Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

martedì 29 ottobre 2013

Il Paradigma di Forrest Gump

Da "http://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/mediocrita-errore-creativo-1.htm" :

Elogio alla mediocrità e all'errore creativo
di Alfredo Canovi
Maggio 2011

Voi tutti mi auguro abbiate visto l’omonimo film con uno stellare Tom Hanks protagonista; ed ora chiedetemi cosa c’entra questo con un piccolo saggio di filosofia e propaganda spicciola?
In un qualunque scritto è basilare avere un filo conduttore che lega insieme tutte le singole parti, e per me questo “fil rouge” è stato il particolare carattere di questo singolare personaggio, la cui visuale della vita, così distante da quella dei cosiddetti “normodotati”, è invece pregna di una sconfinata umanità che lascia senza parole.
Egli non guarda quelle che sono le sovrastrutture create dalla società per condizionare il pensiero dell’uomo, perché per lui non esistono, della vita lui prende soprattutto gli aspetti positivi, ma anche in quelli negativi egli vede, non tanto il buono, quanto la ineluttabilità necessaria per portare a quella accettazione del vivere, che invece colpisce profondamente tutti quelli che gli stanno accanto, distruggendoli, “Paradossalmente infatti se avesse pensato come una persona normale non avrebbe, forse, realizzato nulla di straordinario. Si ha anche l'impressione che Forrest in realtà sappia esattamente ciò che succede intorno a lui, ma che il suo cervello lo registri come superfluo; vediamo, nel corso del film, che per lui contano solo due cose: l’amore, e mantenere le promesse.”  Wikipedia
Piacerebbe anche a me levarmi da dosso questo fardello preconfezionato da altri e vedere le cose del mondo per quello che effettivamente sono, infatti questo mio umile scritto ricalca la mia personale idea che se riconosci quali sono i processi che altri usano per il tuo “condizionamento” forse, e dico forse perché queste tecniche sono in continua mutazione per impedirne la reperibilità, potrai aggirarli.
Perché il primo capitolo di questo trattato dedicato a Forrest parla di filosofia?
Perché per me Forrest è il prototipo del filosofo dei nostri giorni, la sua pacatezza davanti ai dispiaceri della vita, la sua capacità di accogliere le cose per quello che sono e per quello che portano con loro, la mancanza totale di quella arrendevolezza che porta le persone normali ad accasciarsi sotto il peso di una vita a volte troppo cruda, ma soprattutto la sua capacità di “sbagliare” ; tradendo il modo di pensare comune della società, che porta sempre ad un risultato positivo, ed anche questo come leggerete nel capitolo dedicato all’“Errore creativo” è tipico dei grandi filosofi.
Cosa prendiamo allora del carattere di questo personaggio?
In primis la sua visione della vita, che non è badate bene fatalista, anzi, durante tutto il film la sua forza d’animo gli permetterà di stravolgere tutte le funeste previsioni delle persone normali che lo accompagnano ed anche di risalire le chine ed i dossi che la vita gli para davanti, e poi la sua assoluta libertà di pensiero, la sua verità che è e rimane sua, la gioia di vivere ed amare indipendentemente da quello che gli altri possono pensare di lui, che la cosiddetta “normalità” è una tara genetica sfruttata da chi ci vuole comandare, che la mediocrità è un valore da difendere, potentemente.
Cosa ricercare in un libro di saggistica se non la capacità di comprendere meglio, attraverso gli occhi di altri, le meraviglie del mondo che ci circonda?
E cosa c’è di meglio che farlo attraverso quelli di un uomo puro?
Trovare qualcuno che ci prende sottobraccio e ci mostra un nuovo e diverso modo di“leggere” ciò in cui si dibatte la nostra esistenza?
Se anche un solo paragrafo di ciò che ho scritto sarà in grado di elevare ad un più alto gradino la coscienza di un solo, vostro pensiero, allora ciò che ho scritto non sarà stato invano.

Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.
Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla.
(Giordano Bruno)

L’Errore creativo

Non lo so, ma questa frase di Giordano Bruno mi sta sfarfallando nel cervello da quando l’ho letta.
Sarà che ripercorre un tema che mi è sempre stato a cuore, scritto in maniera davvero fina ed onesta… anche perché dopo questa egli venne arso vivo… sarà che essa racchiude in se, condensato in un umile aforisma, intere pagine di storia delle relazioni tra uomini.
Sarà, infine, che essa trasuda di quello spirito “erroneo” di cui vorrei ora parlare più dettagliatamente cercando di farlo nel miglior modo possibile.
Prendendo spunto da ciò voglio introdurre un concetto per me molto importante, quello del cosiddetto “Errore creativo”.
Cos’è un “Errore”?
Etimologicamente esso deriva dal latino Error, che significava Sviare, in quella lingua, quindi Error significava anche viaggio, da cui errante ecc... Io intendo, di conseguenza per “Errore” prendere un’altra strada, sviare dalla via battuta da chiunque, per arrivare al significato più completo e corretto in quel determinato frangente e cioè “Pensare e vivere in un modo totalmente diverso da quello della massa, fuori dalla morale e dalle religioni comuni imposte.” …Nietzsche e LeBon insegnano…
L’”Errore” quindi è caratteristica delle menti più complesse che cercano il significato della propria vita fuori dalle strade asfaltate da alcuni solo per farle percorrere meglio ad altri.
Cominciamo specificando cosa intendo, per “convenzioni sociali” oppure “Paradigmi sociali”  responsabili a mio avviso di un eccessivo livellamento socio-culturale.
Io intendo quella serie di comportamenti e meccanismi che si creano in base alle interrelazioni tra i componenti di un nucleo, (che sia un paesino quanto una metropoli) che non hanno alcun tipo di rilevanza morale o etica, piuttosto essi sono i rituali, i comportamenti stereotipati che rispondono all'esigenza di tutelare alcuni aspetti del vivere comune.
In passato esse traevano origine dall'intrecciarsi di tradizioni molto varie e ricche di valori, mentre adesso, in ogni parte del mondo, tendono a creare un contesto culturale sempre più monotono e superficiale, ossia una standardizzazione globale, un livellamento tanto maggiore quanto questa comunicazione globale di finte nozioni basilari dell’esistere  è in essere in quel momento.
Perché “Creativo”?
“Creativo” invece proprio perché codesto errore tende a creare qualcosa di nuovo, di diverso, una strada alternativa da percorrere, ma anche un diverso modo di pensare.
Quindi la possibilità, sempre presente ed a volte auspicabile ,che detto sentiero possa divenire un domani esso stesso convenzione rimane sempre disponibile.
Intendendo valutare la differenza, tra le scienze pure, quelle che ricercano il fine del sapere in se stesso  in opposizione alle scienze applicate, che si occupano degli usi pratici della conoscenza scientifica, almeno quella differenza che si evidenzia nel proporre la “creatività” nel normale contesto del vivere giornaliero.
Si nota una differenza basilare tra le due.
Se pensiamo ad una scienza applicata, ad esempio l’informatica, notiamo che essa, quasi quotidianamente, cambia i propri “assi di rotazione” e di conseguenza quelli dei suoi fruitori, ricercando cose a volte totalmente nuove ed inaspettate che la hanno drasticamente cambiata nel corso degli ultimi decenni.
Esempio ancor più incisivo ed appariscente, è dato dalla “Teoria di Darwin” che ha cambiato radicalmente il pensiero di milioni di persone indicando una via diversa dal sapere comune all’epoca, come pure la Relatività di Einstein.
Potrei fare migliaia di esempi, esempi di come un cambiamento di pensiero, un “Errore razionale” (che la stessa ricerca in se evidentemente è), ha quasi istantaneamente cambiato la vita dell’uomo, permettendone l’immediata fruizione.
La stessa cosa ha fatto sì la scienza pura, ad esempio la filosofia, ma in tempi allungati e per un numero più limitato di persone, gli scritti di Nietzsche, di Eraclito, di Aristotele e Socrate, ma anche quelli di Freud, Jung, Kant, Heidegger e tantissimi altri ad esempio, hanno creato i presupposti per una crescita cognitiva e conoscitiva per chiunque, ma sono stati accettati da pochi, arrivando al fine di “cambiamento grazie all’errore creativo” dopo anni ed in qualche caso, come quelli dei Giordano Bruno, secoli e cambiamenti sociali epocali.
Voglio farmi capire meglio e per farlo intendo usare un altro aforisma del più noto degli uomini di Scienza degli ultimi secoli, cioè Einstein “E’ più facile spezzare un atomo che il pregiudizio”.
A mio avviso la lettura di questo aforisma detto va fatta in maniera più profonda. Anche qui decripto la visione che lega questi due opposti, la Scienza a confronto con la Filosofia è fantastica la semplicità colla quale egli distingue le due discipline; La rottura dell’atomo è un processo di conoscenza, una volta aperta la strada essa proseguirà da sola nello stesso modo per sempre, indipendentemente dalla capacità di chi la opererà; il rompere un pregiudizio è invece un processo lungo, complicato, non sempre possibile e diverso per ogni singola persona, che comprende un cambiamento di coscienza, non di conoscenza come invece richiede la sapienza scientifica. L’uno è fisico, l’altro metafisico, e le sue leggi sono opinabili, facilmente rimovibili e contestabili, del tutto relativisticheper cui il cambiamento deve essere interiore, voluto, non predeterminato da leggi cosmiche, come invece la fissione dell’atomo è.

