Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

giovedì 31 ottobre 2013

Retorica della Prevaricazione e Complottismo - Umberto Eco

Da "www.parodos.it" :

Questa conferenza è stata tenuta da Umberto Eco per il ciclo "Nel Segno Della Parola", organizzato dal Centro Studi per la Permanenza del Classico dell'Università di Bologna (Aula Magna di Santa Lucia, Giovedì 20 maggio 2004).

I conti con la storia

Il lupo e l'agnello

Retorica della prevaricazione

Non so se valga la pena di dirvi quello che vi dirò perchè ho la chiara coscienza di parlare a una massa di idioti con il cervello andato in acqua e basta guardarvi in faccia per capire che non capirete nulla .
Vi piace questo inizio? Si tratta di un caso di captatio malevolentiae, e cioè dell'uso di una figura retorica che non esiste e non può esistere, la quale mira a inimicarsi l'uditorio e a mal disporlo verso il parlante. Tra parentesi, credevo di avere inventato io anni fa la captatio malevolentiae per definire il tipico atteggiamento di un amico, ma poi - controllando su Internet - ho visto che ormai esistono molti siti dove la captatio malevolentiae viene citata, e non so se si tratti di disseminazione della mia proposta o di poligenesi letteraria (che si ha quando la stessa idea viene a persone diverse in luoghi diversi e nello stesso tempo).

Badate che tutto sarebbe stato diverso se io avessi iniziato in questo modo:

"Non so se valga la pena di dirvi quello che vi dirò perchè ho la chiara coscienza di parlare a una massa di idioti con il cervello andato in acqua, ma parlo solo per rispetto verso quei due o tre di voi presenti in questa sala che non appartengono alla maggioranza degli imbecilli".
Questo sarebbe un caso (sia pure estremo e pericoloso) di captatio benevolentiae, perchè ciascuno di voi sarebbe automaticamente persuaso di essere uno di quei due o tre e, guardando con disprezzo tutti gli altri, mi seguireste con affettuosa complicità.

La captatio benevolentiae è un artificio retorico che consiste, come ormai avrete capito, nel conquistarsi subito la simpatia dell'interlocutore. Sono forme comuni di captatio l'esordio "è per me un onore parlare a un pubblico così qualificato" ed è captatio consueta (tanto da essersi ribaltata talora nel suo uso ironico) il "come lei m'insegna..." dove, nel ricordare qualcuno qualcosa che non sa o ha dimenticato, si premette che si ha quasi vergogna a ripeterlo perchè evidentemente l'interlocutore è il primo a saperlo.
Perchè in retorica si insegna la captatio benevolentiae? Come voi tutti m'insegnate, la retorica non è quella cosa talora ritenuta disdicevole, per cui noi usiamo paroloni inutili o ci profondiamo in appelli emotivi esagerati e non è neppure, come vuole una lamentevole vulgata, un'arte sofistica - o almeno, i sofisti greci che la praticavano non erano quei mascalzoni che ci presenta spesso una cattiva manualistica. Peraltro il grande maestro di una buona arte retorica è stato proprio Aristotele, e Platone (malgrado un testo malizioso che vi verrà letto) nei suoi dialoghi usava artifici retorici raffinatissimi, e li usava per polemizzare contro i sofisti.

La retorica è una tecnica della persuasione, e di nuovo la persuasione non è una cosa cattiva, anche se si può persuadere qualcuno con arti riprovevoli a fare qualcosa contro il proprio interesse. Una tecnica della persuasione è stata elaborata e studiata perchè su pochissime cose si può convincere l'uditore attraverso ragionamenti apodittici. Una volta stabilito che cosa sia un angolo, un lato, un'area, un triangolo, nessuno può mettere in dubbio la dimostrazione del teorema di Pitagora. Ma, per la maggior parte delle cose della vita quotidiana, si discute intorno a cose circa le quali si possono avere diverse opinioni. La retorica antica si distingueva in giudiziaria (e in tribunale è discutibile se un dato indizio sia probante o meno), deliberativa (che è quella dei parlamenti e delle assemblee, in cui si dibatte per esempio se sia giusto costruire la variante di valico, rifare l'ascensore del condominio, votare per Tizio piuttosto che per Caio) ed epidittica, e cioè in lode o in biasimo di qualcosa, e tutti siamo d'accordo che non esistono leggi matematiche per stabilire se sia stato più affascinante Gary Cooper piuttosto che Humphrey Bogart, se lavino più bianco l'Omo o il Dash, se Irene Pivetti appaia più femminile di Platinette.

Siccome per la maggior parte dei dibattiti di questo mondo si argomenta intorno a questioni che sono oggetto di dibattito, la tecnica retorica insegna a trovare le opinioni sulle quali concorda la maggior parte degli uditori, a elaborare dei ragionamenti che siano difficilmente contestabili, ad usare il linguaggio più appropriato per convincere della bontà della propria proposta, ed anche a suscitare nell'uditorio le emozioni appropriate al trionfo della nostra argomentazione, compresa la captatio benevolentiae.

Naturalmente ci sono dei discorsi persuasivi che possono essere facilmente smontati in base a discorsi più persuasivi ancora, mostrando i limiti di un'argomentazione. Voi tutti (captatio) conoscete forse quella pubblicità immaginaria che dice "mangiate merda, milioni di mosche non possono sbagliarsi", e che viene usata talora per contestare che le maggioranze abbiano sempre ragione.

L'argomento può essere confutato chiedendo se le mosche prediligano lo sterco animale per ragioni di gusto o per ragioni di necessità. Si domanderà allora se, cospargendo campi e strade di caviale e miele, le mosche non sarebbero forse maggiormente attirate da queste sostanze, e si ricorderà che la premessa "tutti quelli che mangiano qualcosa è perchè la amano" è contraddetta da infiniti casi in cui le persone sono costrette a mangiare cose che non amano, come avviene nelle carceri, negli ospedali, nell'esercito, durante le carestie e gli assedi, e nel corso di cure dietetiche.

Ma questo punto è chiaro perchè la captatio malevolentiae non può essere un artificio retorico. La retorica tende a ottenere consenso, e quindi non può apprezzare esordi che scatenino immediatamente il dissenso. La retorica tende a ottenere consenso. Pertanto è tecnica che non può che fiorire in società libere e democratiche, compresa quella democrazia certamente imperfetta che era quella della Atene antica. Se io posso imporre qualcosa con la forza, non ho bisogno di richiedere il consenso: rapinatori, strupratori, saccheggiatori di città, kapς di Auschwitz non hanno mai avuto bisogno di usare tecniche retoriche.

Sarebbe allora facile stabilire una linea di confine: ci sono culture e paesi in cui il potere si regge sul consenso, ed in essi si usano tecniche di persuasione, e ci sono paesi dispotici dove vale solo la legge della forza e della prevaricazione, e in cui non è necessario persuadere nessuno. Ma le cose non sono così semplici, ed ecco perchè questa sera parleremo della retorica della prevaricazione. Se, come dice il dizionario, prevaricare significa abusare del proprio potere per trarne vantaggi contro l'interesse della vittima, agire contrariamente all'onestà trasgredendo i limiti del lecito, sovente chi prevarica, sapendo di prevaricare, vuole in qualche modo legittimare il proprio gesto e persino - come avviene nei regimi dittatoriali - ottenere consenso da parte di chi soffre la prevaricazione, o trovare qualcuno che sia disposto a giustificarla.
Pertanto si può prevaricare ed usare argomenti retorici per giustificare il proprio abuso di potere.
Uno degli esempi classici di pseudo-retorica della prevaricazione ci è dato dalla favola del lupo e dell'agnello di Fedro. Anche se tra poco ve la leggeranno è indispensabile ricordarla bene e subito.

"Un lupo ed un agnello, spinti dalla sete, erano giunti allo stesso ruscello. Più in alto si fermò il lupo, molto più in basso si mise l'agnello. Allora quel furfante, spinto dalla sua sfrenata golosità, cercò un pretesto di litigio.
- Perchè - disse - intorbidi l'acqua che sto bevendo? Pieno di timore, l'agnello rispose: - Scusa, come posso fare ciò? Io bevo l'acqua che passa prima da te."
Come si vede l'agnello non manca di astuzia retorica e di fronte a un'argomentazione debole del lupo, sa come confutarla, e proprio in base a all'opinione compartecipata dalle persone di buon senso per cui l'acqua trascina detriti e impuritΰ da monte a valle e non da valle a monte. Di fronte alla confutazione dell'agnello, il lupo ricorre ad altro argomento.
"E quello, sconfitto dall'evidenza del fatto, disse: - Sei mesi fa hai parlato male di me.
E l'agnello ribattè: - Ma se ancora non ero nato!"

Altra bella mossa da parte dell'agnello, a cui il lupo risponde cambiando ancora giustificazione.
"- Per Ercole, fu tuo padre, a parlar male di me - disse il lupo. E subito gli saltò addosso e lo sbranò fino ad ucciderlo ingiustamente. Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti."

La favola ci dice due cose. Che chi prevarica cerca anzitutto di legittimarsi. Se la legittimazione viene confutata, oppone alla retorica il non argomento della forza. Naturalmente la favola di Fedro ci offre una caricatura del prevaricatore in quanto retore, perchè il povero lupo usa solo argomenti deboli, ma al tempo stesso ci offre un'immagine forte del prevaricatore forte.
Badate che la favola di Fedro non racconta qualcosa d'irreale. In effetti, nel resto della mia conferenza cercherò di individuare tecniche attraverso le quali la situazione si ripropone nel corso della storia, sia pure in forme più raffinate.
Abbiamo visto che il lupo usa argomenti speciosi, ma non è che l'agnello dia prova, nel confutarli, di grande sottigliezza. La falsità degli argomenti del lupo sta sotto gli occhi di tutti. Talora però gli argomenti sono più sottili perchè sembrano prendere come punto di partenza un'opinione compartecipata dai più, quelli che la retorica greca chiamava un endoxon, e su quelli lavora, nascondendo la tecnica della petitio principii, in base alla quale si usa come argomento probante la tesi che si doveva dimostrare, oppure si confuta un argomento usando come prova ciò che l'argomento voleva confutare.

