Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

mercoledì 28 agosto 2013

Lev Tolstoj

Da WikiPedia:

Divenuto celebre in patria grazie ad una serie di racconti giovanili sulla realtà della guerra, il nome di Tolstoj acquisì presto risonanza mondiale per il successo dei romanzi Guerra e pace e Anna Karenina, a cui seguirono altre sue opere narrative sempre più rivolte all'introspezione dei personaggi ed alla riflessione morale.

La fama di Tolstoj è legata anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta non-violenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi.

Biografia

La vita di Tolstoj fu lunga e tragica, nell'accezione più vera del termine, ossia nel senso che essa fu dominata da una profonda, segreta tensione: la si potrebbe definire una tragedia dell'anima.
Tolstoj ebbe un'incessante, tormentosa evoluzione interiore, lottò con se stesso e con il mondo, e questa lotta, talora impetuosa, alimentò senza sosta l'impulso creativo.
Perciò lo studio della sua vita, come ha scritto Igor Sibaldi, richiede impegno e fatica:
"Lo sforzo lo richiede, e notevole, la biografia tolstoiana: per non smarrirsi tra le sue fasi, tanto radicalmente diverse l'una dall'altra, contraddittorie, e tanto intense tutte, mai "minori", giacché in ciascuna di esse Tolstoj metteva immancabilmente tutto sé stesso [...]"

Una traccia per accostarsi alla sua vita la offrì Tolstoj stesso, quando scrisse, negli ultimi anni, che essa poteva essere divisa in quattro periodi fondamentali:
"[...] quel primo tempo poetico, meraviglioso, innocente, radioso dell'infanzia fino ai quattordici anni.
Poi quei venti anni orribili di grossolana depravazione al servizio dell'orgoglio, della vanità e soprattutto del vizio.
Il terzo periodo, di diciotto anni, va dal matrimonio fino alla mia rinascita spirituale: il mondo potrebbe anche qualificarlo come morale, perché in quei diciotto anni ho condotto una vita familiare onesta e regolata, senza cedere a nessuno dei vizi che l'opinione pubblica condanna.
Tutti i miei interessi però erano limitati alle preoccupazioni egoistiche per la mia famiglia, il benessere, il successo letterario e tutte le soddisfazioni personali.
Infine il quarto periodo è quello che sto vivendo adesso, dopo la mia rigenerazione morale [...]"

Particolare influenza ha su di lui Jean-Jacques Rousseau:
"Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita.
Rousseau non invecchia."

Autori come Rousseau, Sterne, Puškin, Gogol' insegnano allo scrittore in erba un principio fondamentale: in letteratura sono importanti soprattutto la sincerità e la verità.

Proprio sotto questi influssi nascono le opere letterarie di Tolstoj: nel 1851 avviene la prima redazione del racconto "Infanzia" (che uscirà sulla rivista di Nekrasov Sovremennik nel 1852, firmato con le sole iniziali) e la stesura di un altro racconto, incompiuto, "Storia della giornata di ieri".
Lo scopo di quest'ultimo, secondo le parole dell'autore, era estremamente semplice ed insieme complicatissimo, quasi irrealizzabile: "descrivere una giornata, con tutte le impressioni e i pensieri che la riempiono".
Da questo germe si può già intravedere lo sviluppo della possente pianta: tendenza all'introspezione e alla vita reale.
Tolstoj resterà fino alla fine un incrollabile realista.
L'immaginazione slegata dalla realtà è quasi inesistente nei suoi libri.
L'unica possibilità di utilizzare la fantasia consiste nell'elaborazione di qualche particolare, di qualche sfumatura che appartiene però ad un oggetto assolutamente reale.

Ignazio Silone, che scriverà: "Sapevo che Tostoj era celebrato come un grande scrittore, ma non avevo mai letto niente di lui. Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l'appetito. Ero turbato e commosso. Mi colpì soprattutto la storia di "Polikusc'ka", quel tragico destino di un servo deriso e disprezzato da tutti [...] Come doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza d'un servo.
Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una compassione superiore all'ordinaria pietà dell'uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per non soffrire.
Di questa specie, pensavo, dev'essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l'abbandona e l'assiste fino alla fine, anche senza mostrarsi.
Mi pareva incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso. Perché non veniva letta e commentata nelle scuole?"

