Presentazione

La Logica di Russel, il Coraggio di Camus e la Fede di Chesterton.

lunedì 3 marzo 2014

La conquista della felicità

Da WikiPedia:

La conquista della felicità (1930) è un saggio di Bertrand Russell. Si tratta di un testo divulgativo che non richiede particolari conoscenze propedeutiche di base, e che cerca di rispondere all'interrogativo sulle possibilità di felicità individuale nella società contemporanea.

Cause d'infelicità

Vi è un segno in ogni viso in cui mi imbatto
Segni di debolezza, di afflizione... (William Blake, p.13)
Russell esordisce ricordando Walt Whitman, in un passo che riconosce un "primato" degli animali sugli uomini, in virtù della loro capacità di vivere al di fuori dei concetti di rispettabilità e infelicità che sono invece caratteristiche tipiche di questi ultimi. Parte poi dal concetto byroniano di afflizione, trovandone i presupposti nell'Ecclesiaste biblico, che viene a più riprese citato espressamente:
Così io ammiro più i morti che sono già morti più dei viventi che sono ancora vivi. Sì, e meglio degli uni e degli altri è colui che ancora non è stato, e non ha visto il male che viene perpetrato sotto il sole (dal Libro dell'Ecclesiaste, pp.28-29)
Se non esiste ricordo delle cose passate e non vi è nulla di nuovo sotto il sole (o, come dice Krutch, ve ne sono troppe), e bisogna riconoscere che tutto è vanità, secondo Russell è purtuttavia necessario che le cose siano mutabili per poter avere un sapore e possano mantenere una loro freschezza.
Rispetto alle cause più tipiche di infelicità della società moderna (competizione, noia, eccitamento, fatica, invidia, sensi di colpa, manie di persecuzione, paure), Russell ritiene che nascano da impulsi profondi ma di solito controllabili, attraverso qualche contatto con il flusso della vita terrestre e il suo lento ritmo (p.71). L'odio che scatena alcune di esse nasce nell'uomo forse dalla sensazione inconscia di aver perduto il senso della vita... che forse altri, ma non noi, si sono assicurati le cose belle che la natura offre per la gioia dell'uomo (p.103). Ma in realtà ...nessuna soddisfazione basata su un inganno perpetrato verso noi stessi può offrire solide garanzie di durata ed efficacia (p.137).

Cause di felicità

Anche se apparentemente nel mondo moderno sembri che l'uomo non abbia nessuna possibilità di essere felice, Russell, ribaltando le argomentazioni della prima parte del libro, nella seconda tende a dissipare il valore di quest'ipotesi. La felicità può essere semplice o fantasiosa, o animale e spirituale (p.157), ma in ogni caso dipende dalla ampia varietà degli interessi individuali, che orienta positivamente la nostra reazione a cose e persone. Gli affetti possono contribuire alla nostra gioia di vivere nella misura in cui riusciamo a espanderli verso gli altri senza un desiderio immediato di "restituzione" da parte loro.
Purché affetti e interessi siano rivolti all'esterno, e non all'interno, l'uomo ha la possibilità di essere felice e di sentirsi cittadino dell'universo, in una profonda unione istintiva con la corrente della vita (p.271), che si oppone allo stato di disintegrazione, o mancanza di integrazione causato invece dallo stato di infelicità.


Leggere anche: http://www.giuseppecirigliano.it/filos_sintesi.htm

Da "http://www.giuseppecirigliano.it/la_conquista_della_felicita.htm" :

La conquista della felicità
 di
Bertrand Russell


Questo libro, come dichiara esplicitamente l'autore nella Prefazione, è stato scritto

    nella convinzione che, mediante sforzi ben indirizzati, molti infelici possano liberarsi della loro infelicità e diventare felici.

Il saggio si divide in due parti: la prima è dedicata all'analisi delle "cause di infelicità"; la seconda mira appunto a individuare le "cause di felicità". La nostra sintesi si limiterà alla prima parte, persuasi che una felicità tutt'altro che indifferente sorgerà spontaneamente dalla rimozione delle principali "cause di infelicità" segnalate e descritte dall'autore.

* * * * *

Russell parte dalla constatazione che "nella grande maggioranza dei casi" gli uomini sono infelici, ed afferma che le cause di tale infelicità

    sono da ricercarsi in parte nel sistema sociale, in parte nella psicologia individuale, la quale, naturalmente, è essa stessa in misura considerevole un prodotto del sistema sociale. [...]

Nel discutere tale problema, tuttavia, Russell dichiara di rivolgere la propria attenzione

    a coloro che non sono soggetti ad alcuna grave causa di infelicità proveniente dall'esterno. Presuppongo un reddito sufficiente a garantire il cibo e un tetto, e uno stato di salute che permetta le attività fisiche normali. Non prendo in considerazione le grandi sciagure, quali la perdita di tutti i propri figli o una calamità pubblica. Vi è molto da dire su questi argomenti, e tutte cose importanti, ma appartengono a un ordine di cose diverse da quelle che desidero dire. Il mio intento è quello di suggerire un rimedio contro quel quotidiano, comune scontento del quale soffre la maggior parte della gente nei paesi civili e che è tanto più insopportabile in quanto, non avendo alcuna causa esterna evidente, sembra inesorabile. Io credo che tale scontento sia dovuto in gran parte a un modo errato di considerare il mondo, a un'etica sbagliata, ad abitudini sbagliate, che portano alla distruzione di quel gusto e di quell'appetito naturali per le cose possibili dai quali alla fine dipende tutta la felicità. [...]
    Gli interessi esterni, è vero, possono essere causa di sofferenza, il mondo può precipitare nella guerra, la conoscenza di questa o di quella branca del sapere può essere difficile da acquisire, gli amici possono morire. Ma questi dolori non distruggono la qualità essenziale della vita, come fanno quelli che hanno origine dal disgusto di noi stessi. Ed ogni interessamento esterno spinge a qualche attività la quale, fintanto che l'interesse si conserva vivo, è un sicuro preventivo contro l'ennui. L'interesse per il proprio io, al contrario, non spinge ad alcuna attività di carattere costruttivo. [...]
    La disciplina esteriore è la sola via che conduca alla felicità per quegli infelici, troppo dediti all'introspezione per poter essere curati in altro modo.
    La concentrazione in se stessi è di varie specie. Possiamo citare, quali tipi comunissimi, il narcisista e il megalomane. [...]
    È chiaro che le cause psicologiche dell'infelicità sono molte e varie. Ma tutte hanno qualche cosa in comune. L'uomo tipicamente infelice è colui che, essendo stato privato in gioventù di qualche normale soddisfazione, è giunto ad apprezzare quella particolare soddisfazione più di qualsiasi altra, e ha quindi dato alla sua vita una direzione unilaterale. [...]

