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La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

giovedì 19 settembre 2013

Crisalide

Bellissima.
LexMat

Da "http://marteau7927.wordpress.com/2008/05/26/crisalide/" :

Crisalide
di Marco Vignolo Gargini

Ciò che per la crisalide è la fine del mondo, il mondo chiama farfalla.
(Lao Tze)

Quelle foglie le ho sempre viste come compagne casuali della mia solitudine.
Spesso mi chiamavano, il loro era un brusio ruvido, dal colore del manto di un monaco.
Non sapevano perché mi scostassi, si comportavano come i bambini che hanno pietà di un piccolo uomo che vive in disparte.
Osservavano i miei movimenti, la mia paura di ferirle, di ferirmi, ma continuavano a chiamarmi.
Non sapevano. Imitavano la mia volontà di sparire e credevano fosse una danza.
Si libravano mosse dal vento e si ispiravano a me, al mio volo…

Sono una farfalla, ero crisalide e prima ancora bruco.

Si schiuse l’uovo ed ero bruco. Non capivo che ne fosse di me, non sentivo niente.
È durato poco questo stato d’incoscienza.
Seppi che mi vedevano come un esserino quasi ripugnante, ma io non ero al corrente del giudizio del mondo.
Reagivo se disturbata, tiravo fuori due piccole corna e disperdevo nell’aria un odore sgradevole.
Avvertivo una trasformazione nelle mie movenze, che si facevano sempre più rigide, faticose.

Divenni crisalide e mi confusi con i rami. Stavo immobile, non mi nutrivo più.
Appeso senza sapere perché.
Seppi che mi vedevano come un punto interrogativo capovolto, cangiante dal verde acceso all’oro, a seconda dei mesi che trascorrevano.
Ma intorno a me s’era creata un corrazza che mi riparava, attutiva i rumori, mi copriva dall’aria, mantenendomi al buio, protetto dalla luce.
Il mondo aveva imparato a non curarsi di me.

Il guscio si è aperto, sono uscita.
Quei pochi che hanno visto per caso la mia nuova nascita hanno compreso il desiderio che ho di volare e l’aspirazione di piacere.
Vorrei posarmi su tutte le mani e carezzarle, dolcemente, regalando i miei colori alla vista, ispirando un dolce pensiero, un’armonia.
Ma temo che non siano molti a sapermi toccare con delicatezza, osservarmi con rispetto, per questo ho sempre fuggito i gesti bruschi, gli scatti avidi di chi voleva prendermi e infilzarmi.

Sfuggo, costretta a sopravvivere, lontana da dita scortesi, da mosse violente.

Sfuggo per non morire.

Una volta provai a sognare una mano che mi prendeva dandomi affetto, calore, amore.
Aspettai che questa mano venisse, volavo in cerca del suo contatto… ma più distanza percorrevo, meno conferme trovavo al mio sogno.
So che in questo mondo imitano le mie mosse, si appiccicano addosso degli abiti che somigliano ai disegni naturali delle mie ali.
Alcuni dicono che sono bella, ma il loro giudizio è vago, è una mera convenzione.
Oppure non dicono nulla, e mi vedono passare davanti senza interessarsi a me.
Quelli che mi giudicano senza gustarmi, gli indifferenti che non pensano alla mia esistenza… sono tutti quella mano che non ho trovato, la mano che mi avrebbe resa felice.

Le foglie restano compagne casuali della mia solitudine.
Non le voglio infastidire. Lascio che si ispirino a me.

Sì, mi sono tenuta in un luogo appartato, confusa talvolta con le mie amiche foglie.

Resto viva per un po’, attendo la mia metamorfosi. Dopo farfalla, che sarò?

Fino all’ultimo respiro prima del mio ultimo mutamento, cosa resterà del mio sogno?


©Marco Vignolo Gargini
09/05/2008

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