Intanto, lo scrittore viaggia per l'Europa, dove ha modo di conoscere Proudhon, Herzen, Dickens.
A sconvolgerlo sono gli abusi del potere, la miseria dei poveri, la pena di morte, contro la quale, dopo aver assistito a una condanna, prende posizione: "[...] ho visto a Parigi decapitare un uomo con la ghigliottina, in presenza di migliaia di spettatori. Sapevo che si trattava di un pericoloso malfattore; conoscevo tutti i ragionamenti che gli uomini hanno messo per iscritto nel corso di tanti secoli per giustificare azioni di questo genere; sapevo che tutto veniva compiuto consapevolmente, razionalmente; ma nel momento in cui la testa e il corpo si separarono e caddero diedi un grido e compresi, non con la mente, non con il cuore, ma con tutto il mio essere, che quelle razionalizzazioni che avevo sentito a proposito della pena di morte erano solo funesti spropositi e che, per quanto grande possa essere il numero delle persone riunite per commettere un assassinio e qualsiasi nome esse si diano, l'assassinio è il peccato più grave del mondo, e che davanti ai miei occhi veniva compiuto proprio questo peccato."

"Tolstoj fu la luce più pura che abbia illuminato la nostra giovinezza in quel crepuscolo denso di ombre grevi del diciannovesimo secolo che tramontava."
(Romain Rolland, Nobel per la Letteratura)

"In quegli anni di fine secolo suscitò enorme risonanza in noi studenti la pubblicazione di scritti molto diversi fra loro: quelli di Nietzsche e di Tolstoj.
[...] Lo scrittore e pensatore russo esprimeva una visione ben diversa da quella del filosofo tedesco.
Tolstoj era un sostenitore della cultura etica, e la considerava la verità profonda, raggiunta attraverso lunghe riflessioni ed esperienze di vita.
Leggendo i suoi racconti noi ripercorrevamo assieme a lui il cammino verso la conoscenza della vera umanità e di una spiritualità semplice e schietta."
(Albert Schweitzer, Nobel per la Pace)

"Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj "Il regno di Dio è dentro di noi", e ne fui profondamente colpito.
A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsā.
Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstoj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità.
Fu l'uomo più veritiero della sua epoca.
La sua vita fu una lotta costante, una serie ininterrotta di sforzi per cercare la verità e metterla in pratica quando l'aveva trovata.
[...] Fu il più grande apostolo della non-violenza che l'epoca attuale abbia dato.
Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non-violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito.
[...] La vera ahimsa dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall'ira, dall'odio, e un sovrabbondante amore per tutto.
La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa."
(Mahatma Gandhi)

Ma, non di meno, lo angoscia la vita russa, specialmente quella dei contadini.
In questi anni comincia così a manifestarsi, in maniera sempre più evidente, una caratteristica fondamentale della personalità tolstoiana: l'insoddisfazione di sé stesso, della propria esistenza, della propria opera.

Come Olenin, l'eroe dei Cosacchi, che rifiuta la società falsa ed ipocrita per rifugiarsi nel Caucaso, anche Tolstoj, all'inizio degli anni sessanta, decide di abbandonare gli impegni mondani, compresi quelli letterari, per rifugiarsi nella propria tenuta, con l'intento di dedicarsi, nella scuola da lui stesso fondata, all'istruzione dei bambini del villaggio.

Matrimonio e figli

Il 23 settembre 1862, dopo appena una settimana di fidanzamento, sposa la diciottenne Sof'ja Andrèevna, seconda delle tre figlie del medico di corte Bers.
Lo scrittore, non volendole nascondere nulla, le fa leggere, alla vigilia delle nozze, i suoi diari intimi.
La madre di Sof'ja, Ljubòv' Islàvina, era stata amica d'infanzia di Tolstoj.
Avranno tredici figli, cinque dei quali morti in età precoce.

Per inciso, Tolstoj, qualche anno prima di sposarsi, nel 1858, si era innamorato di Aksin'ja, una contadina dalla quale aveva avuto un figlio, che egli non aveva accettato di riconoscere e che molti anni dopo lavorerà, come cocchiere, per i Tolstoj.
Sof'ja, venuta a conoscenza di questo episodio del passato del marito, fremette non poco di gelosia e scrisse: "Se potessi ucciderlo, e poi ricrearlo esattamente eguale, lo farei con piacere".

Guerra e pace

Il destino di Tolstoj, dopo il matrimonio, non poteva essere quello di un tranquillo proprietario di campagna, tanto più che la vita familiare, all'inizio felice, stimolava persino i suoi istinti creativi: in sette anni portò a termine "Guerra e pace" (Война и мир [Vojna i mir], 1863-1869).
La scelta di un tema storico, di fatti avvenuti cinquant'anni prima, non era un rifiuto a partecipare ai dibattiti sulle "grandi riforme", sullo scontro tra liberali e conservatori, sui primi attentati terroristici (o anarchici come allora venivano chiamati), anzi era una risposta proprio a quei dibattiti, agli attacchi dei democratici contro la struttura nobiliare, alla campagna per l'emancipazione della donna.