Dopo queste affermazioni iniziali, Russell passa ad indicare e analizzare le "cause" principali dell'infelicità, offrendo suggerimenti e consigli su come affrontarle e superarle. La prima che egli nomina è la competizione. Scrive:

    La lotta per la vita è una cosa che, naturalmente, esiste. Può esistere per ognuno di noi, se siamo sfortunati. [...] Tutti sanno però che [...] ciò che la gente intende per lotta per la vita, è in realtà la lotta per il successo. Ciò che la gente teme, quando si impegna nella lotta, non è di non poter mangiare il giorno dopo, ma di non riuscire a farsi invidiare dai propri vicini. [...]
    Non nego che le soddisfazioni procurate dal successo rendano più piacevole il gusto della vita. [...] Né voglio negare che il denaro, fino a un certo punto, possa accrescere la felicità. Quello che sostengo è che il successo può essere solamente un ingrediente della felicità, ed è acquistato a troppo caro prezzo se per ottenerlo si sono sacrificati tutti gli altri ingredienti. [...]
    L'importanza assunta dalla competizione nella vita moderna è connessa a un decadimento generale degli ideali civili. [...] Uomini e donne sembrano diventati incapaci di gustare i piaceri più intellettuali. [...]
    Il male non sta semplicemente nell'individuo, né un signolo individuo può impedirlo da sé nel suo caso isolato. Il male nasce da quella specie di filosofia della vita comunemente accettata, secondo la quale la vita è una contesa, una gara nella quale si deve rispetto al vincitore. Questo concetto induce a coltivare indebitamente la volontà, a scapito dei sensi e dell'intelletto.

Una seconda causa di infelicità è la noia.

    Alla noia, quale uno dei fattori del comportamento umano è stata data, a parer mio, molto meno attenzione di quanta essa ne meriti. [...] Una delle condizioni essenziali della noia consiste nel contrasto tra le circostanze presenti e qualche altra circostanza più gradevole che si impone irresistibilmente all'immaginazione. [...] La noia è essenzialmente un desiderio contrastato di novità, non necessariamente piacevoli, ma che permettano alla vittima dell'ennui di distinguere un giorno dall'altro. Il contrario della noia, in una parola, non è il piacere, ma l'eccitamento.
    Il desiderio di eccitamento è molto profondamente radicato negli esseri umani. [...]
    In misura che si sale nella scala sociale, la ricerca dell'eccitamento diventa sempre più intensa.
    Coloro che se lo possono permettere, si spostano di continuo da un luogo all'altro, portando con sé l'allegria, le danze e i liquori, ma aspettandosi sempre, per qualche ragione, di gustarli di più in un altro luogo. Coloro che devono guadagnarsi la vita subiscono necessariamente la loro parte di noia nelle ore di lavoro, macoloro che hanno abbastanza denaro per essere affrancati dal bisogno di lavorare, coltivano quale ideale una vita completamente libera dalla noia. [...]

Eppure, sostiene Russell,

    qualche elemento di noia è un ingrediente necessario nella vita.
    Il desiderio di fuggire alla noia è naturale. [...] Tuttavia, non bisogna considerare la noia esclusivamente come un male. [...] Una vita troppo piena d'eccitamento è una vita estenuante, nella quale occorrono stimoli sempre più forti per arrivare a quell'intensità emotiva che ci si è abituati a considerare parte essenziale del piacere. [...]
    Non desidero spingere agli estremi la critica all'eccitamento. In una certa misura, quasi come per tutte le altre cose, occorre saperne dosare la quantità. Troppo, può produrre desideri morbosi; troppo poco, l'esaurimento. Una certa capacità di sopportare la noia è quindi indispensabile per avere una vita felice, ed è una delle cose che si dovrebbero insegnare ai giovani. Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vite hanno avuto dei periodi non interessanti. [...]
    Per essere felici, la vita deve trascorrere per lo più tranquilla, poiché la vera gioia può vivere soltanto in un'atmosfera di tranquillità.

Altro elemento negativo, ai fini della felicità, è la fatica. Non tanto quella fisica, che Russell giudica positivamente in quanto, purché non sia eccessiva,

    tende eventualmente ad essere una causa di felicità; favorisce un sonno quieto e profondo e un buon appetito e dà gusto ai piaceri possibili nei giorni di vacanza. [...] La specie di fatica più nociva, al giorno d'oggi, nelle comunità più progredite, è la fatica nervosa, [la quale], abbastanza stranamente, è più pronunciata tra gli abbienti, e tende ad essere molto minore tra chi lavora di braccia che non tra gli uomini d'affari e gli intellettuali.
    Sfuggire alla fatica nervosa nella vita moderna è cosa molto difficile. [...] Volontariamente o involontariamente, per propria scelta o per necessità, gli uomini moderni conducono una vita rovinosa per i nervi. [...]
    Lasciando da parte quei ricchi che sono unicamente degli sciocchi, consideriamo il caso molto più comune di coloro che sono stanchi perché devono sottoporsi a un lavoro indefesso per vivere. In simili casi la stanchezza è dovuta per lo più alla mancanza di serenità, e la mancanza di serenità può essere prevenuta con una migliore filosofia della vita e un po' di disciplina mentale. Gli uomini e le donne sono per la maggior parte difficilmente capaci di smettere di pensare a cose preoccupanti nei momenti in cui nulla si può fare per cercare di risolverle. Gli uomini si portano a letto le loro preoccupazioni, e nelle ore notturne, quando dovrebbero ricuperare nuove energie per affrontare i fastidi del giorno seguente, continuano a rimuginare problemi per i quali al momento non possono farenulla. [...] L'uomo saggio medita sui suoi crucci soltanto quando è di qualche utilità il farlo; in altri momenti pensa ad altre cose o, se è notte, a niente. [...]