Leggiamoci questo brano:

"Di quando in quando i giornali illustrati mettono sotto gli occhi del piccolo borghese (...) una notizia: qua o là, per la prima volta, che un Negro è diventato avvocato, professore, o pastore o alcunchè di simile. Mentre la sciocca borghesia prende notizia con stupore d'un così prodigioso addestramento, piena di rispetto per questo favoloso risultato della pedagogia moderna, l'ebreo, molto scaltro, sa costruire con ciò una nuova prova della giustezza della teoria, da inocularsi ai popoli, della eguaglianza degli uomini. Il nostro decadente mondo borghese non sospetta che qui in verità si commette un peccato contro la ragione; che è una colpevole follia quella di ammaestrare una mezza scimmia in modo che si creda di averne fatto un avvocato, mentre milioni di appartenenti alla più alta razza civile debbono restare in posti incivili e indegni. Si pecca contro la volontà dell'Eterno Creatore lasciando languire nell'odierno pantano proletario centinaia e centinaia delle sue più nobili creature per addestrare a professioni intellettuali Ottentotti, Cafri e Zulω. Perchè qui si tratta proprio d'un addestramento, come nel caso del cane, e non di un 'perfezionamento' scientifico. La stessa diligenza e fatica, impiegata su razze intelligenti, renderebbe gli individui mille volte più capaci di simili prestazioni. ... Sì, è insopportabile il pensiero che ogni anno centomila individui privi d'ogni talento siano ritenuti degni d'un'educazione elevata, mentre altre centinaia di migliaia, dotati di belle qualità, restano prive d'istruzione superiore. Inapprezzabile è la perdita che così soffre la nazione".

Di chi è questo brano? Di Bossi? Di Borghezio? Di un ministro del nostro governo? L'ipotesi non sarebbe inverosimile, ma il brano è di Adolf Hitler, da Mein Kampf. Hitler, per preparare la sua campagna razzista, si trova a dover confutare un argomento molto forte contro l'inferiorità di alcune razze, e cioè che, se un africano viene messo in condizioni di imparare, si rivela altrettanto prensile e capace di un europeo, dimostrando così che non appartiene a una razza inferiore. Come confuta Hitler questo argomento? Dicendo: ma come è possibile che un essere inferiore impari? Evidentemente è stato sottoposto ad addestramento meccanico come avviene con gli animali da circo. Pertanto l'argomento, che tendeva a dimostrare che i neri non erano animali, viene confutato ricorrendo all'opinione, che certamente i suoi lettori radicatamente condividevano, che i neri siano animali.

Ma torniamo al nostro lupo. Esso, per divorare l'agnello, cerca un casus belli, cerca cioè di convincere l'agnello, o gli astanti, e forse persino se stesso, che egli mangia l'agnello perchè gli ha fatto un torto. Questa è la seconda forma di una retorica della prevaricazione. La storia dei casus belli nel corso della Storia mette, infatti, in scena dei lupi un poco più avveduti.

Tipico è il casus belli che ha dato origine alla prima guerra mondiale.

Nell'Europa del 1914 esistevano tutti presupposti per una guerra: anzitutto una forte concorrenza economica fra le grandi potenze: il progresso dell'impero tedesco sui grandi mercati inquietava la Gran Bretagna; la Francia vedeva con preoccupazione la penetrazione tedesca nelle colonie africane; la Germania soffriva di un complesso di accerchiamento, ritenendosi ingiustamente soffocata nelle sue ambizioni internazionali; la Russia si eleggeva a protettrice dei paesi balcanici e si confrontava con l'impero austro ungarico. Di qui la corsa agli armamenti, i moti nazionalistici e interventisti nei dei singoli paesi. Ciascun paese aveva interesse a fare una guerra, ma nessuna di queste premesse la giustificava.
Siccome chiunque l'avesse dichiarata sarebbe apparso come inteso a difendere interessi nazionali e a prevalere sugli interessi delle altre nazioni, ci voleva un pretesto. Ed ecco che, a Sarajevo, il 28 giugno 1914, uno studente bosniaco uccide in un attentato l'arciduca ereditario d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e la consorte. E' ovvio che il gesto di un fanatico non coinvolge un intero paese, ma l'Austria coglie la palla al balzo. D'accordo con la Germania, attribuisce al governo Serbo la responsabilità dell'eccidio, e indirizza a Belgrado il 23 luglio un duro ultimatum alla Serbia, ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. La Russia assicura subito il proprio sostegno alla Serbia, la quale risponde all'ultimatum in modo abbastanza conciliante, ma bandisce al tempo stesso la mobilitazione generale. A questo punto l'Austria dichiara guerra alla Serbia, senza attendere una proposta di mediazione presentata dall'Inghilterra. In breve tempo tutti gli stati europei entrano in guerra. Per fortuna c'è stata la Seconda Guerra Mondiale coi suoi cinquanta milioni di morti, altrimenti la Prima avrebbe avuto il primato tra tutte le tragiche follie della Storia.
L'Austria, paese civile e illuminato, aveva cercato un pretesto forte. Alla fin fine era stato ucciso il principe ereditario e di fronte a un fatto così evidente bastava inferirne che il gesto di Prinzip non era stato isolato ma era stato ispirato dal governo Serbo. Argomento indimostrabile, ma dotato di una certa presa emotiva. E questo ci porta a un'altra forma di giustificazione della prevaricazione, il ricorso alla sindrome del complotto.

Uno dei primi argomenti che si usano per scatenare una guerra o dare inizio a una persecuzione è l'idea che si debba reagire a un complotto ordito contro di noi, il nostro gruppo, il nostro paese, la nostra civiltà. Il caso dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, il libello che è servito di giustificazione allo sterminio degli ebrei, è un tipico caso di teoria del complotto. Ma la teoria del complotto è ben più antica.

Popper vi ha scritto un bellissimo saggio, spiegando che:

"detta teoria, più primitiva di molte forme di teismo, è simile a quella rilevabile in Omero. Questi concepiva il potere degli dèi in modo che tutto ciò che accadeva nella pianura davanti a Troia costituiva soltanto un riflesso delle molteplici cospirazioni tramate nell'Olimpo. La teoria sociale della cospirazione è in effetti una versione di questo teismo, della credenza, cioè, in divinità i cui capricci o voleri reggono ogni cosa. Essa è una conseguenza del venir meno del riferimento a dio, e della conseguente domanda: 'Chi c'è al suo posto?'. Quest'ultimo è ora occupato da diversi uomini e gruppi potenti - sinistri gruppi di pressione, cui si può imputare di avere organizzato la grande depressione e tutti il mali di cui soffriamo. La teoria sociale della cospirazione è molto diffusa, e contiene molto poco di vero. Soltanto quando i teorizzatori della cospirazione giungono al potere, essa assume il carattere di una teoria descrivente eventi reali. Per esempio, quando Hitler conquistò il potere, credendo nel mito della cospirazione dei Savi Anziani di Sion, egli cercò di non essere da meno con la propria contro-cospirazione."
In genere le dittature, per mantenere il consenso popolare intorno alle loro decisioni, denunciano l'esistenza di un paese, un gruppo, una razza, una società segreta che cospirerebbe contro l'integrità del popolo dominato dal dittatore. In genere ogni forma di populismo, anche contemporaneo, cerca di ottenere il consenso parlando di una minaccia che viene dall'esterno, o da gruppi interni. Ma chi ha saputo creare intorno ai propri casus belli un efficace contorno di teoria del complotto non è stato solo Hitler, che sul complotto giudaico ha fondato non solo il massacro degli ebrei ma anche tutta la sua politica di conquista contro quelle che la stampa italiana chiamava le plutocrazie demogiudaiche. Un abile miscelatore di casus belli e teoria del complotto è stato Mussolini.

Prendiamo come ottimo esempio il discorso dell'ottobre 1935 nel quale il Duce annunciava l'inizio della conquista dell'Etiopia.

L'Italia, poco dopo l'unificazione, aveva cercato di emulare gli altri stati europei procurandosi delle colonie. Non giudichiamo la bontà di questa pretesa, che nel XIX secolo non era messa in discussione, dato che vigeva l'ideologia del fardello civilizzatore dell'uomo bianco, come aveva detto Kipling. Diciamo che, essendosi stanziata in Somalia ed Eritrea l'Italia aveva a più riprese cercato di sottomettere l'Etiopia, ma si era scontrata con un paese di antichissima civiltà cristiana, che un tempo era stato identificato dagli europei con il favoloso impero del prete Gianni, e che, a modo proprio, cercava di aprirsi alla civiltà occidentale.

Nel 1895 gli italiani avevano subito la sconfitta di Adua, e da allora era stata costretta a riconoscere l'indipendenza dell'Abissinia esercitandovi una sorta di protettorato e conservando alcune teste di ponte nel suo territorio. Ma ai tempi del fascismo già Ras Tafari aveva cercato di fare evolvere il suo paese da una situazione ancora feudale verso forme più moderne e in seguito Hailθ Selassiθ aveva compreso che l'unica possibilità di salvare l'ultimo stato sovrano d'Africa era la modernizzazione. Naturalmente il Negus, per contrastare la penetrazione di tecnici italiani, aveva chiamato nel paese tecnici e consiglieri da Francia, Inghilterra, Belgio e Svezia, per il riordinamento dell'esercito, per l'addestramento all'uso delle nuove armi e dell'aviazione. Per il fascismo non si trattava di civilizzare un paese che già stava faticosamente percorrendo le vie dell'occidentalizzazione parziale (e, ripeto, non vi era neppure il pretesto religioso che potesse opporre la missione civilizzatrice di un paese cristiano a una cultura di idolatri): si trattava semplicemente di difendere degli interessi economici. Pertanto la decisione di invadere l'Etiopia non poteva che nascere, anche qui, da un casus belli.

Esso era stato dato dal controllo della zona di Ual-Ual, fortificata dagli italiani per controllare una ventina di pozzi, risorsa essenziale per le popolazioni nomadi dell'Ogaden. Il possesso della zona non era riconosciuto dall'Etiopia e preoccupava l'Inghilterra che aveva colonie confinanti. In breve, succede un incidente: il 24 novembre 1934 una commissione mista anglo-etiopica si avvicina ai pozzi, accompagnata da centinaia di abissini armati, che pretendono l'abbandono della postazione. Intervengono altre forze italiane, compresa l'aviazione. Gli inglesi esprimono una protesta e se ne vanno, rimangono gli abissini, scoppia uno scontro. Trecento morti fra gli abissini, muoiono ventuno dubat, truppe coloniali italiane, e si contano un centinaio di feriti fra gli italiani. Come tanti scontri di frontiera anche questo avrebbe potuto risolversi per vie diplomatiche (in fondo il punteggio Italia - Abissinia era stato, in termini di morti, di quattordici a uno), ma per Mussolini era il pretesto che cercava da tempo.