Molte delle nuove idee furono accolte da Tolstoj con scetticismo.
Il suo ideale era una società "buona" e patriarcale, era la purezza della vita secondo natura.
In Guerra e pace Tolstoj affrontò questioni fondamentali di carattere storico-filosofico, come il ruolo del popolo e dell'individuo nei grandi avvenimenti storici.

Contrapponendo Napoleone a M.I.Kutuzov, l'autore volle polemicamente dimostrare la superiorità di Kutuzov, che aveva capito lo spirito delle masse e aveva afferrato l'andamento degli eventi che vanno assecondati e non contrastati.

Anna Karenina

Il romanzo successivo, "Anna Karenina" (Анна Каренина, 1873-1877), è un'opera aggressiva e polemica, che affronta gran parte dei problemi sociali di quegli anni.
L'azione del romanzo si svolge in un ambiente che Tolstoj conosceva perfettamente: l'alta società della capitale.
Tolstoj denuncia tutte le segrete motivazioni dei comportamenti dei personaggi, le loro ipocrisie e le loro convenzioni, e forse, quasi senza volerlo, mette sotto accusa non Anna, colpevole di aver tradito il marito, ma la società, colpevole di averla annientata.

La forza di Tolstoj artista si identificava con la potenza di Tolstoj moralista, il quale toglieva a chiunque l'arbitrio di giudicare, perché solo Dio può giudicare, come è detto nelle bibliche parole dell'epigrafe: "A me la vendetta, io farò ragione".

Anna Karenina è l'antecedente di tutta una serie di romanzi del XX secolo, costruiti secondo i principi della psicoanalisi.

In molti punti il romanzo è autobiografico: nel personaggio di Levin, dedito alla conduzione delle proprie terre e alla famiglia, Tolstoj rappresenta se stesso, mentre in alcuni splendidi personaggi femminili (non in Anna) sono riconoscibili certi tratti della moglie, che peraltro aiutò Tolstoj nella stesura dell'opera, consigliandolo su come far procedere la trama.

La conversione all'etica del Discorso della Montagna

Già in Anna Karenina Tolstoj si era accostato ad alcuni tormentosi problemi connessi con la sua crisi di scrittore e con il crollo dei valori dell'alta società che fino a poco tempo prima gli erano sembrati indistruttibili.
Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta si sviluppò via via in lui una profonda crisi spirituale ed una conseguente conversione morale ai Vangeli e al Cristianesimo, dapprima in obbedienza alla Chiesa ortodossa russa e successivamente (dal 1881, considerato da Tolstoj l'anno d'inizio della sua autentica rigenerazione interiore) in contrasto con essa: alla base del suo pensiero religioso rimarrà il Vangelo, ma epurato di ogni elemento soprannaturale, ponendo attenzione in particolare al Discorso della Montagna, che diventerà il cardine del suo modo di intendere la religione cristiana.

Accanto alle Sacre Scritture cristiane, Tolstoj meditava testi orientali (ad esempio buddhisti e taoisti), oltre che filosofici (tra cui "Il mondo come volontà e rappresentazione"), nella affannosa ricerca di risposte ai propri dubbi esistenziali.

Abbracciò gradualmente una dieta vegetariana (per compassione verso gli animali) e cercò di praticare uno stile di vita di sobrietà e povertà.
Il desiderio di non vivere nel lusso, di non possedere alcunché, di non mangiare più carne, tutte idee nient'affatto condivise dalla moglie di Tolstoj, furono alla base di un lacerante ed interminabile conflitto casalingo.
La famiglia, pur continuando a stare insieme, si "divise", per così dire, con le figlie, simpatizzanti per le idee del padre, da una parte, e dall'altra i figli maschi, in difesa della madre, la quale sempre più spesso si abbandonava a crisi di isteria contro le nuove visioni etiche, per lei folli e incomprensibili, del marito.

Ad opporsi alle idee radicali di Tolstoj fu anche Dostoevskij, che aveva elogiato Anna Karenina ma non condivideva le concezioni non-violente del suo maggior rivale in ambito letterario; i due narratori si scambiarono pubbliche critiche e preferirono, per reciproca diffidenza, non incontrarsi mai di persona.