Bisogna, quindi rivalutare il concetto di “Errore”, dato che questa è l’unica arma contro una massificazione che impone a tutti un “Credo” comune al di sopra dello “sbaglio” di chi lo impone.
Ci si può credere oppure no, ma io ritengo  l’”errore”  il concetto stesso di differenza tra “Evoluzionismo darwiniano” e “Creazionismo ”.
Secondo la teoria di Darwin, anzi, per meglio dire quella degli evoluzionisti, dato che il genoma umano fu scoperto solo dopo la morte del noto biologo, l’uomo si è sviluppato… o forse l’ambiente lo ha plasmato… secondo modifiche casuali, chiamate mutazioni, e originate da diversi fattori interni ed esterni, e si  dedusse che venivano appunto selezionate e trasmesse quelle mutazioni genetiche che assicuravano una maggiore possibilità di adattamento all’individuo ed una maggiore probabilità di sopravvivenza alla progenie.
Quindi il nostro DNA attuale è il frutto di una “sedimentazione di errori” occorsi in milioni d’anni d’evoluzione per meglio adattarci al mondo che stava cambiando, esso è costituito da migliaia di casualità di causalità, di mutazioni rispetto ad un gene precedente.
Quindi, come asserivo prima, siamo “Errati”, e questa nostra condizione è in antitesi con quella Creazionista che asserisce che, essendo stati creati da un Dio perfetto siamo esseri a nostra volta “Perfetti”, siamo la massima espressione della Sua capacità definitiva ed imperitura di creazione.
(Anche qui, come al solito si giocano le cervellotiche battaglie di “domino” tra gli uni e gli altri, si frammischiano la carte per arrivare ad una propria giustificazione; come postulare che ogni salto genetico sia non casuale ma deliberato da una superiore entità; da cosa parte l’input che costringe all’errore genetico?
Non lo so, né lo ritengo importante per la continuazione del mio racconto…)
La stessa cosa, come ho già scritto qui si ritrova nel nostro “carattere” nella nostra “conoscenza”, nella nostra “verità”, nell’essere insomma esseri pensanti… e per questo facili prede di chi fa del pensiero stesso la sua arma…
Per meglio definire questo concetto, così oscuro quanto essenziale, esiste in passaggio importantissimo del terzo capitolo, che recita così: “La capacità adattabile del cervello è l’unico sistema che possiamo usare per l’accrescimento della nostra coscienza, rigettare aprioristicamente concetti, idee senza averle prima vagliate ci impedisce di trarre del buono da ogni cosa che impariamo (…) destrutturate le nostre convinzioni più profonde per ristrutturarle inserendo elementi esterni in grado di portare vuoi un diverso punto di vista vuoi  una maggiore consapevolezza (…) certo, questo è un processo pericoloso, un errore nella valutazione ci può portare a trattenere ciò che non serve oppure quel che è dannoso…”
Quindi l’errore, che qui va inteso come “diverso pensiero per il raggiungimento di un fine in modo più semplice ed armonico” è la molla della crescita mentale di una persona, anche qui il trattenere stupidamente ad oltranza un gene vecchio quanto sostituirlo ex novo con uno che non ha attinenza si rivelerebbe, così come nell’evoluzione di stampo darwiniano, distruttivo
Cos’è quindi l’”errore filosofico” se non il tentativo di pensare diversamente rispetto ad una imposta “morale comune”?
Cercare la verità al posto di un’approvazione sociale.
La storia della filosofia è piena di esempi, da Diogene a Eraclito, da Nietzsche a Heidegger, persone che sacrificarono la “vita sociale” le ricchezze e gli onori in virtù della libertà del pensiero “errato”, libero da convenzioni e schemi preimpostati, a volte talmente diversi dalla sensazione di “corretto” del momento storico stesso da elevare la protesta della menti semplici che, non avendo mai sedimentato “errori” come mattoni per la crescita cognitiva, (ma avendo  sempre e solo seguito il carro del vincente come pecoroni diretti al macello) non solo non lo capirono, ma disprezzarono quel pensiero che non riuscivano a comprendere.
La conoscenza dell’uomo non è mai un concetto statico, ma un “dinamismo cangiante”, non la raggiungi mai a meno che tu calcifichi i tuoi errori, o meglio, esattamente come nel genoma, trattieni quella parte di esso che meglio ti aiuta in quella data situazione, rigettando le sovrastrutture ingombranti e deleterie che lo circondano sempre, frutto di aggiunte che partono dal tentativo di controllo che questa società ti impone come “prezzo da pagare” al potente di turno, piuttosto che dalla mala società del momento.
Quindi, se leggo Nietzshe, ad esempio, non è detto che debba prendere tutto ciò che egli ha pensato come oro colato, ma trattengo quei concetti errati… perché nati da un pensiero errato… che sento appartenermi di più e cancello gli altri, così del pensiero di Kant, di Talete, di Socrate, di Hegel e Marx, mi creo una libreria di cognizioni aperte al cambiamento, un sostrato per capire le cose… però imparo anche dal macellaio sotto casa, dal mio collega di lavoro, da chiunque intrattenga con me un discorso; la mente deve essere una spugna, assorbe tutto ed una volta strizzata trattiene solo “l’umidità che le serve”.