Bisognerebbe, quindi,

    pensare adeguatamente a una cosa al momento giusto, anziché inadeguatamente in qualsiasi momento.
    Quando occorre prendere una decisione grave o difficile, non appena disporrete di tutti i dati concentratevi del vostro meglio sulla questione e decidete; una volta presa la decisione, non tornatevi più sopra, a meno che veniate a conoscenza di qualche fatto nuovo. Nulla stanca quanto l'indecisione, e nulla è altrettanto sterile.
    Moltissime preoccupazioni possono diventare meno assillanti quando ci si renda conto della poca importanza di ciò che ci causa quell'ansietà. [...]

E qui Russell offre un'esemplificazione, assai convincente sul piano teorico. Ma in pratica? Leggete, e decidete voi...

    Quando qualche disgrazia ci minaccia, consideriamo seriamente e deliberatamente cos'è il peggio che ci possa capitare. Dopo aver guardato in viso la possibile disgrazia, procuriamoci delle solide ragioni per pensare che, dopotutto, non sarebbe poi una cosa tanto grave. Tali ragioni esistono sempre, perché anche nel peggiore dei casi nulla di quello che ci può capitare ha un'importanza cosmica. Quando avremo guardato coraggiosamente in faccia per qualche tempo la possibilità peggiore, e ci saremo detti con genuina convinzione: "Be', dopotutto, non importerò poi molto", vedremo la nostra ansia scemare straordinariamente [...] per essere sostituita da un senso di sollievo.
    Quando ci sentiamo propensi a pessimistiche meditazioni su questo o quel soggetto, la cosa migliore è sempre di pensarci ancor più di quanto non si si senta disposti a fare, fino a che, alla fine, il fascino morboso ch'esso esercita su di noi verrà dissipato.

Un'altra potente causa di infelicità è l'invidia, che a giudizio di Russell è

    una delle passioni umane più radicate e universali. [...]
    Di tutte le caratteristiche della normale natura umana l'invidia è la più deprecabile. Non soltanto la persona invidiosa desidera far del male e mette in atto il suo desiderio, se può farlo impunemente, ma l'invidia rende infelice anche lei. Invece di trovare piacere in ciò che ha, soffre per quello che gli altri hanno. [...] Chiunque desideri accrescere la felicità, deve desiderare soprattutto di veder crescere l'ammirazione e diminuire l'invidia.
    Quale cura esiste per l'invidia? Per i santi il rimedio sta nell'altruismo, [...] ma l'unico rimedio contro l'invidia per gli uomini e le donne comuni è la felicità, e il difficile sta nel fatto che l'invidia è in se stessa un terribile ostacolo alla felicità. [...]

Quindi l'uomo invidioso obietterà:

    "A che serve dirmi che il rimedio contro l'invidia è la felicità? Non posso trovare la felicità fin tanto che provo invidia, e voi mi dite che non posso smettere di essere invidioso fino a quando non avrò trovato la felicità". Ma la vita reale non è mai così logica. Il solo fatto di rendersi conto delle cause che suscitano in noi l'invidia basta a far fare un lungo passo avanti nella cura di tale passione. L'abitudine di porsi sempre dei termini di paragone è fatale. Quando ci capita una cosa piacevole, bisogna gustarla appieno, senza fermarsi a pensare che non è poi così piacevole come qualche altra cosa che può capitare a qualcun altro. [...] L'uomo saggio non smette di aver caro ciò che possiede perché qualcun altro possiede qualche altra cosa. L'invidia, in effetti, è una delle forme di quel vizio, in parte morale, in parte intellettuale, checonsiste nel non vedere mai le cose in se stesse, ma soltanto in rapporto ad altre. [...]
    Dopotutto, che cosa è più invidiabile della felicità? E se io riesco a guarire dall'invidia, posso trovare la felicità e diventare invidiabile. [...]
    Ci si può liberare dall'invidia gustando le gioie che si trovano sul proprio cammino, svolgendo il lavoro che si deve svolgere, ed evitando di fare confronti con coloro che reputiamo, forse erroneamente, molto più fortunati di noi. [...]
    Le cose indispensabili alla felicità umana sono semplici, così semplici che le persone complicate non sanno costringersi a riconoscere quali sono le cose delle quali sentono realmente la mancanza.

Un'altra causa importante (addirittura "patologica" dice Russell) di infelicità è il senso di colpa.

    Che cosa succede veramente quando un uomo sente la coscienza rimorderlo?
    La parola"coscienza" abbraccia in realtà vari sentimenti diversi, il più semplice dei qualiè il timore d'essere scoperto. [...]
    Strettamente connessa a questo sentimento è la paura di essere bandito dal gregge, [...] la disapprovazione della comunità. [...]
    Ma il senso di colpa nelle sue forme più importanti è qualche cosa che va ancora più in fondo. È qualche cosa che ha le radici nell'io incosciente e non si presenta all'io cosciente come il timore della disapprovazione altrui. Nell'io cosciente certe azioni sono catalogate come "peccato" per motivi non visibili all'introspezione. Quando un uomo commette certe azioni, si sente a disagio quasi senza saperne il perché. [...]
    L'origine di tutto ciò, praticamente in ogni caso, è l'insegnamento morale impartito all'uomo prima dell'età di sei anni da parte della madre o della bambinaia. Egli ha appreso prima di quell'età che bestemmiare è male, e che non sta bene usare un linguaggio che non sia castigato; che soltanto gli uomini spregevoli bevono, e che il tabacco è incompatibile con le più alte virtù. Impara che non si devono mai dire bugie. E soprattutto impara che qualsiasi interesse per le parti sessuali è un abominio. [...]
    Ora, questa forma di educazione morale dell'infanzia è in molte sue parti priva di ogni fondamento razionale. [...] In un'etica razionale sarebbe considerato lodevole l'arrecare piacere a qualcuno, persino a se stessi, purché ciò non sia controbilanciato da un male che si fa a se stessi o ad altri. [...]
    Nel senso della colpa vi è qualche cosa di abietto, qualche cosa che priva del rispetto di se stessi. E la perdita del rispetto di se stessi non ha valso mai nulla di buono a nessuno. [...]
    Nulla è più nocivo non soltanto alla felicità, ma alla efficienza di una persona, di un dissidio interiore. [...] Un uomo deve farsi un'idea precisa e categorica di ciò che crede col raziocinio e non dovrebbe mai permettere a convinzioni irrazionali di passare incontrastate o di imporsi alla sua ragione, anche se per breve tempo. Si tratta di ragionare con se stessi in quei momenti in cui si è tentati di diventare infantili.