A partire dalla sua cosiddetta conversione, Tolstoj lavora instancabilmente, sino alla morte, a numerose opere saggistiche ed autobiografiche, oltre che narrative e drammaturgiche, di carattere morale e religioso.

Trasferitosi con la famiglia a Mosca (dove rimarrà per diversi anni), nel gennaio del 1882 decide di partecipare al censimento della popolazione: è l'occasione per scoprire i mille volti della miseria di città, non meno drammatica di quella delle campagne.
Queste esperienze tra i poveri saranno la base per il saggio "Che fare?" (o "Che cosa dobbiamo fare?") del 1886.

Nella "Confessione" (1882) egli riferisce di aver attraversato, in concomitanza con la crisi spirituale, una profonda depressione, che stava per indurlo al suicidio, e di esserne uscito grazie all'idea di una religione vissuta con umiltà e semplicità insieme al popolo (da qui la critica alle filosofie elitarie e pessimiste di Buddha, del Qoelet e di Schopenhauer, che in un primo momento lo avevano attratto).

Schopenauer, infatti, fa scendere il latte alle ginocchia.
(LexMat)

Tolstoj descrive, in quest'opera che ha la forma di un diario, le fasi della propria conversione morale, avvenuta dapprima in linea con la Chiesa ortodossa e successivamente evolutasi in quello che oggi definiremmo un cristianesimo anarchico, cioè una fede dai forti tratti etici ma vissuta al di fuori delle Chiese ufficiali ed anzi in contrasto con il clero e con i tradizionali dettami dogmatici.

Qui è il fulcro della concezione religiosa di Tolstoj.
Ha dovuto epurare il cristianesimo e crearne una versione personale, "anarchica", con "forti tratti etici" e fuori dalla chiesa ufficiale e dai dogmi.
La sua non-violenza è qui diversa da quella che sarà di Gandhi.
Quest'ultima ottusa ed in linea con la perversione dei dettami della religione (indù o non indù che sia).
(LexMat)

Pavel Aleksandrovič Florenskij scriverà a Tolstoj una lettera appassionata, che probabilmente non gli verrà mai recapitata: ha appena letto la "Confessione" e, in preda anch'egli ad una crisi spirituale, ne raccoglie la provocazione.

Nell'opera teatrale "La potenza delle tenebre" (1886) Tolstoj descrive la forza con cui l'egoismo ed il vizio possono avviluppare l'anima umana, alla quale resta però sempre possibile il riscatto morale.
In "Della vita" (o "Sulla vita", 1887-1888) egli cerca di sintetizzare, capitolo dopo capitolo, le riflessioni che sta raccogliendo in questi anni sul senso della vita e della morte.

Lo scrittore, col maturare della "conversione" e lo svilupparsi delle proprie riflessioni religiose, abbraccia con fervore ideali radicalmente pacifisti, nella convinzione che solo l'amore e il perdono, come insegnato dal Discorso della Montagna, possano unire le genti e dar loro la felicità; queste idee vengono da lui espresse, ad esempio, nella già citata "Lettera allo zar" (1881) e nella "Lettera a Enghelgardt" (1882-1883), e sviluppate ampiamente nei saggi "La mia fede" (1884) e "Il regno di Dio è in voi" (1893), culmine della conversione morale di Tolstoj e fra gli antesignani della filosofia non-violenta contemporanea.

Un impegno a tutto campo

"Improvvisamente, sotto la barba del mužik, sotto il democratico camiciotto spiegazzato, apparì il vecchio signore russo, il magnifico aristocratico" osservò Gor'kij, a proposito di Tolstoj.
Gor'kij definì Tolstoj "l'uomo più complesso del XIX secolo".

Anton Čechov, a partire dal 1887, nutre un vivo interesse per le idee di Tolstoj.
Lo va a trovare nel 1895 a Jasnaja Poljana e scriverà che Tolstoj gli aveva fatto "un'impressione meravigliosa. Mi sentivo a mio agio, come a casa; le conversazioni con Lev Nikolaevič erano liberissime".

Tolstoj si fa editore e, oltre alle proprie opere, inizia a diffondere decine di milioni di copie di testi formativi (come ad esempio la "Didaché", "I pensieri" di Laozi e i "Colloqui con se stesso" di Marco Aurelio) venduti per poche copeche al popolo russo.
La casa editrice è chiamata Posrednik (L'intermediario) e si propone di "istruire il popolo russo".