Vediamo con quale retorica egli si legittimi di fronte al popolo italiano ed al mondo nel suo discorso del 2 ottobre 1935, dal balcone di Palazzo Venezia.
"Camicie Nere della Rivoluzione! Uomini donne di tutta Italia! Italiani sparsi nel mondo, oltre i monti e oltre i mari: ascoltate!
Un'ora solenne sta per scoccare nella storia della Patria. Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze di tutta Italia. Mai si vide nella storia del genere umano, spettacolo più gigantesco. Venti milioni di uomini: un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola.

Da molti mesi la ruota del destino, sotto l'impulso della nostra calma determinazione, si muove verso la mèta... Non è soltanto un esercito che tende verso i suoi obiettivi, ma è un popolo intero di 44 milioni di anime, contro il quale si tenta di consumare la più nera delle ingiustizie: quella di toglierci un po' di posto al sole.
Quando nel 1915 l'Italia si gettò allo sbaraglio e confuse le sue sorti con quelle degli alleati, quante esaltazioni del nostro coraggio e quante promesse! Ma, dopo la Vittoria comune, alla quale l'Italia aveva dato il contributo supremo di 670.000 morti, 400.000 mutilati, e un milione di feriti, attorno al tavolo della pace esosa non toccarono all'Italia che scarse briciole del ricco bottino coloniale.

Abbiamo pazientato 13 anni durante i quali si è ancora più stretto il cerchio degli egoismi che soffocano la nostra vitalità. Con l'Etiopia abbiamo pazientato 40 anni! Ora basta!
Ma sia detto ancora una volta, nella maniera più categorica e io ne prendo in questo momento impegno sacro davanti a voi che noi faremo tutto il possibile perchè questo conflitto di carattere coloniale non assuma il carattere e la portata di un conflitto europeo.
Mai come in questa epoca storica il Popolo italiano ha rivelato le qualità del suo spirito e la potenza del suo carattere. Ed è contro questo Popolo al quale l'umanità deve talune delle sue più grandi conquiste, ed è contro questo Popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori, di trasmigratori, è contro questo Popolo che si osa parlare di sanzioni!

Rileggiamo i punti salienti di questo discorso. Anzitutto una legittimazione per volontà popolare. Mussolini sta decidendo per contro proprio, ma la presenza, presunta, di venti milioni di italiani adunati nelle varie piazze sposta su di essi la decisione del conflitto. In secondo luogo la decisione avviene perchè così vuole la ruota del destino. Il Duce, e gli italiani con lui, fanno quello che fanno perchè interpretano i decreti del Fato. In terzo luogo la volontà di impossessarsi della colonia etiopica viene presentata come la volontà di opporsi a un furto: essi vogliono toglierci un poco di posto al sole. In verità essi (e cioè i paesi europei che avevano dichiarato le sanzioni contro l'Italia) volevano che essa non prendesse qualcosa che non era suo.
Lasciamo perdere la domanda circa gli interessi nazionali che gli altri paesi perseguivano nell'opporsi all'invasione italiana. Sta di fatto che non volevano toglierci una nostra proprietà, si opponevano a che rubassimo quella altrui.

Ma ecco che emerge l'appello alla teoria del complotto. L'Italia proletaria è affamata dalla cospirazione delle potenze demo - pluto - giudaiche, ispirate naturalmente dal capitalismo ebraico. Infatti segue un appello alla frustrazione nazionalistica, con la ripresa del tema della vittoria mutilata. Noi abbiamo vinto una guerra mondiale e non abbiamo avuto quello a cui avevamo diritto. Di fatto avevamo esplicitamente fatto la guerra per riprenderci Trento e Trieste e li avevamo avuti. Ma glissons. E' solo con l'appello a una frustrazione comune (la sindrome del complotto prevede sempre un complesso di persecuzione) che si rende emotivamente necessario e comprensibile il colpo di scena finale: con l'Etiopia abbiamo pazientato quarant'anni e ora basta. Ci si potrebbe chiedere se anche l'Etiopia non avesse pazientato con noi, visto che noi andavamo a casa sua mentre essa non aveva nè l'idea nè la possibilità di venire a casa nostra. Ma tant'è, il colpo di scena funziona, la folla esplode in boati di soddisfazione perchè quando ce vo' ce vo'. In conclusione - e questa è una mossa retorica originale - la captatio benevolentiae non appare all'inizio ma alla fine. Questo popolo perseguitato e disprezzato la cui volontà deve legittimare l'invasione ha delle qualità di spirito e potenza di carattere, ed è per eccellenza popolo di poeti, artisti, eroi, santi e navigatori. Come se Shakespeare, i costruttori delle cattedrali gotiche, Giovanna d'Arco e Magellano fossero nati tutti tra Bergamo e Trapani.

Mussolini e Hitler non sono stati gli ultimi a riprendere la teoria del complotto. So che tutti in questo momento state pensando a Berlusconi, che della teoria rimane però un pallido ripetitore. Ben più preoccupante è la ripresa dei Protocolli e del complotto giudaico per giustificare il terrorismo arabo. Dopo decenni e decenni che i Protocolli sono stati dimostrati un falso (costruito gradatamente nell'Ottocento da gesuiti legittimisti, polizie segrete francese e russa), basta che visitiate i siti Internet in cui essi vengono riproposti e controlliate la diffusione anche ufficiale che hanno nel mondo arabo.

Per non intristirvi, vi citerò un'ennesima variazione della teoria, che apprendo da un articolo di Massimo Introvigne, studioso di sette di ogni genere, del gennaio scorso ("Il giornale", 17 gennaio 2004), "I Pokèmon? Sono un complotto giudaico-massonico". Pare dunque che il governo dell'Arabia Saudita avesse vietato i Pokèmon nel 2001. Ora una lunga fatwa dello shaykh Yusuf al-Qaradawi, del dicembre 2003 ci dà le motivazioni della sentenza saudita del 2001. Esiliato da Nasser negli anni 1970, al-Qaradawi vive in Qatar dove è considerato il più autorevole dei predicatori che parlano dalla rete televisiva al-Jazeera. Non solo: nel mondo cattolico ai massimi livelli molti lo considerano un interlocutore indispensabile nel dialogo con l'Islam. Ora questa autorità religiosa afferma che i Pokemon vanno condannati perchè "si evolvono", e cioè in determinate condizioni si trasformano in un personaggio con maggiori poteri. Attraverso questo espediente, assicura al-Qaradawi, "si instilla nelle giovani menti la teoria di Darwin", tanto più che i personaggi lottano "in battaglie dove sopravvive chi si adatta meglio all'ambiente: un altro dei dogmi di Darwin". Inoltre, il Corano vieta la rappresentazione di animali immaginari. I Pokèmon sono anche protagonisti di un gioco di carte, e questi giochi sono vietati dalla legge islamica come "residuati della barbarie pre-islamica". Ma nei Pokèmon si vedono anche "simboli il cui significato è ben noto a chi li diffonde, come la stella a sei punte, un emblema che ha a che fare con i sionisti e con i massoni e che è diventato il simbolo del canceroso e usurpatore Stato di Israele. Ci sono anche altri segni, come i triangoli, che fanno chiaro riferimento ai massoni, e simboli dell'ateismo e della religione giapponese". Questi simboli non possono che traviare i bambini musulmani, ed è questo il loro scopo. E' perfino possibile che certe frasi giapponesi dette velocemente nei cartoni animati significhino "Sono un ebreo" o "Diventa ebreo": ma la questione è "controversa" e al-Qaradawi non lo afferma con sicurezza. State attenti, per i fanatici il complotto e la cospirazione dell'Altro si annidano dappertutto.

Ritorniamo all'Austria e a Mussolini. In quei casi il casus belli, esisteva, sia pure magnificato ad arte. Ci sono casi in cui viene creato ex novo. Io non voglio partecipare - per rispetto delle diverse opinioni dei miei ascoltatori - alla discussione in corso sul fatto se Saddam avesse davvero le armi di distruzione di massa che hanno giustificato l'attacco all'Iraq. Mi rifaccio piuttosto ad alcuni testi di quei gruppi di pressione americani detti neo conservatori, i quali sostengono, non senza ragioni, che gli Stati Uniti, essendo il paese democratico più potente del mondo, ha non solo il diritto ma anche il dovere di intervenire per garantire quella che comunemente viene detta la pax americana.

Ora nei vari documenti elaborati dai neoconservatori si era da tempo fatta strada l'idea che gli Stati Uniti avevano dato prova di debolezza non portando a termine, ai tempi della prima guerra del Golfo, l'occupazione di tutto l'Iraq e la deposizione di Saddam e, specialmente dopo la tragedia dell'undici settembre, si sosteneva che l'unico modo per tenere a freno il fondamentalismo arabo fosse dare una prova di forza dimostrando che la più grande potenza del mondo era in grado di distruggere i suoi nemici. Pertanto si rendevano indispensabili l'occupazione dell'Iraq e la deposizione di Saddam, non solo per difendere gli interessi petroliferi americani in quella zona, ma per dare un esempio di forza e di temibilità.

Non intendo discutere questa tesi, che ha anche delle ragioni di Realpolitik. Ma ecco la lettera inviata al presidente Clinton il 26 gennaio 1998 dai massimi esponenti del Project for the New American Century, punta di diamante dei neo cons, e firmato tra gli altri da Francis Fukuyama, Robert Kagan e Donald Rumsfeld.

