Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

mercoledì 6 novembre 2013

Michel de Montaigne - Ernesto Riva

Da "http://www.linguaggioglobale.com/filosofia/txt/Montaigne.htm" :

Michel de Montaigne (1533-1592)

Michel Montaigne nacque nel 1533 nel castello di Montaigne, nel Périgord (Francia sud-occidentale). Educato dal padre con un metodo che escludeva ogni costrizione, imparò il latino come lingua materna, da un precettore che non conosceva il francese. Studiò diritto e divenne consigliere nel Parlamento di Bordeaux. Tradusse in francese un’opera del teologo catalano Raimundo de Sabunda († 1436), il Liber creaturarum sive Theologia naturalis, un libro di apologetica che fondava la verità cristiana più sulla ragione e sul senso comune che sulla dogmatica. Nel 1571 lasciò la vita pubblica e si dedicò interamente agli studi vivendo nel suo castello di Montaigne. Pubblicò nel 1580 i primi due libri dei suoi Saggi, che diventeranno subito famosissimi. Si dedicherà ad essi fino alla morte, avvenuta nel 1592. E’ sepolto nella chiesa dei Foglianti a Bordeaux.

I SAGGI. Il termine Essais vuol dire assaggi, sperimentazioni, ricerche, esperienze, perché Montaigne intende confrontare le esperienze degli antichi con le proprie. Nella prefazione alla sua opera scrive: "Sono io stesso la materia del mio libro". Dunque il meditare, il filosofare è inteso da Montaigne come un continuo sperimentare se stessi, un continuo riferimento a noi stessi. L’esistenza è per lui un problema sempre aperto, un’esperienza continua, che non può mai concludersi definitivamente e deve quindi sempre chiarirsi a se stessa. Com’è allora questa esistenza? Essa è costantemente protesa verso il futuro: l’uomo ha una costante preoccupazione per il futuro. "Noi siamo sempre al di là di noi stessi; il timore, il desiderio, la speranza ci lanciano verso l’avvenire…". Dovremmo invece imparare a non essere troppo presuntuosi e ad accettare serenamente la nostra condizione: l’uomo non deve cercare di essere più di uomo. E della condizione umana è elemento costitutivo la morte: "Tu muori perché sei vivo". L’uomo deve dunque accettare il suo destino di essere mortale per poter vivere meglio : il pensiero che si è mortali suscita un impegno a vivere, ed a vivere meglio, più profondamente e pienamente. L’uomo deve anche riconoscere che sa ben poco, che la ragione ha dei limiti, che la scienza può sbagliare. Insomma, in realtà, Que sais-je?, che cosa so io? Il problema però non è tanto che cosa si sa o che cosa non si sa quanto piuttosto che cosa si può e si deve fare. La saggezza consiste nel vivere bene : "Il mio mestiere, la mia arte, è vivere". La saggezza di Montaigne non si basa né sulla rivoluzione né sull’utopia. La sua saggezza consiste nella ricerca di una felicità terrena e nel modo migliore per conseguirla : da qui l’abbandono di ogni orgoglio intellettuale, l’accettazione dell’esistenza nei suoi vari aspetti, cioè la tolleranza verso le nostre fragili illusioni, le nostre piccinerie, i nostri peccatucci abituali, persino una certa dose di follia, per accettare appunto i piaceri che la vita ci può offrire, sopportando i mali e le avversità. 

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