Nell'estate del 1891 una grande carestia si abbatte sulle provincie centrali e sud-occidentali della Russia, per via di una siccità prolungata.
In tale circostanza, Sof'ja è molto vicina al marito nell'aiutarlo a mobilitare una catena internazionale di soccorsi per i contadini che stanno morendo letteralmente di fame, ma il conflitto fra i coniugi torna ad inasprirsi subito dopo, quando Tolstoj trasmette ai giornali la sua decisione di rinunciare ai diritti d'autore per le opere scritte dopo la conversione.

Nello stesso anno, lo scrittore si reca a Firenze per partecipare ad un convegno ecumenico dal titolo Conferenze sulla fusione di tutte le Chiese cristiane, dove si dichiara favorevole alla "proposta di fondere le Chiese cristiane in una sola che abbia per capo il Papa di Roma e per base la sua organizzazione esteriore nella formula cavouriana e per fondamento del suo pensiero le massime di Cristo e dell’Evangelo".

Eccezionale, se Tutte sono d'accordo...
(LexMat)

Intanto diventano sempre più tesi i rapporti con la censura e con la Chiesa ortodossa: la "Sonata a Kreutzer" (in cui Tolstoj intende, con la cronaca di un adulterio, esaltare indirettamente la castità evangelica) supera il veto solo per intervento personale di Alessandro III, dopo un incontro con la moglie dello scrittore.
La crescente irritazione dei circoli governativi ed ecclesiastici è dovuta alle sue accese proteste contro le persecuzioni delle minoranze religiose in Russia, come i doukhobors (per la cui migrazione egli devolverà gli introiti di "Resurrezione") e i molokany, alle sue roventi accuse contro la nobiltà, contro le istituzioni statali, contro la falsa morale dei potenti.

Qui notiamo, nuovamente, come sia diversa la sua non-violenza, dato che attacca le classi ed il costituito con la cultura dei suoi scritti, essendo politicamente attivo sotto questo senso.
(LexMat)

Nell'agosto del 1897 riceve una visita di più giorni da parte di Cesare Lombroso, che desiderava incontrarlo.
I due nuotano insieme nella tenuta di Jasnaja Poljana, ma quando l'italiano inizia a parlare delle proprie convinzioni sui criminali di nascita e sulla pena come difesa sociale, Tolstoj esplode esclamando: "Tutto ciò è delirio! Ogni punizione è criminale!".

Lombroso era un pò eccessivo...
(LexMat)

Nel luglio del 1898 chiede ad alcuni amici russi e finlandesi di aiutarlo a fuggire in Finlandia, lontano dalla moglie e dalla famiglia, ma il tentativo viene poi abbandonato.

Resurrezione

In "Resurrezione" (Воскресение [Voskresenie], 1889-1899) Tolstoj descrive l'angoscia profonda dell'uomo di coscienza (e in primo luogo dell'autore) stretto nel meccanismo della burocrazia statale, nel ferreo "ordine delle cose".

Il romanzo denuncia in particolare la disumanità delle condizioni carcerarie e l'insensatezza delle vigenti istituzioni giudiziarie.
Qual è la via di scampo? Un approccio radicale alla morale cristiana, intesa, quale buona novella rivolta agli ultimi della società, come iniziativa etica atta a migliorare concretamente la vita degli uomini oppressi su questa terra, nello spirito del Discorso della montagna ripetutamente citato da Tolstoj in quest'ultima sua grande fatica narrativa.

Nechljudov, il protagonista del romanzo, vive le medesime rivoluzioni interiori dell'autore: l'iniziativa di donare (o meglio, "restituire") i propri possedimenti terrieri ai contadini, la volontà di rinunciare alla vita sfarzosa e mondana e di dedicare la propria esistenza al servizio dei dimenticati ed alla liberazione degli sfruttati e degli oppressi.
Anche Katiuša, la figura femminile con la quale e attraverso la quale Nechljudov cerca un riscatto, compie un cammino di redenzione morale, da prostituta a sposa.

La "resurrezione" dei protagonisti avviene quindi nell'accezione metaforica di una rinascita etica, simile a quella vissuta (o perlomeno disperatamente cercata, nonostante le contrapposizioni con la moglie e i familiari) dallo stesso Tolstoj.

La nascita di un movimento

Tolstoj ricevette lettere e visite da persone di ogni età ed estrazione sociale (tra cui Victor Lebrun) che avevano letto i suoi scritti (molti dei quali proibiti dalla censura) e ne ammiravano il pensiero morale e sociale.