"Non possiamo più contare sui nostri alleati per continuare a far rispettare le sanzioni o per punire Saddam quando blocca o evade le ispezioni delle Nazioni Unite. Pertanto la nostra capacità di assicurare che Saddam Hussein non stia producendo armi di distruzione di massa è notevolmente diminuita. Anche se dovessimo ricominciare le ispezioni... l'esperienza ha dimostrato che è difficile se non impossibile tenere sotto controllo la produzione irachena di armi chimiche e batteriologiche. Poichè gli ispettori non sono stati in grado di accedere a molti impianti iracheni per un lungo periodo di tempo, è ancora più improbabile che riusciranno a scoprire tutti i segreti di Saddam... L'unica strategia accettabile è quella di eliminare la possibilità che l'Iraq diventi capace di usare o minacciare. Nel breve periodo questo richiede la disponibilità a intraprendere una campagna militare... Nel lungo periodo significa destituire Saddam Hussein e il suo regime... ... Crediamo che gli Stati Uniti siano autorizzati, all'interno delle esistenti risoluzioni dell'Onu, a compiere i passi necessari, anche in campo militare, per proteggere i nostri interessi vitali nel Golfo."
Il testo mi pare inequivocabile: per proteggere i nostri interessi nel Golfo dobbiamo intervenire; per intervenire bisognerebbe poter provare che Saddam ha armi di distruzione di massa; questo non potrà mai essere provato con sicurezza; quindi interveniamo in ogni modo. La lettera non dice che le prove debbono essere inventate, perchè i firmatari sono uomini d'onore. Come si vede questa lettera, ricevuta da Clinton nel 1998, non ha avuto nessuna influenza diretta sulla politica americana. Ma alcuni degli stessi firmatari scrivevano il 20 settembre 2001 al presidente Bush, e quando ormai uno dei firmatari della prima lettera era diventato ministro della difesa:
"E' possibile che il governo iracheno abbia fornito qualche forma di assistenza ai recenti attacchi contro gli Stati Uniti. Ma anche se non ci fossero prove che leghino direttamente l'Iraq all'attacco, qualunque strategia mirata a sradicare il terrorismo e i suoi sostenitori deve includere un impegno determinato a destituire Saddam Hussein."
Due anni dopo, il duplice pretesto delle armi e dell'assistenza al fondamentalismo musulmano è stato usato, con la chiara consapevolezza che, anche se le armi c'erano, la loro esistenza non era provabile, e che il regime dittatoriale di Saddam era laico e non fondamentalista. Ancora una volta, ripeto, non sono qui a giudicare la saggezza politica di questa guerra, ma ad analizzare le forme di legittimazione di un atto di forza.
Sinora abbiamo esaminato alcuni casi in cui la prevaricazione cerca una giustificazione puntuale, un casus belli, appunto. Ma l'ultimo passaggio del discorso mussoliniano cela un altro argomento, di antica tradizione, che potremmo così sintetizzare: "noi abbiamo il diritto di prevaricare perchè siamo i migliori". Nella sua retorica da autodidatta Mussolini non poteva che ricorrere all'affermazione piuttosto kistch che gli italiani erano popolo di poeti, santi e navigatori. Avrebbe avuto un ben più alto modello, ma non poteva farvi ricorso, perchè rappresentava una lode dell'odiata democrazia.

Il modello era il discorso di Pericle quando stava per iniziare la guerra del Peloponneso (riportato da Tucidide, La guerra del Peloponneso, II 60-4). Questo discorso è ed è stato inteso nei secoli come un elogio della democrazia, e in prima istanza è una descrizione superba di come una nazione possa vivere garantendo la felicità dei propri concittadini, lo scambio delle idee, la libera deliberazione delle leggi, il rispetto delle arti e dell'educazione, la tensione verso l'uguaglianza.
"Abbiamo una forma di governo che non emula le leggi dei vicini, in quanto noi siamo più d'esempio ad altri che imitatori. E poichè essa è retta in modo che i diritti civili spettino non a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi, per quanto riguarda gli interessi privati, a tutti spetta un piano di parità, mentre per quanto riguarda la considerazione pubblica nell'amministrazione dello Stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale... E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dall'oscurità del suo rango... Senza danneggiarci reciprocamente esercitiamo i rapporti privati e nella vita pubblica la reverenza soprattutto ci impedisce di violare le leggi, in obbedienza a coloro che sono nei posti di comando, e alle istituzioni poste a tutela di chi subisce ingiustizia, e in particolare a quelle che, pur essendo non scritte, portano a chi le infrange una vergogna da tutti riconosciuta...

E abbiamo dato al nostro spirito moltissimo sollievo dalle fatiche, istituendo abitualmente giochi e feste per tutto l'anno, e avendo belle suppellettili nelle nostre case private, dalle quali giornalmente deriva il diletto con cui scacciamo il dolore. E per la sua grandezza, alla città giunge ogni genere di prodotti da ogni terra, e avviene che noi godiamo dei beni degli altri uomini con non minor piacere che dei beni di qui.
... Amiamo il bello, ma con compostezza, e ci dedichiamo al sapere, ma senza debolezza; adoperiamo la ricchezza più per la possibilità di agire, che essa offre, che per sciocco vanto di discorsi, e la povertà non è vergognosa ad ammettersi per nessuno, mentre lo è assai più il non darsi da fare per liberarsene. Riuniamo in noi la cura degli affari pubblici insieme a quella degli affari privati, e se anche ci dedichiamo ad altre attività, pure non manca in noi la conoscenza degli interessi pubblici."

Ma a cosa mira questo elogio della democrazia ateniese, idealizzata al massimo? A legittimare l'egemonia ateniese, sugli altri suoi vicini greci e sui popoli stranieri. Pericle dipinge in colori affascinanti il modo di vita di Atene per legittimare il diritto di Atene a imporre la propria egemonia.
"Se i nostri antenati sono degni di lode, ancora di più lo sono i nostri padri: non senza fatica aggiunsero quel dominio che ora è nostro a quello che era stato lasciato loro, e cosi grande lo lasciarono a noi. Ma l'ampliamento del dominio stesso è opera nostra, di tutti quanti noi che ci troviamo nell'età matura e che abbiamo ingrandito la nostra città, sì da renderla preparata da ogni punto di vista e autosufficiente per la pace e per la guerra. ... Nelle esercitazioni della guerra noi differiamo dai nemici per i seguenti motivi. Offriamo la nostra città in comune a tutti, nè avviene che qualche volta con la cacciata degli stranieri noi impediamo a qualcuno di imparare o di vedere qualcosa (mentre un nemico che potesse vedere una certa cosa, quando non fosse nascosta, ne trarrebbe un vantaggio). Chì la nostra fiducia è posta più nell'audacia che mostriamo verso l'azione (audacia che deriva da noi stessi), che nei preparativi di difesa e negli inganni. E nell'educazione, gli altri subito fin da fanciulli cercano con fatiche ed esercizi di raggiungere un carattere virile, mentre noi, pur vivendo con larghezza, non per questo ci rifiutiamo di affrontare quei pericoli in cui i nostri nemici sono alla nostra altezza. Eccone la prova: neppure i Lacedemoni invadono la nostra terra da soli, ma insieme a tutti gli alleati, e quando noi assaliamo da soli i nostri vicini, di solito non duriamo fatica a vincere in una terra straniera, combattendo con della gente che difende i propri beni. Le nostre forze unite per ora nessun nemico le ha incontrate, perchè noi siamo occupati con la flotta, e contemporaneamente per terra facciamo numerosi invii di truppe nostre, in molte imprese. Se si scontrano con una piccola parte di noi e la vincono, si gloriano di averci respinti tutti, mentre se sono vinti si vantano di esserlo stati da tutti noi. Eppure, se noi siamo disposti ad affrontare pericoli più col prendere le cose facilmente che con un esercizio fondato sulla fatica, e con un coraggio generato in noi non più dalle leggi che dal nostro modo di agire, da questo fatto ci deriva il vantaggio di non affaticarci anticipando i dolori che ci attendono, e di non apparire, quando li affrontiamo, più timidi di coloro che sempre si mettono a dura prova, e per la nostra città il vantaggio di esser degna di ammirazione per questa e per altre cose."
Questa è un'altra figura, e forse la più avveduta, della retorica della prevaricazione: noi abbiamo il diritto di imporre la nostra forza sugli altri perchè incarniamo la forma migliore di governo che esista. Ma lo stesso Tucidide ci offre un'altra e estrema figura della retorica della prevaricazione, la quale non consiste più nel trovare pretesti e casus belli, ma direttamente nell'affermare la necessità e l'inevitabilità della prevaricazione.

Nel corso del loro conflitto con Sparta gli Ateniesi fanno una spedizione contro l'isola di Melo, colonia spartana che era rimasta neutrale. La città era piccola, non aveva dichiarato guerra ad Atene, nè si era alleata con i suoi avversari. Bisognava dunque giustificare quell'attacco, e prima di tutto mostrare che i Meli non accettavano i principi della ragionevolezza e del realismo politico. Pertanto gli Ateniesi mandano una delegazione ai Meli e li avvertono che non li distruggeranno se essi si sottometteranno. I Meli rifiutano, per orgoglio e senso della giustizia (oggi diremmo: del diritto internazionale) e nel 416 a. C, dopo un lungo assedio, l'isola viene conquistata. Come scrive Tucidide, "gli ateniesi uccisero tutti i maschi adulti caduti nelle loro mani e resero schiavi i fanciulli e le donne". E' Tucidide stesso (ne La guerra del Peloponneso) a ricostruirci il dialogo tra Ateniesi e Meli, che ha preceduto l'attacco finale.

Ascolterete il dialogo nel corso delle letture che seguiranno, ma riprendiamone i punti fondamentali. Gli Ateniesi dicono che non faranno un discorso lungo e poco convincente, sostenendo che è giusto per loro esercitare la loro egemonia perchè hanno sconfitto i Persiani, oppure dicendo che ora esercitano un diritto di rappresaglia perchè i Meli hanno fatto torto agli ateniesi. Rifiutano il principio del casus belli, non si comportano inabilmente come il lupo di Fedro. Semplicemente invitano i Meli a trattare partendo dalle vere intenzioni di ciascuno, perchè i principi di giustizia sono tenuti in considerazione solo quando un'eguale forza vincola le parti, altrimenti "i potenti fanno quanto è possibile e i deboli si adeguano". Si noti che in effetti, così dicendo gli Ateniesi affermano, negandolo, che così fanno proprio perchè le loro vittorie sugli Spartani gli hanno assicurato il diritto di dominare sulla Grecia, e perchè i Meli sono coloni dei loro avversari. Ma di fatto, e con straordinaria lucidità - vorrei dire onestà, ma forse l'onestà è di Tucidide che ricostruisce il dialogo - spiegano che faranno quel che faranno perchè il potere è legittimato solo dalla forza...
I Meli, visto che non riescono ad appellarsi a criteri di giustizia, rispondono seguendo la logica stessa dell'avversario, e si rifanno a criteri di utilità, cercando di persuadere gli invasori che, se poi Atene dovesse essere sconfitta nella guerra contro gli spartani, rischierebbe di sopportare la dura vendetta delle città ingiustamente attaccate come Melo. Rispondono gli Ateniesi:
"Lasciate a noi di correre questo rischio; piuttosto vi mostreremo che siamo qui per sostenere il nostro dominio e che ora faremo le nostre proposte per la salvezza della vostra città, perchè vogliamo dominarvi senza fatiche e conservarvi sani e salvi nel vostro e nel nostro interesse."
Dicono i Meli: "E come potrebbe essere utile per noi essere schiavi, come è utile per voi dominare?" E gli Ateniesi: "Perchè voi invece di subire le estreme conseguenze diventereste sudditi, e noi ci guadagneremmo a non distruggervi..." Chiedono i Meli: E se ce ne restiamo fuori ma senza essere alleati di nessuna delle due parti? Ribattono gli Ateniesi: "No, perchè la vostra ostilità non ci danneggia quanto la vostra amicizia. La vostra amicizia sarebbe prova di una nostra debolezza, mentre il vostro odio lo è della nostra forza."
In altri termini: scusate tanto, ma ci conviene più sottomettervi che lasciarvi vivere, così saremo temuti da tutti.
I Meli dicono che non pensano di poter resistere alla loro potenza ma che malgrado tutto hanno fiducia di non soccombere perchè, devoti degli dèi, si oppongono all'ingiustizia. Gli dèi?- rispondono gli ateniesi - Con le nostre richieste o con le nostre azioni non facciamo assolutamente nulla che contrasti con la credenza degli uomini nella divinità... Siamo convinti che tanto l'uomo che la divinità, dovunque hanno potere, lo esercitano, per un insopprimibile impulso della natura. E non siamo noi che abbiamo imposto questa legge, nè siamo stati i primi ad applicarla quando già esisteva. Essa esisteva quando noi l'abbiamo ereditata ed esisterà in eterno. Anche voi, come altri, agireste esattamente come noi, se aveste la nostra stessa potenza.
E' lecito sospettare che Tucidide, pur rappresentando con onestà intellettuale il conflitto tra giustizia e forza, alla fine convenga che il realismo politico stia dalla parte degli ateniesi. In ogni caso ha messo in scena l'unica vera retorica della prevaricazione, che non cerca giustificazioni fuori di sè. La persuasione si identifica con la captatio malevolentiae: "nanerottolo, o mangi questa minestra o salti quella finestra".