Un'altra causa di infelicità è la mania di persecuzione.

    A chiunque di noi è familiare quel tipo ti persona, uomo o donna, il quale, a prestar fede alle sue parole, è continuamente vittima dell'ingratitudine, della scortesia, della malafede. Spesso tali persone sono strarodinariamente convincenti e si conquistano le simpatie di coloro che li conoscono da poco tempo. [...] Ma ciò che finisce col far nascere dei sospetti in chi li ascolta è lo straordinario numero di mascalzoni che la vittima ha avuto la disgrazia di incontrare. [...] Se un individuo è, secondo le sue affermazioni, maltrattato da tutti, è probabile che la causa di ciò sia da ricercarsi in lui stesso, e che egli immagini delle offese che nessuno gli ha arrecato. [...] Perciò la gente esperta della vita si insospettisce di coloro che, a dar loro retta, sono invariabilmente maltrattati da tutti. E, non potendo dimostrar loro simpatia, contribuisce a rafforzare in quegli sfortunati l'idea che tutti siano contro di loro. [...]
    La mania di persecuzione ha sempre radice in un concetto troppo esagerato dei propri meriti. [...]
    Quattro massime di carattere generale si dimostreranno una cura efficace contro la mania di persecuzione, se si capisce quanto siano vere. La prima è: ricordate che i motivi che determinano le vostre azioni non sono sempre così altruistici come vi appaiono. La seconda è: non sopravvalutate i vostri meriti. La terza è: non aspettatevi che gli algri si interessino di voi quanto voi stesso. E la quarta è: non immaginatevi che la gente si interessi tanto a voi da nutrire un particolare desiderio di perseguitarvi.

La prima parte si chiude con l'analisi della paura dell'opinione pubblica e degli effetti negativi da essa prodotti ai fini della felicità. In tale contesto Russell afferma che

    poche persone possono essere felici se, nel complesso, il loro modo di vivere e il loro concetto del mondo non sono approvati da coloro con i quali esse hanno rapporti sociali, e più particolarmente da coloro con i quali vivono. [...]
    Un ambiente simpatico e congeniale è necessario a quasi tutti per essere felici. Nella grande maggioranza dei casi, naturalmente, le persone vivono in ambienti affini a loro. In gioventù assorbono i pregiudizi correnti, ed istintivamente si adattano alle idee e alle abitudini che trovano attorno a sé vivendo. Ma per una grande minoranza, che comprende praticamente tutti coloro che hanno meriti artistici o intellettuali, questo atteggiamento di acquiescienza è impossibile. [...] Per la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze di qualità eccezionali l'adolescenza è un periodo di grande infelicità. Per i loro mediocri compagni può essere un periodo di spensieratezza e di gioia, ma essi desiderano qualche cosa di più serio, che non possono trovare né tra gli adulti né tra i loro coetanei, nel particolare ambiente sociale in cui il caso li ha fatti nascere. [...]
    In moltissimi casi un'eccessiva timidezza rende il male più grave di quanto sarebbe necessario. L'opinione pubblica è sempre più tirannica verso coloro che palesemente la temono, che verso coloro che non se ne curano. [...]
    [Tuttavia] essere in disaccordo con il proprio ambiente non è sempre una disgrazia da evitarsi a tutti i costi. Là dove l'ambiente è stupido, o prevenuto o crudele, è un segno di merito essere in contrasto con esso. [...]
    Non vi è, naturalmente, alcun senso nel beffarsi deliberatamente dell'opinione pubblica; ciò significa soltanto che se ne è ancora dominati, sebbene si cerchi di ribellarvisi. Ma l'esservi sinceramente indifferenti è tanto una forza che una fonte di felicità. E una società composta di uomini e di donne che non si inchinano troppo alle convenzioni è una società molto più interessante di quella in cui tutti si comportano allo stesso modo. Là dove il carattere di ognuno si sviluppa individualmente, le diversità di tipo sono salve, e vale la pena di conoscere gente nuova, perché essa non è soltanto una copia di quella che già si conosce. [...]
    La paura dell'opinione pubblica, come ogni altra forma di paura, è opprimente e ostacola lo sviluppo. È difficile giungere ad una qualsiasi forma di grandezza fintanto che una tale paura è forte, ed è impossibile conquistare quella libertà dello spirito nella quale consiste la vera felicità, poiché è essenziale per la felicità che il nostro modo di vivere sia determinato dai nostri impulsi profondi e non dai gusti e dai desideri accidentali di coloro che il caso ha voluto fossero nostri vicini, o persino nostri parenti.


Da "http://www.clinicadellatimidezza.it/bertrand-russel-la-conquista-della-felicita-1/" e "http://www.clinicadellatimidezza.it/bertrand-russel-la-conquista-della-felicita-2/" :

A cura di: Dr. Giuliana Proietti 

Bertrand Russell (1872-1970)  era un aristocratico gallese, notissimo per aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura, ma anche famosissimo filosofo, logico e matematico. Fu un autorevole esponente del movimento pacifista e un divulgatore della filosofia. A lui ed al suo impegno per il rispetto dei diritti umani è stato intitolato il Tribunale Russel. Potete leggere il resto della sua interessante biografia qui, ma oggi ne parliamo perché Russel è anche l’autore del libro “La conquista della felicità”, scritto nel 1930, subito dopo il successo editoriale del controverso “Matrimonio e Morale“. In questo saggio Russel parla con linguaggio divulgativo ed è facilmente comprensibile anche dai più digiuni di filosofia. Ve ne offriamo una sintesi, attraverso la citazione dei passaggi che, a nostro avviso, sono più significativi per comprendere il pensiero di Russel, ma sono anche adatti alla riflessione psicologica.