Sulla spinta di Vladimir Čertkòv (e non per iniziativa dello stesso Tolstoj, che era scettico verso tutto ciò che assomigliasse ad una setta) nacque la corrente del tolstoismo, ispirata all'etica filosofico-religiosa di Tolstoj, ed i cui seguaci saranno poi violentemente perseguitati sotto il regime comunista.

La scomunica

Il 20-22 febbraio 1901 il Santo Sinodo scomunicò Tolstoj per le sue idee anarchico-cristiane e anarco-pacifiste.
Konstantin Pobedonostsev, procuratore del Sinodo, aveva chiesto anni prima di rinchiudere con la forza Tolstoj in un monastero.

Ma ormai lo scrittore aveva raggiunto una fama enorme e le persecuzioni non facevano che aumentarne la popolarità, tanto che la sua eliminazione fisica era ritenuta imprudente dagli stessi vertici politici, i quali si rendevano conto che in tal modo lo avrebbe reso un martire scatenando grandi rivolgimenti sociali.
Scrisse Suvorin: "Che qualcuno provi solo a toccare Tolstoj, il mondo intero urlerà e la nostra amministrazione sarà costretta ad abbassare la cresta!"

Furono organizzati cortei di solidarietà in favore di Tolstoj e la sua casa fu circondata da una folla osannante.
Lo scrittore ribatté punto per punto alle accuse rivoltegli nel testo della scomunica scrivendo una "Risposta alla deliberazione del sinodo" (1902), in cui rivendicava il suo essere un onesto seguace di Cristo e della verità.

Gli inizi del Novecento

L'ultimo decennio vede allinearsi una serie di piccoli capolavori letterari, ed in queste opere si avverte una continua oscillazione interiore: da una parte la fede nell'amore universale, nell'avvento del regno dell'armonia (il "Regno di Dio" in terra) attraverso mezzi pacifici, dall'altra la constatazione dell'estrema distanza tra tale avvento e la realtà.
Così, se da un lato c'è l'ideale del contadino che tutto perdona e tutto sopporta e del perfezionamento morale come unica possibile salvezza, dall'altro ci sono le contraddizioni della realtà concreta in cui Tolstoj vive.

Nel 1900, dopo l'assassinio del re d'Italia Umberto I per mano dell'anarchico Gaetano Bresci, Tolstoj scrive l'articolo "Non uccidere".

Nel 1901 lo scrittore è candidato al Premio Nobel per la letteratura e gli osservatori lo danno per favorito, tanto che Tolstoj si affretta a scrivere ad un giornale svedese perché l'importo della vincita sia devoluto ai doukhobors (ai quali egli aveva già donato gli introiti di Resurrezione), ma il premio viene poi assegnato a Sully Prudhomme.

L'anno successivo, davanti alla Rivoluzione russa del 1905 Tolstoj implora:
"C'è una sola cosa da fare: placare l'ostilità, senza parteggiare per nessuno, distogliere la gente dalla lotta e dall'odio perché tutto questo sa di sangue."

Egli profonde le sue ultime energie nel cercare di comprendere i drammatici avvenimenti d'inizio secolo e nell'insistere a chiedere, come una voce che grida nel deserto, delle soluzioni di pace ad un mondo che scivola verso l'abisso del conflitto globale.

Del 1908 è la "Lettera a un indù", che viene apprezzata e diffusa da Gandhi, il quale inizierà, l'anno successivo, uno scambio epistolare con Tolstoj.

Nel 1909 lo scrittore tenta, con appelli alla Duma di Stato e a Stolypin, di convincere il governo ad abolire la proprietà privata della terra, onde scongiurare una grande rivoluzione, che egli reputa imminente.
Nel luglio dello stesso anno, riceve un invito al congresso della pace a Stoccolma ed inizia a preparare una conferenza; ma la moglie si oppone alla sua partenza, minacciando, come altre volte, il suicidio e costringendo Tolstoj a restare a casa.

La fuga e la morte

Desideroso di compiere il tanto vagheggiato "salto" decisivo col quale avrebbe lasciato tutto per Cristo, Tolstoj mise finalmente in pratica il progetto di andarsene di casa.

Il crescendo di liti con la moglie e con i figli (da parte dei quali aveva il terrore di subire violenze atte a fargli redigere in loro favore un testamento) gli causava del resto enormi sofferenze.

Così, nella notte del 28 ottobre 1910 (secondo il calendario giuliano), dopo essersi accorto che la moglie frugava di nascosto fra le sue carte, lo scrittore, sentendosi più che mai oppresso, si allontanò di soppiatto da Jasnaja Poljana, dirigendosi verso la Crimea su treni di terza classe, accompagnato dal medico personale Dušàn Makovitskij, il quale gli era anche amico fidato.
Sulla sua scrivania, a testimoniare le paure degli ultimi giorni, era rimasta aperta una copia dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij al punto in cui il figlio si abbandona alle vie di fatto con il padre.