La storia non sarà altro che una lunga, fedele e puntigliosa imitazione di questo modello, anche se non tutti i prevaricatori avranno il coraggio e la lucidità, come abbiamo visto, dei buoni Ateniesi.

Il Virus inventato

Leggere:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_alternative_sull%27AIDS
http://it.wikipedia.org/wiki/Teorie_del_complotto_sull%27AIDS
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27epidemia_di_HIV/AIDS

Da "http://www.ilvirusinventato.it/" :

Data realizzazione : Luglio 2001
Ultimo aggiornamento: Maggio 2002

Il nome di questo sito è un omaggio al Dott. PETER DUESBERG, direttore del laboratorio di Biologia Molecolare dell'Università di Berkeley in California, pioniere e principale protagonista della lotta alle falsa teoria virale dell'AIDS. Suo il principale libro scritto dai dissidenti: "Inventing the AIDS virus" edito in italiano da Baldini e Castoldi col titolo "AIDS - Il Virus Inventato". La storia di Peter Duesberg, "probabilmente lo scienziato vivente più diffamato in assoluto" (Il direttore del periodico medico The Lancet) è stata presentata da Massimiliano Bucchi nella sua relazione "Eresia e censura nella scienza: il caso AIDS" al convegno Scienza e Democrazia tenuto a Napoli il 20 Aprile 2001.


La truffa AIDS/HIV: le cose che non vi hanno mai detto.


Questo sito nasce a seguito di una ricerca sull'AIDS, avviata per approfondire la conoscenza di un argomento che riguarda tutti, dopo aver sentito alcune storie di persone "sieropositive" in piena salute che hanno cominciato a star male nel momento in cui è iniziata la cura con i farmaci antiretrovirali. Si poteva pensare a semplice coincidenza oppure ipotizzare una qualche relazione tra i due eventi: la logica e un po' di sano scetticismo ci hanno spinto verso l’indagine. Abbiamo quindi condotto una ricerca approfondita sull’argomento, e siamo arrivati dove non potevamo immaginare: ciò che credevamo vero da sempre, dal 1984, si è rivelato incoerente ridicolo e criminale; altre posizioni sono affiorate, un mondo di scienziati, medici, giornalisti e politici impegnati in una battaglia contro l’establishment per combattere un mostro che ha arricchito alcuni, ucciso molti, condizionato o terrorizzato tutti.Il quadro che si è delineato nel corso della nostra ricerca è estremamente complesso, gli aspetti clinici e sanitari del problema sono profondamente collegati a quelli sociali economici e politici. Non ci proponiamo quindi, in questo spazio, di fornire un’analisi completa ed esaustiva del fenomeno, ma piuttosto di indicare al lettore una prospettiva diversa, abbozzando gli aspetti principali della storia e fornendo indicazioni per reperire tutte le informazioni necessarie per validare e completare personalmente il quadro.

Premessa
Quando parliamo di AIDS usiamo due concetti basilari: "malato asintomatico" e "sieropositivo". Sono intimamente collegati. Un malato asintomatico è una persona in cui non c'è nessuna evidenza, nessun sintomo, nessun segno della malattia: insomma uno che non è malato se non sulla base di un foglio di carta dove c'è scritto positivo. E anche la sieropositività è basata soltanto sulla stessa parola scritta sullo stesso foglio di carta. E quella parola è solo il risultato di un test. I medici sono stati espropriati della possibilità di fare una diagnosi, non c'è più confronto, non c'è più la possibilità che uno dica si e un altro no. La diagnosi la fa esclusivamente il sistema sanitario/farmaceutico che brevetta, approva e produce i test. E' evidente che il concetto di malato asintomatico sieropositivo è contraddittorio e che tutto l'insieme è estremamente pericoloso: il test decide, al di là di ogni evidenza, se una persona è sana o malata.

Il Malato di AIDS   Due posizioni a confronto    Ricerche avanzate sull’HIV
La voce di un Nobel  L’AIDS e la legge         Sudafrica
L’Africa    La CIA Terapie antiretrovirali
AZT and friends  lI piccolo testimonial africano Il virus che non è un virus
Associazioni e siti Libri Pagine WEB
Il Problema Demografico L'AIDS in California Email



Il Malato di AIDS

Un soggetto viene classificato malato conclamato di AIDS quando si verificano due condizioni:

  • presenta i sintomi di almeno una delle 29 patologie considerate possibili conseguenze, come Polmonite, Tubercolosi, Linfoma, Diarrea, Herpes Simplex, Sarcoma di Kaposi, Candidiasi, etc..
  • è positivo al test HIV (Human Immunodeficiency Virus).
Se il soggetto è positivo al test ma sta bene viene considerato malato asintomatico. L’eventuale successiva comparsa dei sintomi di cui sopra cambierà la sua classificazione in malato conclamato. Se il soggetto presenta i sintomi di una delle patologie in elenco ma non è positivo al test non è malato di AIDS. L’eventuale successiva risposta positiva al test cambierà la sua classificazione in malato conclamato. Pertanto un malato di polmonite o tubercolosi negativo al test è solo malato di polmonite o tubercolosi. Mentre un malato di polmonite o tubercolosi positivo al test è malato di AIDS. E’ subito evidente che il test HIV ha un ruolo centrale nella diagnosi di AIDS.

Due posizioni a confronto
1. La posizione ufficiale:
  • il virus HIV è la causa dell’AIDS, che è quindi una patologia infettiva.
  • un test individua la presenza degli anticorpi e quindi del virus.
  • il virus può avere un periodo di latenza fino a decine di anni.
  • i sieropositivi (positivi-al-test) si ammaleranno e moriranno
  • i farmaci antiretrovirali (AZT in testa) combattono la diffusione del virus e allungano la vita.
  • alcuni sieropositivi non hanno sintomi perchè il virus è latente
  • anche i sieropositivi asintomatici devono prendere i farmaci quanto prima.
2. La posizione dei dissidenti:
  • il virus HIV non è stato mai isolato, probabilmente neanche esiste, l’AIDS non è causato da un virus e non è quindi una patologia infettiva.
  • l’AIDS è causato da un complesso di fattori (droghe pesanti, superesposizione ad agenti patogeni, farmaci) fortementi presenti in certi stili di vita, che alla lunga distruggono il sistema immunitario.
  • i test HIV non sono specifici e non è chiaro che cosa individuino.
  • la risposta positiva al test non è indice di niente e non giustifica alcuna terapia.
  • i farmaci antiretrovirali sono inutili in quanto non c’è nessun virus da combattere, e soprattutto letali perchè possono portare alla morte in pochi mesi distruggendo in particolare il sistema immunitario.
  • i malati di AIDS devono sospendere l’esposizione ai fattori patogeni, curarsi per le patologie specifiche di cui soffrono, seguire nel contempo terapie di sostegno per consentire al loro sistema immunitario il recupero.
  • i farmaci antiretrovirali hanno trasformato in malati di AIDS individui altrimenti sani che hanno avuto la sfortuna di risultare positivi-al-test.
In altre parole i dissidenti accusano l’establishment sanitario di adottare terapie che:
  • non curano i malati "veri" di AIDS ma anzi ne affrettano o ne causano la morte.
  • portano alla malattia e/o alla morte per AIDS malati "inventati", soggetti sani risultati positivi-al-test.
Il paradigma dell’ortodossia è: HIV = AIDS = MORTE
Il paradigma della dissidenza è: TEST Positivo = CURA = MALATTIA e/o MORTE
Ora questo fenomeno ha interessato ad oggi circa duemilioniottocentomila persone in tutto il mondo (fonte: WER - Weekly Epidemiological Record – OMS - bollettino n. 49 del 7 Dicembre 2001 – Totale malati registrati in tutto il mondo dall’inizio ad oggi: 2.784.317); se è vero quanto sopra allora stiamo forse parlando di uno dei più atroci crimine contro l’umanità dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. Ma non contro l’umanità in genere: quasi esclusivamente contro omosessuali, tossicodipendenti e neri. Un virus altamente selettivo, come nessun altro prima, tanto da potervi vedere uno strumento di pulizia etnica al servizio dell’uomo bianco e puritano.

Ricerche avanzate sull’HIV.

In Australia un gruppo di ricercatori del Royal Perth Hospital, definito "The Perth Group", ha concentrato le proprie ricerche sull’isolamento dell’HIV e sulla validità dei test ELISA (test di primo livello, il più utilizzato), Western Blot (secondo livello, considerato più attendibile) e Viral Load (l'ultimo apparso); hanno concluso le loro ricerche affermando che nessuno dei lavori pubblicati dimostra che l’HIV sia stato isolato e che i tre test non provano affatto la presenza del virus HIV nei campioni di sangue sottoposti a test.

La voce di un Nobel.