CAUSE DELL’INFELICITA’

*) Che cosa ci rende infelici.
- Ho scritto anni addietro sui cambiamenti necessari nel sistema sociale per favorire la felicità. Sull’abolizione della guerra, lo sfruttamento economico, l’educazione alla crudeltà e alla paura, non ho intenzione di riparlarne nel presente volume. (…)
- E’ necessario impedire il perpetuarsi della povertà, se si vuole che i benefici della produzione meccanica aumentino, in misura più o meno grande, per coloro che maggiormente ne necessitano; ma a che serve rendere ricchi tutti, se il ricco stesso è infelice?
- La disciplina esteriore è la sola via che conduca alla felicità per quegli infelici, troppo dediti all’introspezione per poter essere curati in altro modo.
- Il potere, se mantenuto entro i suoi propri limiti, può accrescere grandemente la felicità, ma quale unico scopo della vita non conduce che alla catastrofe, interiormente, se non esteriormente.

*) Infelicità Byroniana
- L’uomo che ottiene facilmente le cose per le quali non prova che un desiderio molto moderato, finisce col concludere che la soddisfazione del desiderio non dà la felicità. Se ha una disposizione mentale filosofica, ne deduce che la vita umana è essenzialmente disgraziata, poiché anche l’uomo che ha tutto quello che vuole è infelice. Egli dimentica che essere privi di qualcuna delle cose che desideriamo è una condizione indispensabile della felicità.
- L’amore deve essere apprezzato poiché dà maggior rilievo a tutti i piaceri migliori, quali la musica, un’alba in montagna, il mare sotto il plenilunio. (…) Inoltre, l’amore è in grado di spezzare il duro nocciolo del proprio io, poiché è una specie di collaborazione biologica, nella quale le emozioni dell’uno sono necessarie alla soddisfazione degli istintivi propositi dell’altro. (…) L’amore è la prima e più comune forma di emozione che conduca alla collaborazione e coloro che hanno provato più o meno intensamente l’amore non potranno accettare una filosofia che presuppone, indipendentemente da quello della persona amata, il loro massimo bene.

*) Competizione
- Ciò che la gente intende per lotta per la vita, è in realtà la lotta per il successo. Ciò che la gente teme, quando si impegna nella lotta, non è di non poter mangiare il giorno dopo, ma di non riuscire a farsi invidiare dai propri vicini.
- (…) Sebbene il denaro in sé non basti a rendere grande una persona, è difficile essere grandi senza denaro. Per di più, l’aver fatto denaro sta a dimostrare, per comune riconoscimento, che si ha del cervello.

*) Noia ed eccitamento
- Il contrario della noia, in una parola, non è il piacere, ma l’eccitamento. (…)
- Non posso dire che le droghe siano nella vita esclusivamente nocive. Vi sono momenti in cui, ad esempio,  un onesto medico prescrive un oppiaceo, e credo che questi momenti siano più frequenti di quanto non lo suppongano i proibizionisti. Ma lo smodato desiderio delle droghe è certamente cosa che non può essere abbandonata all’azione incontrollata dell’impulso naturale. E la specie di noia cui è soggetta la persona avvezza alle droghe, quando ne viene privata, è una noia per la quale non so suggerire altro rimedio fuorché il tempo.
- Una persona avvezza ad eccessivo eccitamento è come una persona che ha una passione morbosa per il pepe, e che finisce per non trovare più gusto nemmeno in una quantità di pepe tale che toglierebbe il respiro a chiunque altro. (…) L’eccessiva eccitazione non solo mina la salute, ma rende il palato insensibile ad ogni specie di piacere, sostituendo i titillamenti alle profonde soiddisfazioni organiche, l’abilità alla saggezza, e violente sorprese alla bellezza.
- Una certa capacità di sopportare la noia è quindi indispensabile per avere una vita felice, ed è una delle cose che si dovrebbero insegnare ai giovani. Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vita hanno avuto dei periodi non interessanti.
- I viaggi troppo frequenti, un’eccessiva varietà di impressioni, non fanno bene ai bambini, e fanno si che crescendo essi diventino incapaci di sopportare una fruttuosa monotonia.

 *) Fatica
- La specie di fatica più nociva, al giorno d’oggi, nelle comunità progredite, è la fatica nervosa. Questa specie di fatica è, abbastanza stranamente, più pronunciata tra gli abbienti, e tende ad essere molto minore tra chi lavora di braccia che non tra gli uomini d’affari e gli intellettuali.
- Moltissime preoccupazioni possono diventare meno assillanti quando ci si rende conto della poca importanza di ciò che ci causa quell’ansietà. Ai miei tempi, ho parlato in pubblico numerosissime volte; sulle prime, il pubblico mi terrificava sempre e il nervosismo mi rendeva incapace di parlare con scioltezza; temevo a tal punto quella prova, che speravo sempre di spezzarmi una gamba prima dell’ora della conferenza, e quando avevo finito ero esausto per la tensione nervosa. Pian piano riusciia convincere me stesso che non aveva importanza ch’io parlassi bene o male, il mondo avrebbe in ogni caso continuato a girare allo stesso modo.E scopersi che meno mi preoccupavo di come parlavo meglio parlavo, e gradatamente la tensione nervosa diminuì, fino a scomparire completamente. In questo stesso modo può essere in gran parte curata la stanchezza nervosa.
- Quando qualche disgrazia ci minaccia,consideriamo seriamente e deliberatamente cos’è il peggio che ci possa capitare. Dopo aver guardato in viso la possibile digrazia, procuriamoci delle solide ragioni per pensare che, dopo tutto, non sarebbe poi una cosa tanto grave.