Lasciò scritte queste parole per la moglie:
"Ti ringrazio per i quarantotto anni di vita onesta che hai passato con me e ti prego di perdonarmi tutti i torti che ho avuto verso di te, come io ti perdono, con tutta l'anima, quelli che tu hai avuto nei miei riguardi."

Come possiamo notare, la vecchiaia e la religione alla fine lasciano un brutto segno.
(LexMat)

Durante il viaggio, a causa del freddo e della vecchiaia, lo scrittore ben presto si ammalò gravemente di polmonite e non poté andar oltre alla stazione ferroviaria di Astapovo.
Accorsero parenti, amici (tra cui il suo segretario Valentin Bulgakov) e giornalisti ad attorniare il morente.
Febbricitante, Tolstoj dettò alla figlia Aleksandra (la prima tra i familiari ad averlo raggiunto) questi pensieri per il Diario:
"Dio è quell'infinito Tutto, di cui l'uomo diviene consapevole d'essere una parte finita.
Esiste veramente soltanto Dio.
L'uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio.
Quanto più il manifestarsi di Dio nell'uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste.
L'unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l'amore.
Dio non è amore, ma quanto più grande è l'amore, tanto più l'uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente."

Tolstoi

Cercava sempre, ed era ormai vegliardo.
Cercava ancora, al raggio della vaga
lampada, in terra, la perduta dramma.
L'avrebbe forse ora così sorpreso
con quella fioca lampada pendente,
e gliel'avrebbe con un freddo soffio
spenta, la Morte. E presso a morte egli era! [...]
Ed e' vestì la veste rossa e i crudi
calzari mise, e la natal sua casa
lasciò, lasciò la saggia moglie e i figli,
e per la steppa il vecchio ossuto e grande
sparì [...]
(dai "Poemi italici" di Giovanni Pascoli)

Le sue ultime parole furono: "Svignarsela! Bisogna Svignarsela!" e: "La verità... Io amo tanto... come loro..."
Fu impedito alla moglie di avvicinarsi al capezzale se non poco prima che egli spirasse e quand'era ormai già privo di conoscenza, la mattina del 7 novembre 1910.
In riferimento a Tolstoj sul letto di morte, Boris Pasternak scrisse:
"In un angolo non giaceva una montagna, ma un vecchietto raggrinzito, uno di quei vecchi creati da Tolstoj, da lui descritti e fatti conoscere a decine nelle sue pagine.
Tutt'intorno crescevano giovani abeti.
Il sole al tramonto segnava la camera con quattro fasci di luce obliqui..."

La sepoltura

Fu sepolto nei pressi della sua casa.
La tomba è semplicissima, con il cumulo di terra e la sola erba, senza croce, senza nome, sull'orlo di un piccolo burrone.
Aveva indicato lui il luogo, lo stesso nel quale era sepolto, ricordo dell'amato fratello maggiore Nikolaj, un "bastoncino verde" simbolo delle speranze dell'umanità, come raccontato da Tatiana: "Sapete perché mio padre è seppellito ai piedi di un poggio, all'ombra di vecchie querce, nella foresta di Jasnaja Poljana?
Perché quel luogo era legato a un ricordo [...] Il maggiore dei figli Tolstoj, Nikolaj [...] aveva confidato di avere interrato in un angolo della foresta un bastoncino verde sul quale c'era scritta una formula magica.
Chi avesse scoperto il bastone e se ne fosse impossessato, avrebbe avuto il potere di rendere felici tutti gli uomini.
L'odio, la guerra, le malattie, i dolori, sarebbero scomparsi dalla faccia della terra [...]."

Tolstoismo

Il tolstoismo (o tolstoianesimo, i cui seguaci sono chiamati tolstoiani) è una corrente di pensiero nata in Russia negli anni ottanta dell'Ottocento, avendo come riferimento la dottrina morale di Lev Tolstoj.

Le origini

I tolstoiani si ispiravano agli insegnamenti evangelici di Gesù, in particolare al Discorso della Montagna, secondo l'interpretazione radicale e pacifista datane da Tolstoj.