Eccum inde…, l’errore altro non è che un pensiero fuori dal coro, un pensiero che sembra sbagliato alla stragrande maggioranza delle persone, perché esse non sanno, o non osano, usare i propri pensieri per creare la propria vita, in questa mistificazione che è la “società moderna.
Ecco, nella frase di Giordano Bruno io leggo questo, di una persona che ebbe il coraggio di uscire dalla collettivizzazione della religione e creare un nuovo sentiero, più giusto, più utile e proprio per questo esecrabile da chi intendeva farlo percorrere all’intero genere umano e chi lo condanna sa che lui ha ragione e loro torto, quindi loro stanno commettendo un “Atto vergognoso e criminale per l’Umanità” ...vedete, il limite stesso è la presunzione umana, l'impossibilità intellettuale istituzionalizzata di ammettere di aver commesso un errore, perché  la considerazione di aver errato viene ritenuta sinonimo di una profonda debolezza, non invece di quel forte rigore intellettuale personale che essa è, di quella immensa consapevolezza che deriva dal conoscere che tutto, costantemente cambia, tutto è in assiduo movimento...la verità di oggi è l'errore di domani.

L’Estetica

Parlare di estetica, di bellezza può sembrare impertinente secondo chi desidera dialogare di concetti pretestuosamente più "alti"... , etica, economia, morale, sociologia, politica ecc...
Non è così.
Le scienze, quelle appena elencate, come molte altre, hanno al centro di se stesse l'uomo; esso è il fulcro di tutte loro, l'archè ed il logos, la loro ragione di essere come enti, di esistere.
Premetto questo, la ricerca alla base di tutte le utopie e mai raggiunta fin'ora (e temo per molto altro tempo ancora) non è quello di avere leggi migliori, una migliore società, una scuola migliore, una nazione perfetta ma semplicemente di avere "l'uomo perfetto".
Io, da appassionato, trovo stupefacente la singolarità della cultura greca, alla quale faccio molto spesso riferimento nei miei scritti, ed anche in questo caso mi stupisco di quanto essa fosse evoluta.
Non so bene quando sia successo né dove, ma la scissione tra la bellezza, intesa in senso greco e l'estetica... postulata da Baumgarter alla fine del diciottesimo secolo, ha portato alla pericolosa situazione, che vediamo oggi ben evidenziata, persino nell'ambito dalla morale.
L'estetica è la dottrina della conoscenza sensibile e della sua perfetta realizzazione nella bellezza, un'arte che ruota attorno alla esteriorizzazione, alla codifica delle condizioni alla base delle quali si ha il bello, in ambito artistico, appunto, ma anche musicale, poetico ecc...
Quando, come ora, diventa una dottrina finalizzata alla creazione, in campo sociale, della mera bellezza fine a se stessa, di vuoti simulacri creati per servire l'ultima delle divinità pagane, diventa sistema di potere anch'essa, quindi esecrabile in senso etico.
Come siamo lontani dai canoni greci.
Kalokagathía, la parola stessa che definiva il bello, anche in campo umano, era formata del "agathós" (buono) e kalòs (bello).
Esprimeva la simbiosi che doveva esistere tra la bellezza esteriore intesa come adesso, ed un tipo di bellezza morale.
Non si poteva, come oggi essere belli e basta (fare unicamente di questo aspetto, dell'aspetto, la propria forza) ma esso doveva coesistere con un'ampia levatura morale ed anche con una cultura ed una capacità dialettica considerevoli.
Insomma essi erano protesi alla ricerca della perfetta bellezza che legava i prodromi dell'estetica a quelli di una grande etica personale, quello che oggi chiameremmo "Amor proprio", inteso come amare così tanto se stessi da cercare di esser le migliori persone possibili, per se stessi e per gli altri.