*) Invidia
- Dopo l’ansietà, una delle più forti cause di infelicità è probabilmente l’invidia. (…) Di tutte le caratteristiche della normale natura umana l’invidia è la più deprecabile; non soltanto la persona invidiosa desidera fare del male e mette in atto il suo desiderio, se può farlo impunemente, ma l’invidia rende infelice anche lei.
- Vi sono delle felicità alle quali ognuno ha diritto, e quando un bambino ne viene privato ne consegue quasi inevitabilmente l’inasprimento del carattere, quand’anche non più gravi storture.
- L’invidia, in effetti, è una delle forme di quel vizio, in parte morale, in parte intellettuale, che consiste nel non vedere mai le cose in sé stesse, ma soltanto in rapporto ad altre.
- Se desiderate la gloria, potete invidiare Napoleone. Ma Napoleone invidiava Cesare, Cesare invidiava  Alessandro e Alessandro, oso dire, invidiava Ercole, che non è mai esistito.
- Ci si può liberare dall’invidia gustando le gioie che si trovano sul proprio cammino, svolgendo il lavoro che si deve svolgere, ed evitando di fare confronti con coloro che reputiamo, forse erroneamente, molto più fortunati di noi.
- Ai vecchi tempi la gente invidiava soltanto i propri vicini, perché poco o nulla sapeva degli altri. Ora, attraverso l’istruzione e la stampa, sa molte cose, in modo astratto, su varie classi dell’umanità, tra le quali però nonvi è nemmeno un individuo di sua diretta conoscenza. Attraverso il cinematografo crede di sapere come vivono i ricchi, dai giornali sente parlare della prepotenza delle nazioni straniere, e la propaganda l’informa delle nefande usanze di tutti coloro che hanno la pelle con una pigmentazione diversa. I gialli odiano i bianchi, i bianchi odiano ineri, e così via. Tutto quest’odio è, se così si può dire, alimentato dalla propaganda, ma questa è una spiegazione piuttosto superficiale.Perché la propaganda è tanto più efficace quando incita all’odio, di quando tenta di incitare a sentimentid’amicizia? La ragione sta evidentemente nel fatto che il cuore umano, quale la civiltà moderna lo ha fatto, è più propenso all’odio che all’amicizia. Ed è propenso all’odio perché è insoddisfatto, perché nel profondo sente, forse anche inconsciamente, di aver perduto il senso della vita; sente che forse altri, ma non noi, si sono assicurati le belle cose che la natura offre per la gioia dell’uomo. La somma positiva dei piaceri nella vita di un uomo moderno è indubbiamente superiore a quella che si poteva avere in comunità più primitive, ma ancor più di tale somma è aumentata la consapevolezza di ciò che potrebbe essere.

*) Senso della colpa
- Il senso della colpa, lungi dal condurre verso una vita buona, ha l’effetto opposto. Rend eun uomo infelice e fa sì che egli si senta inferiore agli altri. Essendo infelice, è probabile che egli accampi sugli altri diritti eccessivi e che gli impediscono di gustare la felicità nei rapporti personali. Sentendosi inferiore, nutrirà del rancore verso coloro che gli appaiono superiori. Per lui l’ammirazione sarà difficile, e facile l’invidia. Diventerà una persona generalmente antipatica e si troverà sempre più solo. Un atteggiamento generoso ed espansivo verso gli altri non soltanto fa contenti gli altri, ma è un’immensa fonte di felicità per chi lo possiede, perché lo rende simpatico a tutti. Ma in un uomo assillato dal senso di colpa un simile atteggiamento non è possibile, poiché è un prodotto dell’equilibrio e della fiducia in sé stessi e richiede ciò che può chiamarsi un’integrazione mentale; richiede cioè che i diversi strati della natura umana, cosciente, subcosciente e incosciente, lavorino armonicamente insieme e non siano continuamente in contrasto fra di loro.
- Nessuno deve temere che, diventando razionale, la sua vita si scolorisca. Anzi, poiché il razionalismo consiste principalmente nell’armonia interiore, l’uomo che arriva a possederlo è più libero, nella contemplazione del mondo e nell’uso delle sue energie, di raggiungere un fine esteriore, che non l’uomo continuamente in preda a conflitti interiori. Nulla è così arido come l’essere chiusi in sé stessi, nulla così serenamente fertile come l’essere rivolti con l’attenzione e l’energia verso l’esterno.
- La felicità veramente soddisfacente si accompagna al pieno esercizio delle nostre facoltà e alla completa comprensione del mondo nel quale viviamo.

*) Mania di persecuzione
- Ci aspettiamo sempre che gli altri abbiano per noi quel tenero amore e quel profondo rispetto che noi nutriamo per noi stessi. Non ci passa per la mente che non possiamo aspettarci dagli altri che pensino di noi più bene di quanto noi pensiamo di loro, e la ragione per cui questo non ci passa per la mente è che i nostri meriti ci appaiono grandi ed evidenti, mentre quelli degli altri, ammesso pure che esistano, sono visibili soltanto ad un occhio molto caritatevole.
- Ricordate che i motivi che determinano le vostre azioni non sono sempre così altruistici come vi appaiono. (…) Non sopravvalutate i vostri meriti (…) Non aspettatevi che gli altri si interessino di voi quanto voi stesso (…) Non immaginatevi che la gente si interessi tanto a voi da nutrire un particolare desiderio di perseguitarvi.
- Tutto quello che si deve fare può essere fatto bene soltanto con l’aiuto di un certo entusiasmo, e provare entusiasmo per qualche cosa è difficile se non vi è un motivo egoistico.

*) Paura dell’opinione pubblica
- Per ignoranza del mondo, si sopporta molta inutile infelicità, talvolta solamente in gioventù, ma non infrequentemente per tutta la vita. Questo isolamento non soltanto è fonte di dolore, ma causa anche un grande sperpero di energie nel compito non necessario di mantenere la propria indipendenza mentale in un ambiente ostile, e in novantanove casi su cento produce una certa timidezza nel seguire fino alla loro logica conclusione le proprie idee.
- Bisogna trovare il modo mediante il quale eludere l’opinione pubblica o diminuirne l’importanza, e mediante il quale i membri della minoranza intelligente possano giungere a conoscersi e a gustare la loro reciproca compagnia.
- I giovani che si trovano in contrasto con il loro ambiente dovrebbero tentare, nella scelta della professione, di scegliere una carriera che offra loro la possibilità di vivere tra persone affini, anche se questo dovesse costare la rinuncia a guadagni superiori.
- Di regola, si dovrebbe rispettare l’opinione pubblica quel tanto che è necessario per evitare di morire di fame e di andare in prigione, ma tutto quanto vada al di là di questo diventa volontaria sottomissione ad una tirannia non necessaria e arrischia nei più vari modi di compromettere la felicità.
- La felicità è favorita dalla riunione di persone di gusti e opinioni simili.