Fondatore del tolstoismo non fu però Tolstoj stesso, ma piuttosto Vladimir Čertkòv, collaboratore dello scrittore tra i più assidui e fidati, che lo assistette fino in punto di morte.
Sulla spinta di Čertkòv, le prime comuni tolstoiane nacquero in Russia già nel 1888, ma Tolstoj si rifiutò sempre sia di parteciparvi sia di farvi visita (ed anche durante la fuga del 1910, studiando sulla carta le possibili mète con la figlia ed il segretario, si raccomanderà: "Non in una comune tolstoiana, non in un posto così...").

Lo scrittore, infatti, non vedeva di buon occhio coloro che lo consideravano un maestro.
Così commenta la figlia Tat'jana, riferendo di una battuta sussurratale dal padre:
"Un nostro amico, Vasilij Maklakov, spirito aperto e colto, parlando dei discepoli di Tolstoj era solito dire: "Coloro che capiscono Tolstoj non l'imitano. Coloro che l'imitano non lo capiscono".
Ho potuto constatare più di una volta l'esattezza di tale riflessione.
Fra i numerosi visitatori arrivati da ogni parte del mondo per conoscere mio padre, molti erano tolstoiani soltanto di nome: si limitavano a copiare il comportamento e le maniere del "maestro" senza capire il significato profondo delle sue idee.
Quelli che capivano sapevano anche che Tolstoj lasciava ognuno libero di vivere e di risolvere i suoi problemi come credeva.
E non cercavano di imitarlo nel comportamento esteriore, che per loro non aveva nessuna importanza.
Una volta notai, che coloro che stavano attorno a mio padre, un giovane sconosciuto con un camiciotto russo, pantaloni a sbuffo e grosse scarpe.
"Chi è?" domandai.
Papà si chinò verso di me e, con la mano davanti alla bocca, mi sussurrò all'orecchio:
"È un giovane membro della setta che mi è più estranea e incomprensibile: quella dei tolstoiani.""

Tolstoj diede comunque delle istruzioni di massima a coloro che volevano metterne in pratica gli insegnamenti: vivere tutti insieme, maschi e femmine in camere distinte, con un locale comune adibito a biblioteca, conducendo una vita semplice nel mangiare e nel vestirsi, vendendo il superfluo per darne il ricavato ai poveri.
Un ruolo importante dovevano avere, oltre al lavoro manuale, le letture e le conversazioni, con "confessioni" pubbliche in cui ciascuno avrebbe potuto chiedere perdono agli altri per le proprie manchevolezze.
Gandhi, ispirandosi anch'egli al pensiero morale di Tolstoj, fondò in Sudafrica un ashram col nome di Fattoria Tolstoj, dove visse per qualche tempo con la moglie e gli amici praticando analoghi princìpi comunitari.

Il pensiero

"Non contaminate i puri di spirito con scuole e cultura; non fate l'amore; non fate la guerra; non fate rivoluzioni; non accettate il mondo com'è; non riconoscete nessuna autorità se non quella di Dio, e così via.
In realtà, il nuovo "verbo" è una congerie di concetti alcuni validi, altri meno, alcuni originali, altri vecchiotti, tutti genericamente avulsi dalla realtà."
(da "Il tolstoismo", Lev Tolstòj, 1970)

Le persecuzioni

I tolstoiani ebbero problemi col regime zarista fin dal 1887, quando una circolare del ministero degli affari interni dispose che gli organi di controllo delle pubblicazioni non autorizzassero la stampa e circolazione di alcuno scritto di Lev Tolstoj senza un giudizio da parte di un organo centrale.

Tali persecuzioni divennero ancor più accese coi bolscevichi, che consideravano la politica non-violenta dei tolstoiani come vicina, anche finanziariamente, alla reazione zarista che per secoli aveva oppresso col terrore il contado russo.
Il tolstoismo era considerato conservatore dello status quo semifeudale della società russa, intendendo cambiare solo l'"interno degli animi".
Opponendosi alla rivoluzione bolscevica, il tolstoismo si opponeva in quest'ottica al cambiamento e all'eversione dalla feudalità di milioni di contadini, mantenuta con le armi dall'esercito zarista.

Qui vediamo come il pensiero di Tolstoj (anche se in realtà è quello della setta omonima da lui non voluta) sembri avvicinarsi a quello di Gandhi. Però un ritorno alla natura con una società prettamente rurale, di "animo semplice" e soprattutto istruita, non è certo paragonabile al primitivo sistema delle caste indiane.
(LexMat)

Intorno al 1930, molti tolstoiani si dovettero rifugiare in Siberia per non essere considerati kulaki, ma la polizia di Stalin li arrestò comunque, relegandoli nei campi di lavoro forzato tra il 1936 e il 1939.

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