Il Dottor Kary Mullis ha ricevuto il premio Nobel nel 1993 per aver inventato un procedimento, la PCR (Polymerase Chain Reaction), che permette di identificare un segmento di codice genetico (una specifica sequenza di nucleotidi) eventualmente presente in un campione ed amplificarne la concentrazione per facilitare all’osservatore la sua individuazione. Per poter completare una sua relazione ha cercato inutilmente documenti scientifici che contenessero la prova che il virus HIV sia la causa dell’AIDS. Da allora non si stanca di ripetere, senza essere mai stato smentito, che non esiste un solo documento scientifico che contenga tale prova. La scienza ha le sue regole, e nessuno può sostenere di aver scoperto qualcosa se non rende disponibile una documentazione completa ed esauriente che consenta ad altri di confermare o confutare la sua scoperta. È paradossale e preoccupante che un migliaio di scienziati sparsi per il mondo stiano lottando per dimostrare che l’ipotesi HIV=AIDS sia falsa, quando nessuno ha ancora dimostrato che è vera. D’altronde se qualcuno avesse isolato il virus HIV ed avesse provato il rapporto causale tra l’HIV e l’AIDS avrebbe con ogni probabilità ricevuto per tale scoperta il Nobel per la medicina. Non ci risulta che tale Nobel sia stato ad oggi assegnato.
L’AIDS e la legge. 
La corte di Dortmund, il 15 Gennaio 2001, ha emesso una sentenza di condanna ad 8 mesi, con sospensione della pena, in un procedimento per Genocidio (Legge § 220a StGB) contro le Autorità Sanitarie Federali Tedesche e contro il Parlamento della Repubblica Federale Tedesca. Le autorità sanitarie erano accusate di aver diffuso informazioni e foto false relative all’isolamento del virus HIV; il Parlamento Tedesco era accusato di aver assecondato tali menzogne nonostante fosse a conoscenza dal 1994 del fatto che il virus HIV non è mai stato isolato, e che conseguentemente nessun test poteva essere approvato ed utilizzato per definire infette persone che, sane prima del test, sono poi morte dopo un trattamento con farmaci antiretrovirali. La tesi dell’accusa, e cioè che ne Montagnier (1983) ne Gallo (1984) avevano isolato alcun virus in connessione con l’AIDS e che il Bundestag era dal 1994 a conoscenza di tale fatto, è stata provata sulla base di un documento registrato negli archivi del German Bundestag stesso col numero DS 12/8591.Dopo la sentenza i ricorrenti hanno indirizzato una lettera nella quale descrivono le motivazioni e le conclusioni del procedimento legale a:

  • ONU, Office of the High Commissioner for Human Rights, Mary Robinson
  • Tutti i capi di Stato e tutti i capi di Governo
  • Tutte le Organizzazioni Governative

Sudafrica. 
L’attuale Presidente Sudafricano Thabo Mbeki, subentrato a Nelson Mandela il 16 Giugno 1999, sta combattendo da ormai due anni una battaglia, contro il potere politico/economico dell’ortodossia sanitaria occidentale, sul tema dell’AIDS: ha voluto una commissione presidenziale mista ortodossi e dissidenti appositamente istituita col compito di affrontare gli aspetti più controversi dell’AIDS, come la non specificità del test o la tossicità dei farmaci antiretrovirali. Il 3 Aprile 2000 il Presidente Mbeki ha indirizzato una lettera a tutti i Leaders del Mondo per spiegare la posizione del Governo Sudafricano sull’epidemia sub-sahariana di AIDS. In sostanza ha ringraziato per la disponibilità del mondo occidentale, ha sottolineato come l’AIDS in Africa sia un fenomeno specifico e profondamente diverso da quello occidentale, ha affermato che sarebbe assurdo e illogico imporre l’esperienza occidentale alla realtà africana, e che quindi il problema deve essere affrontato e risolto dall’Africa in modo autonomo. Nel frattempo i farmaci antiretrovirali non sono compresi nelle terapie per l’AIDS utilizzate dal sistema sanitario sudafricano, ne da quelli di diversi altri paesi a sud del Sahara che appoggiano l’iniziativa del Presidente Mbeki, nonostante la recente e reclamizzata vittoria giudiziaria contro Big Pharma. Questa scelta ha scatenato una campagnia diffamatoria internazionale contro il Presidente Mbeki, veicolata ai massimi livelli in Gran Bretagna con accuse infamanti tramite:

  • The Observer: "Mbeki lascia morire nel dolore i bambini malati di AIDS"
  • The Times: "Mbeki soffre di un complesso di persecuzione"
  • The Telegraph: "L’Africa dovrebbe essere ricolonizzata"
  • The Sunday Times: "Mbeki nemico della gente"
  • International Herald Tribune: " Il Sudafrica rifiuta un prestito di un miliardo di US$ per comprare farmaci antiretrovirali"
La GlaxoSmithKline (già Barrough Wellcome e poi Glaxo Wellcome), produttrice dell’AZT, il più tristemente famoso dei farmaci antiretrovirali, e di tanti altri farmaci dello stesso tipo, leader mondiale nel commercio di farmaci HIV/AIDS è una multinazionale inglese. In questo scenario, che fa del Presidente Mbeki il leader di un nuovo tentativo di indipendenza e rinascita dell’Africa, l’ex Presidente Nelson Mandela si è apertamente schierato con le tesi dei poteri forti occidentali, sostenendo la teoria virale dell’AIDS e la necessità di utilizzare i farmaci antiretrovirali.


L’Africa. 
Il Dott. David Rasnick, membro della Commissione Presidenziale Sudafricana, ha descritto l’epidemia africana di AIDS con le seguenti parole: "Se si smettesse di usare il test HIV l’epidemia africana di AIDS scomparirebbe". Il WHO (World Health Organization) produce un bollettino settimanale chiamato WER (Weekly Epidemiological Record) nel quale vengono riportati i totali cumulativi di tutti i casi di HIV/AIDS registratati in ciascun paese del mondo, totalizzati per paese e continente:

  • Bollettino n. 47 del 26 Novembre 1999 - totale casi HIV/AIDS registrati in Africa dall’inizio dell’epidemia al Nov. 1999: 794.444
  • Bollettino n. 47 del 24 Novembre 2000 - totale casi HIV/AIDS registrati in Africa dall’inizio dell’epidemia al Nov. 2000: 876.009
  • Bollettino n. 49 del 07 Dicembre 2001 - totale casi HIV/AIDS registrati in Africa dall’inizio dell’epidemia al Dic. 2001: 1.093.522

Come si vede i casi registrati in Africa negli ultimi due anni sono 299.078. Davvero poca cosa se si pensa che in Africa vivono 760 milioni di persone e ne muoiono più di 10 milioni all’anno, di cui un milione per malaria. Purtroppo il WHO preferisce dare evidenza alle stime invece che ai dati ricevuti dai paesi interessati, ed ecco allora comparire 30/40 milioni di malati ed avviare una crociata contro questo flagello biblico. L’epidemia vera è quella di menzogne. In Africa esistono da sempre patologie tipiche della povertà e molto diffuse: aggiungiamo il test che risulta tendenzialmente positivo in presenza di una qualche patologia (vedere la lista dei fattori che possono causare una risposta positiva al test HIV) e il gioco è fatto. Chi prima moriva di tubercolosi o diarrea oggi muore di AIDS. Nessun problema, l’uomo bianco dispone della medicina giusta. Ma è troppo costosa, i paesi africani non possono permettersela. Nessun problema, l’uomo bianco ha anche la banca mondiale e può concedere prestiti molto vantaggiosi per acquistare le miracolose medicine occidentali.
 

La CIA.

Il 1 Maggio 2000 la Casa-Bianca ha dichiarato l’AIDS una minaccia per la sicurezza nazionale, e ha dato con ciò mandato alla CIA per gestire ufficialmente la faccenda. Viene spontaneo pensare che la minaccia sia rappresentata dalla diffusione dell’epidemia negli USA, ma non è cosi: i dati del CDC (Center for Disease Control) mostrano che i casi di AIDS negli ultimi anni sono calati notevolmente, e sono circa il 30% rispetto al picco degli anni 92/93. Il problema non è quindi la crescita del fenomeno, ma, per quanto paradossale e grottesco possa apparire, l’esatto contrario, la sua eventuale scomparsa. Sono ormai così imponenti gli interessi economici politici e burocratici legati al virus HIV che la sua morte prematura potrebbe sconvolgere parecchi equilibri:
  • 100.000 ricercatori e medici, in buona parte americani, hanno carriere e stipendi legati al virus.
  • 93 miliardi di US$ (oltre 200.000 miliardi di lire) sono stati stanziati fino ad oggi nei soli Stati Uniti per le ricerche sull’AIDS.
  • più di 1000 associazioni raccolgono in totale migliaia di miliardi di lire all’anno per aiutare i malati di AIDS.
  • alcune decine di migliaia di miliardi di lire all’anno impinguano i bilanci delle multinazionali del farmaco con la vendita dei farmaci "salvavita" antiretrovirali e dei test HIV (ELISA, Western Blot, Viral Load)
  • organismi come USAID (U.S. Agency International Development) UNAIDS (United Nations AIDS program), WHO (World Health Organization), ricevono stanziamenti annuali di migliaia di miliardi di lire per combattere l’AIDS. L’ONU ha appena chiesto uno stanziamento di 20.000 miliardi di lire per affrontare l’emergenza.
C’è da credere che tale virus sarà tenuto in vita artificialmente per parecchio tempo. C’è anche da credere che la successione temporale tra la lettera del Presidente Mbeki e l’annuncio della Casa Bianca non sia pienamente casuale. D’altronde lo stesso Mbeki ha apertamente accusato la CIA e le multinazionali del farmaco di aver orchestrato la campagna di discredito nei suoi confronti. Tutto ciò non deve stupire. Il dissenso ha ripetuto le proprie critiche per 16 anni senza che l’establishment scientifico e gli interessi che esso rappresenta, e da cui è sostenuto, si sentissero minimamente minacciati, visto il loro enorme potere e la conseguente capacità di emarginare e imbavagliare i settori della scienza non graditi. Ma ora il Presidente Mbeki con la sua Commissione mista sull’AIDS ha dato voce alla dissidenza, e la recente relazione (Presidential AIDS Advisory Panel Report), pubblicata nel mese di Marzo 2001, prevede 10 progetti di ricerca che potrebbero seppellire la teoria ufficiale sull’ipotesi virale dell’AIDS. Forse si capisce come mai, in questi ultimi mesi, il tam-tam mediatico sui 30 milioni di malati africani ha suonato senza tregua al massimo del volume.