Beninteso, anche loro ricorrevano ad espedienti per aumentare il loro fascino, come il periodo in cui in Grecia tutti si fecero biondi oppure curavano il loro aspetto fisico con cosmetici e sport, ma ciò non era che un lato della bellezza che andavano bramando.
La menzogna è quel supporto psichico che ci rende più facile interfacciarci con gli altri... è stato detto, come è stato dimostrato che la bellezza, oggi come oggi è intesa unicamente come (blando a volte, altre meno) strumento di coercizione psicologica inconscio.
Il ricorso, quindi alla chirurgia estetica, alla cosmesi ecc. è visto come tentativo di sfruttarla il più a lungo possibile, di mentire non solo a se stessi ed agli altri, ma anche al tempo, come donchisciottesco tentativo di ingannarlo.
Scrissi una volta: "E' ovvio persino ai polli che la televisione sia stata l'arma vincente in questo campo morale, altrettanto ovvio che creare situazioni dove le tue cellule cerebrali si squaglino, contrapposte ad altre dove ti presentano simulacri perfetti fisicamente (non importa se cerebralmente nulli... e qui torniamo ai precedenti concetti... ahimè come siamo diversi dal prototipo della bellezza dell'Antica Grecia) e altri così ricchi (attori, calciatori, tronisti, finanche truffatori e criminali... ecc...) da farci impallidire tutti, crei nella gente una "dissonanza cognitiva" un processo mentale studiato da anni che crea uno scompenso nella percezione della vita reale (tutti quei rincoglioniti la cui maggiore aspirazione è fare la velina o andare al GF) che ti porta a credere al primo demente che ti promette la luna".
L'uso della televisione, opportunamente indirizzato ha svalutato alcuni aspetti della vita sociale ed esasperato altri, ci ha costretti a comperare ciò di cui non avevamo bisogno, e sto parlando non tanto di prodotti industriali, quanto di vuote (ma splendide) teche del nulla, bellissime custodie senza alcun contenuto di valore, simulacri senza anima.

La  Mediocrità

Non siamo in un mondo "buono". Buono, anzi, questo mondo non lo è mai stato!
Un mondo dove i più forti si sollazzano sui cadaveri in decomposizione dei poveri.
La mediocrità... si parla della mediocrità dell'uomo come se fosse una colpa.
Come riusciremmo a vivere se non avessimo almeno questo aggettivo... mediocre...
Un padre mediocre, un lavoratore mediocre uno scrittore mediocre!
Beh, a mio avviso mediocre è meglio di niente...
Essere mediocri poi è difficile in questi tempi, dove o sei un fenomeno nel far soldi alle spese degli altri o non sei nessuno!!!
Un uomo mediocre è sempre meglio di un uomo fallito, di un uomo stupido, a volte è perfino meglio di un ricco, anche se nessuno lo dirà mai.
Elegia della mediocrità come arma di difesa, mio nonno era mediocre, ma ha combattuto ed è morto per l'Italia (Una sentita prece da un nipote che non ha mai conosciuto), mio padre un cosiddetto padre mediocre, ma ha cresciuto al meglio due figli dando loro quella educazione a cui lui non aveva avuto accesso... mediocre sono io, che con fatica cresco una mediocre famiglia di persone che amo più di me stesso!
Hai ragione, la stupidità dilaga ed usa per muoversi velocemente i segnali audio e video, ma quello che cercano tutti, adesso, è tentare di sfuggire quella mediocrità che coscientemente sanno non essere in grado di conquistare.
Mi spieghi perché, in questo mondo, tutto deve essere o bianco o nero, con quella caleidoscopica ed innumerevole varietà di grigi che esiste nel mezzo???
Forse questa idiozia latente è frutto del passaggio dalla TV in bianco e nero (e grigi) a quella a colori, dove meglio vedi una realtà distorta?
Va bene, va bene, sicuramente anche come "scrittore" sono mediocre, forse sono solo un umile scribacchino, ma anche questo è meglio di niente...