*) E’ ancora possibile la felicità?
- Il segreto della felicità è questo: fate in modo che i vostri interessi siano il più possibile numerosi e che le vostre reazioni alle cose e alle persone che vi interessano siano il più possibile cordiali anziché ostili.

*) La gioia di vivere
- La gente fa conversazione non perché le faccia piacere, ma per qualche vantaggio che alla fine spera di ricavare dalla collaborazione.
- Nell’imparare a non interessarsi agli uomini esse (le donne) imparavano anche molto spesso a non interessarsi a nulla o, ad ogni modo,  a nulla fuorché una certa specie di contegno corretto. Insegnare un atteggiamento inattivo e timido verso la vita significa in modo chiaro insegnare qualcosa di completamente comntrario alla gioia di vivere e incoraggiare una specie di ripiegamento su sé stessi caratteristico di donne rispettabilissime, specialmente quando sono incolte. Esse non hanno l’interesse per lo sport che si trova nell’uomo medio, non si curano di politica, verso gli uomini hanno un atteggiamento affettatamente staccato, verso le donne velatamente ostile.

*) Gli affetti
- La natura umana è così fatta che concede molto più prontamente il suo affetto a chi meno sembra richiederlo. Perciò, l’uomo che tenta di conquistarsi l’affetto altrui con delle buone azioni fa invece l’amara esperienza dell’ingratitudine umana.
- Coloro che affrontano la vita con senso di sicurezza sono molto più felici di coloro che l’affrontano con un senso di incertezza, per lo meno fino a quando il loro senso di sicurezza non li porta a un disastro.
- Fintanto che l’affetto guarisce realmente un individuo dal senso di precarietà, lo mette di nuovo in condizione di provare quell’interesse per il mondo che nei momenti di pericolo e di paura si affievolisce.
- L’ambizione che esclude l’affetto dalla sua via è generalmente il risultato di qualche specie d’ira o di odio contro la razza umana prodotto da dolori sofferti in gioventù, da ingiustizia patita in età adulta, o da una qualsiasi delle cause che portano alla mania di persecuzione.
- Di tutte le forme di prudenza, la prudenza nell’amore è forse la più fatale alla vera felicità.

*) La famiglia
- Ai tempi antichi le donne erano spinte al matrimonio dalle condizioni di vita intollerabili nelle quali venivano a trovarsi le zitelle.
- La giovane donna non sposata delle classi colte è quindi in grado, oggi, purché non sia al di sotto della media quanto a intelligenza ed attrattiva fisica, di godersi molto piacevolmente la vita, fintanto che sa resistere al desiderio di avere dei figli.
- La più perniciosa di tutte le ingiustizie che ella (la donna) deve subire è questa: che per il fatto di compiere il suo dovere verso la famiglia ella ne ha perso l’affetto, mentre se l’avesse trascurata e fosse rimasta allegra e affascinante, probabilmente marito e figli avrebbero continuato ad amarla.
- Il mutamento nei rapporti fra genitori e figli è un esempio particolare della diffusione della democrazia. I genitori non sono più sicuri dei loro diritti di fronte ai figli; i figli non sentono più di dovere rispetto ai genitori. La virtù dell’obbedienza, che un tempo era pretesa senza discussioni, è decaduta, ed è giusto che lo sia.
- La psicoanalisi ha inculcato nei genitori della classe istruita il terrore del male che possono inconsciamente fare ai loro figli. Se li baciano, possono far nascere in loro un complesso d’Edipo; se non li baciano, possono provocare una manifestazione di gelosia. Se ordinano al bambino di fare questa o quella cosa, possono far nascere in lui il senso della colpa, se no, i bambini prendono delle abitudini che i genitori giudicano indesiderabili.
- Non vi può essere dubbio che la civiltà prodotta dalle razze bianche ha questa singolare caratteristica che, a misura che gli uomini e le donne l’assorbono, diventano sterili. I più civili sono i più sterili; i meno civili sono i più fertili; e tra i due vi è una gradazione continuamente oscillante.
- I sacerdoti possono aver successo fintanto che la minaccia del fuoco dell’inferno conserva la sua efficacia, ma ora soltanto una minoranza della popolazione prende sul serio questa minaccia.
- La gente può convenire che altri debbano fornire la carne da cannone, ma non è attratta dalla prospettiva che i suoi figli vengano usati a questo scopo. Tutto quello che lo stato può fare, quindi, è di tentare di mantenere i poveri nell’ignoranza.
- Se si considera la natura umana indipendentemente dalle circostanze attuali appare chiaro, credo, che la paternità e la maternità sono psicologicamente capaci di offrire la felicità più grande e duratura che la vita possa dare.
- E’ nei momenti di sfortuna che si può maggiormente contare sui genitori, nelle malattie, e persino anche negli errori, se i genitori sono come dovrebbero essere.
- La radice primitiva del piacere che si prova nell’avere figli è duplice. Da una parte vi è la sensazione di aver esternato una parte del nostro essere, prolungando così la nostra vita oltre la morte del resto del nostro corpo e fornendo inoltre a questa parte la possibilità di esternarsi a sua volta allo stesso modo, così da assicurare l’immortalità del germe vitale. Dall’altra vi è un’intima fusione di forza e di tenerezza.
- Il genitore che desidera sinceramente il bene del bambino più della sua autorità su di lui, non ha bisogno di libri di testo sulla psicoanalisi per sapere che cosa si deve e che cosa non si deve fare, ma sarà guidato dall’istinto sulla giusta via.
- La madre della quale convenzionalmente si dice che si è sacrificata è, nella grande maggioranza dei casi, eccezionalmente egoista verso i figli, poiché, per quanto importante sia la maternità quale elemento della vita, non è soddisfacente se viene considerata come tutta la vita, e un genitore insoddisfatto ha molte probabilità di essere un genitore effettivamente troppo esigente.
- Non dovrebbe più esistere la convenzione secondo la quale ogni madre deve fare da sé quello che un’altra donna farebbe meglio. Le madri che si trovano imbarazzate e incapaci di fronte ai propri figli, come accade a molte, non dovrebbero esitare ad affidarli ad altre donne che hanno attitudine a questo lavoro ed hanno fatto il necessario allenamento.
- Il rapporto della madre verso il figlio dovrà, in futuro, assomigliare sempre più al rapporto esistente oggi fra padre e figlio, se si vuole affrancare le donne da una inutile schiavitù, e concedere ai bambini di approfittare delle esperienze scientifiche che si stanno accumulando riguardo alla cura in tenera età delle loro menti e dei loro corpi.