Terapie antiretrovirali. 
Il DHHS (U.S.A. Department of Health and Human Services) ha dal 5 Febbraio 2001 modificato le direttive sanitarie relative all'utilizzo dei farmaci antiretrovirali (Guidelines for the Use of Antiretroviral Agents in HIV-Infected Adults and Adolescents), affermando che forse non è il caso di utilizzarli su pazienti asintomatici non essendo chiaro se i "vantaggi" bilanciano gli effetti tossici. Ha con ciò abbandonato una filosofia terapeutica in auge dal 1987, anno in cui la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l'utilizzo dell'AZT, filosofia riassunta nelle parole "hit hard and hit early" (colpisci duro e colpisci presto) sulla base della quale persone positive-al-test assolutamente sane, sono state messe in cura con terapie a base di farmaci allungavita: spesso la morte è sopravvenuta nel giro di pochi mesi. I nuovi indirizzi prevedono che la terapia venga prescritta al presentarsi di qualche segno della malattia e non per la sola condizione di sieropositività. Con ciò si ammette che il sieropositivo non è più un malato e non corre alcun rischio. Si deve considerare che il primo test HIV è stato introdotto nel 1984 ed in quell'anno sono comparsi i primi sieropositivi destinati ad ammalarsi, si diceva allora, entro 1-2 anni. Col passare degli anni, e dell'invecchiamento in salute di sieropositivi che hanno scelto di non assumere farmaci antiretrovirali e la cui vita si è "allungata spontaneamente", il periodo di latenza si è dovuto estendere inesorabilmente ed è adesso stimato in decine di anni. Col periodo di latenza lungo ormai quanto una vita le direttive sanitarie che prevedevano la terapia da subito erano diventate ingiustificabili. E non è quindi più sostenibile che i pazienti di una volta "sarebbero" morti senza terapia. Prima o poi qualcuno dovrà rispondere ad alcune domande: spiegare come mai i positivi-al-test asintomatici fino a ieri sono stati terrorizzati, e come mai quelli che sotto terrore hanno accettato la cura sono per lo più morti, mentre quelli che hanno resistito e non sono stati curati sono vivi e non si sono ammalati di AIDS. Esemplare è la storia di Christine Maggiore positiva-al-test asintomatica dal 1992 quando i risultati di un test le cambiarono, giovanissima, la vita. Superato il trauma della sentenza "da 5 a 7 anni di vita, trattamento con AZT da subito", ha iniziato la sua personale via crucis tra un medico e l'altro, finchè dopo circa un anno l'incontro con la dissidenza l'ha condotta fuori dall'incubo. Da quel momento, sfuggita al sistema sanitario, ha dedicato la sua vita alla causa: con altri positivi-al-test come lei ha fondato un'associazione "Alive and Well" (vivi e vegeti) che ha lo scopo di fornire informazioni a quelli che devono, come lei ha fatto, fare una scelta. Ha realizzato un sito, ha scritto un libro, ha incontrato un uomo che ama, hanno avuto un bambino che ora ha 5 anni. È sempre positiva-al-test. La sua vita valeva per Big Pharma alcune decine di migliaia di dollari.


AZT and friends (Medicines from Hell). 
L’AZT (Azidotimidina, Zidovudina, Retrovir) fu messo a punto nel 1964 da un ricercatore della Cancer Foundation di Detroit, Jerome Horwitz . E’ una forma alterata della Timina, uno dei quattro nucleotidi che costituiscono i filamenti del nostro DNA. A differenza della Timina ha un solo legame per cui sostituendosi al nucleotide originale impedisce l’aggiunta di ulteriori nucleotidi al filamento in formazione interrompendo il processo di duplicazione del DNA. Quindi l’AZT, impedendo alla cellula di copiare il proprio DNA ne blocca il processo di duplicazione, e impedisce così la formazione di nuove cellule. L’AZT non fa differenza tra cellule sane, cancerose o virus. Per cui se da una parte può arrestare la duplicazione di quelle malate o dei virus, dall’altra blocca tutti i processi vitali devastando l’organismo. La sostanza si rivelò talmente tossica (letale) che Horwitz neanchè ne chiese il brevetto, e archiviò la documentazione. L’AZT usci dalla polvere nel 1986 e fu approvato dalla FDA nel 1987, dopo una sperimentazione truffa (Vedi Poison by Prescription: The AZT Story – John Lauritsen). Tra le conseguenza della somministrazione di AZT ci sono: distruzione del sistema immunitario, distruzione del midollo osseo, distruzione dei tessuti e della flora batterica intestinale, atrofia dei muscoli, danni al fegato al pancreas alla pelle al sistema nervoso, linfoma. Della categoria degli pseudo nucleotidi fanno parte oltre all’AZT i successivi 3TC (Epivir), D4T (Zerit), ddC (Hivid), ddI (Videx) e ABC (Ziagen): il loro funzionamento è analogo, così come le conseguenze. A partire dal 1996 all’utilizzo di un singolo farmaco si è sostituito un "cocktail" di farmaci (HAART – Highly Active Antiretroviral Therapy) unendo agli pseudo nucleotidi gli inibitori della proteasi, un enzima necessario alla separazione di segmenti proteici. In tal modo, ancora una volta si impediscono delle attività biologiche necessarie sia alla formazione di nuove copie dei virus che al corretto funzionamento delle nostre cellule, con effetti tossici devastanti. Fanno parte di questa categoria: Invirase, Fortovase, Agenerase, Kaletra. Se l’HIV-AIDS fosse una sentenza inappellabile di morte da virus, come la teoria ufficiale sostiene, l’utilizzo delle sostanze antiretrovirali, le cui caratteristiche tossiche sono evidenti e riconosciute, potrebbe apparire come un male necessario. Ma se come, sostengono i dissidenti, non è un virus la causa dell’AIDS, allora la somministrazione di sostanze antiretrovirali è un atto criminale, genocidio, perpetrato secondo le seguenti modalità:

     
  • Positivi-al-test asintomatici morti: sono stati uccisi dal sistema sanitario con devastazioni e sofferenze indicibili.
  • Positivi-al-test asintomatici vivi: sono sottoposti dal sistema sanitario a danni e sofferenze ingiustificabili e rischiano di morire.
  • Positivi-al-test conclamati morti: alcuni sarebbero morti comunque ma senza una dose aggiuntiva di devastazioni e sofferenze; altri con le cure opportune avrebbero potuto guarire e sono quindi anch’essi vittime del sistema sanitario.
  • Positivi-al-test conclamati vivi: non sono curati opportunamente, sono sottoposti dal sistema sanitario a danni e sofferenze ingiustificabili e rischiano di morire.

Secondo Lauritsen, che ha condotto le analisi più approfondite sull’argomento, circa la metà delle persone trattate con le sostanze antiretrovirali appartengono al gruppo dei positivi-al-test perfettamente sani prima della "cura". Al momento ci sono alcune centinaia di migliaia di persone al mondo a cui vengono somministrate sostanze antiretrovirali. Fortunatamente i dosaggi delle sostanze antiretrovirali sono stati alleggeriti nel corso degli anni, e la somministrazione che era continuativa nei primi anni è oggi a cicli: questo ha ridotto fortemente la mortalità dei soggetti trattati allontanandola da una percentuale che è stata prossima al 100% per parecchi anni.

lI piccolo testimonial africano.

I telegiornali RAI del 1 Giugno 2001 hanno mandato un servizio per ricordare la morte di Nkosi Johnson, il bambino nero di 12 anni, dal corpo ischeletrito e straziato, che durante la conferenza sull’AIDS tenuta a Durban nel 2000 ha commosso la platea ed il mondo con le sue poche parole appena percettibili. Il cuore non può rimanere insensibile a quell’immagine. Lo sapevano bene gli organizzatori quando con lucido cinismo hanno deciso di utilizzarlo come testimonial e prova toccante della tragedia che vogliono imporre all’Africa e al mondo. È nato sieropositivo, ha detto il giornalista RAI, ma è stato fortunato perché all’età di 2 anni è stato adottato da una famiglia bianca ed ha potuto essere curato. Si, ha potuto prendere l’AZT prima ed il cocktail poi, ed il suo piccolo corpo martoriato ne mostrava con terribile evidenza gli effetti devastanti. Questo il giornalista RAI non l’ha detto, ne i telespettatori hanno potuto supporlo, e dieci milioni di persone sono rimaste convinte che quello strazio sia la conseguenza del terribile virus dell’AIDS. La storia è comparsa anche su "la Repubblica" del 2 Giugno. Nkosi ha preso 15 pillole al giorno per 9 anni, c’era scritto, (e cioè 49.275 pillole, più o meno il suo peso corporeo, circa 100.000 dollari) ma neanche una parola sulla possibilità che tutto quel veleno sia responsabile di quell’immagine di morte, scolpita sul suo corpo come un virus non avrebbe mai potuto fare. Tali sospetti, ancorchè concepiti, non potrebbero d'altronde essere espressi da parte di giornali che tramite l’inserto salute raccolgono miliardi con la pubblicità delle case farmaceutiche.

