuto il potere di rendere felici tutti gli uomini.
L'odio, la guerra, le malattie, i dolori, sarebbero scomparsi dalla faccia della terra [...]."

Tolstoismo

Il tolstoismo (o tolstoianesimo, i cui seguaci sono chiamati tolstoiani) è una corrente di pensiero nata in Russia negli anni ottanta dell'Ottocento, avendo come riferimento la dottrina morale di Lev Tolstoj.

Le origini

I tolstoiani si ispiravano agli insegnamenti evangelici di Gesù, in particolare al Discorso della Montagna, secondo l'interpretazione radicale e pacifista datane da Tolstoj.

Fondatore del tolstoismo non fu però Tolstoj stesso, ma piuttosto Vladimir Čertkòv, collaboratore dello scrittore tra i più assidui e fidati, che lo assistette fino in punto di morte.
Sulla spinta di Čertkòv, le prime comuni tolstoiane nacquero in Russia già nel 1888, ma Tolstoj si rifiutò sempre sia di parteciparvi sia di farvi visita (ed anche durante la fuga del 1910, studiando sulla carta le possibili mète con la figlia ed il segretario, si raccomanderà: "Non in una comune tolstoiana, non in un posto così...").

Lo scrittore, infatti, non vedeva di buon occhio coloro che lo consideravano un maestro.
Così commenta la figlia Tat'jana, riferendo di una battuta sussurratale dal padre:
"Un nostro amico, Vasilij Maklakov, spirito aperto e colto, parlando dei discepoli di Tolstoj era solito dire: "Coloro che capiscono Tolstoj non l'imitano. Coloro che l'imitano non lo capiscono".
Ho potuto constatare più di una volta l'esattezza di tale riflessione.
Fra i numerosi visitatori arrivati da ogni parte del mondo per conoscere mio padre, molti erano tolstoiani soltanto di nome: si limitavano a copiare il comportamento e le maniere del "maestro" senza capire il significato profondo delle sue idee.
Quelli che capivano sapevano anche che Tolstoj lasciava ognuno libero di vivere e di risolvere i suoi problemi come credeva.
E non cercavano di imitarlo nel comportamento esteriore, che per loro non aveva nessuna importanza.
Una volta notai, che coloro che stavano attorno a mio padre, un giovane sconosciuto con un camiciotto russo, pantaloni a sbuffo e grosse scarpe.
"Chi è?" domandai.
Papà si chinò verso di me e, con la mano davanti alla bocca, mi sussurrò all'orecchio:
"È un giovane membro della setta che mi è più estranea e incomprensibile: quella dei tolstoiani.""

Tolstoj diede comunque delle istruzioni di massima a coloro che volevano metterne in pratica gli insegnamenti: vivere tutti insieme, maschi e femmine in camere distinte, con un locale comune adibito a biblioteca, conducendo una vita semplice nel mangiare e nel vestirsi, vendendo il superfluo per darne il ricavato ai poveri.
Un ruolo importante dovevano avere, oltre al lavoro manuale, le letture e le conversazioni, con "confessioni" pubbliche in cui ciascuno avrebbe potuto chiedere perdono agli altri per le proprie manchevolezze.
Gandhi, ispirandosi anch'egli al pensiero morale di Tolstoj, fondò in Sudafrica un ashram col nome di Fattoria Tolstoj, dove visse per qualche tempo con la moglie e gli amici praticando analoghi princìpi comunitari.

Il pensiero

"Non contaminate i puri di spirito con scuole e cultura; non fate l'amore; non fate la guerra; non fate rivoluzioni; non accettate il mondo com'è; non riconoscete nessuna autorità se non quella di Dio, e così via.
In realtà, il nuovo "verbo" è una congerie di concetti alcuni validi, altri meno, alcuni originali, altri vecchiotti, tutti genericamente avulsi dalla realtà."
(da "Il tolstoismo", Lev Tolstòj, 1970)

Le persecuzioni

I tolstoiani ebbero problemi col regime zarista fin dal 1887, quando una circolare del ministero degli affari interni dispose che gli organi di controllo delle pubblicazioni non autorizzassero la stampa e circolazione di alcuno scritto di Lev Tolstoj senza un giudizio da parte di un organo centrale.

Tali persecuzioni divennero ancor più accese coi bolscevichi, che consideravano la politica non-violenta dei tolstoiani come vicina, anche finanziariamente, alla reazione zarista che per secoli aveva oppresso col terrore il contado russo.
Il tolstoismo era considerato conservatore dello status quo semifeudale della società russa, intendendo cambiare solo l'"interno degli animi".
Opponendosi alla rivoluzione bolscevica, il tolstoismo si opponeva in quest'ottica al cambiamento e all'eversione dalla feudalità di milioni di contadini, mantenuta con le armi dall'esercito zarista.

Qui vediamo come il pensiero di Tolstoj (anche se in realtà è quello della setta omonima da lui non voluta) sembri avvicinarsi a quello di Gandhi. Però un ritorno alla natura con una società prettamente rurale, di "animo semplice" e soprattutto istruita, non è certo paragonabile al primitivo sistema delle caste indiane.
(LexMat)

Intorno al 1930, molti tolstoiani si dovettero rifugiare in Siberia per non essere considerati kulaki, ma la polizia di Stalin li arrestò comunque, relegandoli nei campi di lavoro forzato tra il 1936 e il 1939.