Io credo però che questo sia un problema molto più complesso di quanto all'apparenza possa apparire, e come tale richieda la ricerca di implicazioni e risposte differenti.
Punto primo, se si considera la mediocrità una forma di colpa (nel momento stesso in cui una persona non si sforza per migliorare se stesso, probabilmente lo è), io invece una virtù, ed ora  spiego il perché.
Sto giustappunto leggendo "Etica nicomachea"; nel secondo capitolo Aristotele tratta delle virtù, come atto dovuto verso la ricerca del "bene"... non nel senso assoluto di Platone... quanto in quello più intimo, personale.
Egli così arriva a pensare che la virtù abiti nel mezzo di due aspetti contrapposti ma vicendevolmente necessari a loro stessi... così come Eraclito dipingeva la sua idea della teoria dei contrari, della Polemos...
Avviene così che il coraggio altro non è che la giusta via di mezzo tra la viltà e la temerarietà, la generosità tra prodigalità ed avarizia, la magnificenza tra volgarità e grettezza d'animo.
Strano quest'ultimo concetto, curiosamente etimologicamente "mediocre" significa anche "Che si trova in una posizione intermedia tra due estremi." non solo il concetto negativo che tendiamo a dare noi, e guarda caso tra gli estremi della "mediocrità" cosa abbiamo?
La volgarità di tutto ciò che oggi dovrebbe essere "cultura" e che ormai non lo è più e la grettezza d'animo dell'arroganza del potere, che aspira, come dicevi tu giustissimamente, ad un potente livellamento socio-culturale globale.
La mediocrità fa paura al politico, perché un mediocre comunque rimane uno che pensa, mediocremente ma pensa, un decerebrato no, ed è questo che ci vogliono far diventare.
Perché questo? Beh, è facile rispondere, se sei stupido vedrai loro molto più intelligenti di quello che sono, se paragonano una ragazza ad una velina oppure ad una top model oppure un ragazzo ad un tronista, si sentiranno inadeguati, e quindi fragili e di conseguenza più malleabili.
Punto secondo, la situazione degenererà sempre più, di questo sono sicuro, ed ora ti espongo una dei miei "Perché".
Ogni anno ...e questo è tratto da un articolo di "Repubblica" di qualche giorno fa, che senz'altro avrai letto pure tu... migliaia di menti eccelse nelle più svariate discipline della scienza sono costretti ad abbandonare la loro patria... minuscolo, eccome... per cercare la fortuna (dove questa a volte consiste unicamente nella possibilità di uno stipendio decente) all'estero.
Costoro numericamente vengono sostituiti da immigrati, che non solo non parlano e non leggono l'Italiano, questo sarebbe paradossalmente il meno, ma che sono stati allevati dalle bugie della nostra televisione... sintomatico il caso dei primi albanesi... e quindi arrivano già "condizionati" da essa.
Adesso, lasciando stare eventuali implicazioni economiche oppure ideologiche, culturalmente questo è un gran danno, ne convieni?
Altro motivo, la nostra lingua non esiste più, odi laureati che parlano un italiano sconnesso, senza mai un congiuntivo al suo posto, vedi ragazzi che scrivono messaggini con contrizioni assurde oppure usando una lingua sincopata all'inverosimile, i ragazzi di oggi saranno gli adulti di domani, ci pensi?
In conclusione, io penso che tu abbia scritto delle cose non giuste... fondamentali, l'unico rimprovero che benevolmente mi sento di farti è che... sei stato troppo buono, il problema è ben più serio, e non vedo ora come ora, soluzioni all'orizzonte; chi pensa colla propria testa, chi cerca di migliorarsi unicamente per capire meglio ciò che gli sta succedendo intorno sembra ormai un pesce in un pantano, più si dibatte e più rimane bloccato nella melma.

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