Il virus che non è un virus.
Il virus HIV a voler esser precisi non è un virus ma un retrovirus. La differenza è che i virus contengono DNA mentre i retrovirus contengono RNA: questo è un codice di servizio utilizzato dai processi cellulari per trasferire informazioni dal nucleo, dove risiede il DNA, ai ribosomi, dove si assemblano proteine.
I retrovirus sono andati di moda negli anni 70/80 e ne sono stati individuati ed isolati circa 200, tutti assolutamente innocui. Tutti meno quello HIV che oltre ad essere assolutamente terribile è anche l’unico mai isolato. Successive ricerche hanno confutato l’esistenza stessa dei retrovirus: le strutture biochimiche ed i processi enzimatici che avevano giustificato tale "scoperta" sono risultati appartenere alla cellula e non al presunto ospite. Ma dimentichiamo per un pò la nostra precisazione.
Si sa che i virus vengono combattuti dal sistema immunitario. Si sa che sono gli anticorpi ad identificare ed eliminare il virus, e si sa che solo gli anticorpi che hanno già ottenuto dei successi sul virus cominciano a duplicarsi incessantemente per costituire truppe specializzate sufficientemente numerose per affrontare ed eliminare il nemico. Si sa quindi che la presenza di anticorpi attesta la vittoria del sistema immunitario ed il superamento della malattia. Questo è vero sempre, meno che per l’HIV.
Si sa che all’infezione segue l’incubazione, durante la quale il virus si moltiplica rapidamente, fin quando la sua concentrazione porta al manifestarsi della malattia e all’attivazione del sistema immunitario: la prima battaglia è quella più difficile perché il nemico si presenta in forze avendo potuto, ancora sconosciuto, moltiplicarsi indisturbato. Dopo la prima sconfitta il virus può rimanere latente, guardato a vista, ed eventuali successivi scontri si risolvono rapidamente a favore del sistema immunitario: se c’è una battaglia che il virus può vincere questa è la prima, come l’esperienza insegna. Questo è vero sempre, meno che per l’HIV: in questo caso il virus viene sconfitto immediatamente dal sistema immunitario senza neanche mostrare segni della propria presenza, diventa latente per un tempo che può essere biblico, e si risveglia poi con conseguenze nefaste senza che il sistema immunitario possa opporre la benchè minima resistenza. Per spiegare questa sua particolare attitudine è stato definito un "lentivirus".
Lo si è anche definito "elusivo" e "mutante" per spiegare la sua capacità di non farsi individuare dagli scienziati o eliminare dagli pseudo nucleotidi (AZT). Poi vista questa sua supposta capacità si è potuto suggerire di utilizzare l’azione combinata di più farmaci (il cocktail HAART) con vantaggi evidenti per le case farmaceutiche che invece di farsi concorrenza possono spartirsi una torta ancora più grande.
Si sa che l’evoluzione ha impiegato un miliardo di anni per far assumere agli organismi unicellulari la nostra meravigliosa complessità. E va da se che per un miliardo di anni il sistema immunitario si è sviluppato vincendo tutte assolutamente tutte le sue battaglie contro i virus, altrimenti non saremmo qui a parlarne. E non ha usato l’AZT. Poi è arrivato l’HIV e quello che è stato vero per un miliardo di anni improvvisamente non lo è più.
Il vaccino è una forma indebolita del virus di cui mantiene le sembianze ma non l’intraprendenza: è insomma una specie di identikit che si fornisce al sistema immunitario per consentirgli di selezionare e allertare i suoi anticorpi migliori, quelli capaci di combattere con successo quel virus. Se mai il virus si presenta il sistema immunitario è già pronto e può agire rapidamente evitando l’insorgere della malattia. Il male viene combattuto comunque dagli anticorpi, non dal vaccino che serve solo per predisporre gli anticorpi giusti. Secondo la tesi ufficiale, tutti i soggetti infettati dall’HIV sviluppano spontaneamente gli anticorpi entro 2-4 settimane dall’infezione, tant’è che il test rileva proprio la presenza di tali anticorpi. A cosa potrà mai servire un vaccino per l’HIV è uno dei più grandi misteri della storia dell’umanità. Se poi consideriamo che questo virus è mutante il mistero si infittisce: quale identikit verrà fornito al sistema immunitario? Se poi ci ricordiamo che il virus HIV non è mai stato isolato allora possiamo solo pensare al miracolo: l’identikit di una entità che nessuno ha mai visto.
Tutte queste assurdità sono i sintomi evidenti di una grave malattia conclamata che ha colpito il sistema sanitario internazionale e l’ambiente scientifico collegato, un’infezione maligna che ha attaccato il rigore scientifico, l’onestà intellettuale, la correttezza professionale, e che ha lasciato spazio solo al potere e al guadagno, rivolgendo il sistema sanitario contro la sua stessa ragione di essere: curare i malati. Ma se il male si è potuto diffondere a tal punto è perché le nostre democrazie non hanno gli anticorpi giusti, il potere del sistema farmaceutico-sanitario non è controbilanciato da poteri altrettanto forti schierati dalla parte dei cittadini: i ministeri della sanità dei paesi occidentali nei 17 anni trascorsi hanno dato prova di essere pienamente asserviti agli interessi del sistema farmaceutico-sanitario internazionale, testimoniando così il livello di collusione ormai stabilitosi. Che fare? Cominciamo col diffondere informazione. E aiutiamo il Presidente Mbeki a difendere l’intelletto, la cultura, la sessualità, la sanità ed il buon senso da interessi criminali collocati un po’ ovunque ma principalmente oltreoceano.

Il problema demografico.
La società americana è multietnica, ma l’etnia doc è una sola, quella bianca e puritana che nel 19° secolo colonizzò con le armi il sud del paese muovendo i primi passi di una crociata-jihad-guerra santa, destinata ad affermare nel mondo la supremazia dello "spirito americano", dei suoi interessi regole e valori. Ma l’americano doc si riproduce poco, nelle grandi città è già minoranza, presto lo sarà nel paese, e già oggi è solo il 2,5% della popolazione mondiale. Popolazione mondiale che cresce invece rapidamente. Cosa accadrà tra 50-100-200 anni? Quanti abitanti avrà la terra per ciascun americano doc? Quanto inquineranno? Quanto forte sarà la pressione alle frontiere? E altre domande che menti esperte avranno sicuramente formulato, perché è lecito supporre che scienziati di ogni genere siano pagati oltreoceano per studiare il problema, individuarne le variabili, definire modelli matematici, sviluppare sistemi di simulazione, prevedere tutti gli scenari possibili, individuare il peggiore, definire gli interventi possibili per evitarlo, scegliere il più adatto, agire. Cosa potranno mai decidere di fare contro il pericolo demografico se non contenere l’aumento demografico. Come? Beh, ci sono solo due modi. Diminuire le nascite e aumentare le morti. E l’AIDS cosa c’entra? Beh, col terrore del contagio sessuale si potrebbe infilare un preservativo a tutti gli africani prima e a tutti gli asiatici poi. Con AZT & friends si potrebbero curare opportunamente tutti i positivi-al-test. Il test potrebbe essere tarato per ciascun paese in modo div……..
Ovviamente stavamo scherzando, questa è fantascienza, il dottor Stranamore è solo il personaggio di un film, abbiamo lasciato libera la fantasia e vedete da voi le conseguenze, quanti brutti pensieri. Dimentichiamo. Ma consentitemi prima un’ultima domanda. É pensabile che tutta questa follia sia tenuta in piedi solo per vendere un pò di farmaci agli africani? Ha senso inventare un’epidemia per vendere farmaci in un continente pieno di epidemie? Se lo scopo era vendere farmaci non si potevano affrontare le epidemie storiche di tubercolosi, polmonite, malaria, diarrea, per cui muoiono 3,5 milioni di africani ogni anno, con lo stesso spirito di crociata mostrato quotidianamente per l’AIDS? Perchè i farmaci tradizionali no e gli antiretrovirali si? Avete una risposta?
(Libero adattatamento delle tesi sostenute in World Without AIDS (Credence Publications) da Steven Ransom & Plillip Day. Visitare anche la pagina Watch out Africa.)

L'AIDS in California.
In questo Stato, che ha una popolazione di circa 31 milioni di abitanti, l'AIDS ha avuto sia una diffusione superiore a quella media dei paesi occidentali, sia una una contrazione più rapida di quella in atto negli stessi. I dati della tabella riportata sotto possono avere due interpretazioni diametralmente opposte a seconda della premessa:
A. Il virus HIV esiste, causa l'AIDS, ed il test è specifico ed affidabile. I dati dicono che:
  • le terapie sono diventate più efficaci con il passare degli anni e hanno ridotto sempre più i casi di morte dovuti alla presenza del virus.
  • la prevenzione e l'efficacia delle terapie hanno ridotto fortemente i casi di nuove infezioni.
B. Il virus HIV non esiste, non è la causa dell'AIDS, il test è fasullo. I dati dicono che:
  • le terapie sono divenute con gli anni meno letali e si è ridotto il numero di morti dovute alla loro somministrazione.
  • la forte presenza di controinformazione sul territorio ha allontanato le persone dal meccanismo di alimentazione del fenomeno: i test HIV.
Stato della California.
Fonte: www.aids-statistics.com (*)
 
Anno
Casi AIDS
Morti AIDS
>1982
306
291
1983
708
682
1984
1,409
1,358
1985
2,586
2,495
1986
4,073
3,918
1987
5,678
5,389
1988
6,746
6,274
1989
8,246
7,389
1990
9,040
7,733
1991
11,200
8,970
1992
12,614
8,823
1993
11,935
6,778
1994
10,337
4,239
1995
9,348
2,359
1996
7,259
1,197
1997
5,502
640
1998
4,152
386
Jan.-Mar. 1999
340
19
(*) Questo sito è stato accessibile fino al mese di Novembre 2001. Poi è stato cancellato. Era l'unico sito che forniva i dati suddivisi per anno. Al momento si trovano solo siti che forniscono dati cumulativi che non consentono di capire l'andamento del fenomeno.

Associazioni e siti: 
I dissidenti hanno dato vita a numerose associazioni e sono presenti in tutti i paesi occidentali. Per saperne di più:

Libri: 
Questo è un elenco parziale dei principali libri scritti dai dissidenti. I primi sono in lingua italiana disponibili in libreria. Per gli altri librerie internazionali o www.amazon.com.
  1. Il Virus Inventato - Peter Duesberg – Baldini Castoldi.
  2. AIDS La grande truffa - De Marchi / Franchi – Edizioni SEAM.
  3. La vera storia dell'Aids - David Rasnick - Edizioni SPIRALI. (Storia romanzata).
  4. AIDS e se fosse tutto sbagliato? - Christine Maggiore - Macro Edizioni,
  5. AIDS: nuova frontiera - Siro Passi e Ferdinando Ippolito - Lombardo Editore in Roma.
  6. Jon Rapport - AIDS Scandal of theCentury - Human Energy Press.
  7. AIDS: The Failure of Contemporary Science - Neville Hodgkinson - Fourth Estate Press..
  8. AIDS: The Good News Is HIV Doesn't Cause It - Peter Duesberg & J. Yiamouyiannis.
  9. Black Lies, White Lies - Tony Brown - William Morrow and Company.
  10. Deadly Deception: the Proof That Sex and HIV do not cause AIDS - Robert Willner, MD.
  11. Infectious AIDS: Have We Been Misled? - Peter Duesberg. North Atlantic Books.
  12. Sex At Risk - Stuart Brody. - Transaction Press.
  13. The AIDS Cult - John Lauritsen. - ASKELEPIOS/Pagan Press.
  14. The AIDS War - John Lauritsen. - ASKELEPIOS/Pagan Press.
  15. Poison by prescription: the AZT Story - John Lauritsen. & Peter Duesberg.
  16. The HIV Mith - Jad Adams. - St. Martin's Press.

  17. World Without AIDS - Steven Ransom & Plillip Day - Credence Publications.
  18. Positively False - Joan Shenton - IB Taurus Books.

Pagine WEB: 
1. Un articolo del Dott. David Rasnick, membro della Commissione Presidenziale Sudafricana sull’AIDS.
2. Un articolo sulle Guide Lines AIDS - Reuters 2 February 2001
3. I test HIV: risultati delle verifiche eseguite da vari scienziati. 


Email: 
Questo sito è stato realizzato per passione da persone che non hanno nessun particolare motivo per difendere l'una o l'altra teoria, se non un irrinunciabile ingenuo imbarazzante amore per la verità.
Se avete commenti, critiche, apprezzamenti, suggerimenti: commenti@ilvirusinventato.it