*) Il lavoro
- Essere capaci di riempire intelligentemente le ore di ozio è l’ultimo prodotto della civiltà e, al giorno d’oggi, pochissime persone hanno raggiunto questo livello.
- I ricchi che vivono oziosamente soffrono quasi tutti di una noia indicibile, quale prezzo del loro affrancamento dalla fatica.
- Nel lavoro, il successo viene perlo più misurato dal reddito, e fintanto che la nostra società capitalistica continuerà ad esistere, questo è inevitabile.
- Una gran parte del lavoro offre lo stesso piacere che si può trovare in un gioco d’abilità.
- In certi lavori specializzati, come la politica, ad esempio, risulta che gli uomini raggiungono il loro massimo rendimento tra i sessanta e i settanta anni per la ragione che, in tali occupazioni, è essenziale una profonda conoscenza degli uomini.
- (Giornalisti) (…) solo una piccola minoranza vi crede; gli altri, per amore dello stipendio, prostituiscono il loro talento per fini che ritengono nocivi.
- Senza il rispetto di sé stessi, la vera felicità difficilmente è possibile. E l’uomo che si vergogna del suo lavoro non può avere rispetto di sé stesso.
- La fermezza dei propositi non è sufficiente per rendere felice la vita, ma è una condizione quasi indispensabile per una vita felice. E la fermezza dei propositi si manifesta soprattutto nel lavoro.

*) Interessi impersonali
- Una delle fonti di infelicità, di stanchezza e di tensione nervosa, è l’incapacità ad interessarsi a nulla che non abbia una importanza pratica nella propria vita.
- Per quanto grave possa essere una preoccupazione, non bisognerebbe averla presente tutto il giorno.
- Un piccolo lavoro che abbia uno scopo  buono è migliore di un grande lavoro che abbia uno scopo cattivo.
- L’uomo che non fa nulla per distrarre la mente e si lascia dominare completamente dal suo turbamento, non è saggio e si rende meno atto ad affrontare le difficoltà, quando verrà il momento dell’azione.
- Non nego, naturalmente che un uomo possa essere spezzato dal dolore, ma dico che un uomo dovrebbe fare tutto quanto sta in suo potere per sfuggire a questo destino, e dovrebbe cercare qualsiasi distrazione, per quanto banale, purché non nociva o degradante in sé.
- Per sopportare bene le disgrazie quando avvengono, è saggio aver coltivato in momenti migliori una certa varietà di interessi, di modo che la mente possa trovare pronto qualche luogo indisturbato che le offra altre associazioni di idee ed altre emozioni, diverse da quelle che rendono difficilmente sopportabile il presente.
- L’uomo che cerca la felicità agirà saggiamente tendendo al possesso di un numero di interessi sussidiari da aggiungere a quelli centrali sui quali la sua vita è costruita.

*) Sforzo e rassegnazione
- L’uomo saggio, sebbene non accetti senza reagire le disgrazie evitabili, non sprecherà il suo tempo e le sue emozioni per quelle che sono inevitabili, e si sottometterà anche a quelle che sembrano evitabili in sé, se il tempo e la fatica che il tentativo di evitarle implicherebbe venissero a interferire con l’attività necessaria per raggiungere qualche scopo più importante.
- L’emozione è qualche volta un ostacolo all’efficienza.
- L’atteggiamento più saggio è di fare il meglio che si può, lasciando al destino il risultato.
- L’uomo che si è liberato dell’irritabilità troverà la vita molto più lieta di quanto non gli apparisse quando era perpetuamente agitato.
- La cosa migliore è di avere non una sola immagine di sé stessi, ma un’intiera galleria,e di scegliere quella appropriata  all’incidente del momento. Se qualcuna di queste immagini è un po’ ridicola, tanto meglio; non è da saggi vedersi tutto il giorno come un eroe da tragedia greca.
- Niente è più faticoso e, a lungo andare, più esasperante, dello sforzo quotidiano per credere in cose che quotidianamente diventano più incredibili. Eliminare questo sforzo è una condizione indispensabile per assicurarsi una felicità duratura.

*) L’uomo felice
- Felice è l’uomo che vive obbiettivamente, che ha affetti liberi e vari interessi, che si assicura la felicità mediante questi interessi e questi affetti e mediante il fatto che essi, a loro volta, fanno di lui un oggetto di interesse e di affetto per molti altri. Essere oggetto d’amore è una causa potente di felicità, ma l’uomo che chiede l’amore non è colui al quale viene concesso. L’uomo che riceve l’amore è generalmente colui che lo dà.
- Che cosa può dunque fare un uomo che è infelice perché rinchiuso in se stesso? Fintanto che continua a pensare alle cause dell asua infelicità, continua ad essere chiuso in se stesso e quindi non esce dal circolo vizioso; se vuole uscirne, deve farlo mediante interessi genuini, non mediante interessi simulati, adottati unicamente quale medicina.
- Guardate inviso almeno una volta al giorno una verità dolorosa; troverete che questo esercizio è utile quanto l’allenamento quotidiano dei BoyScouts. Imparate a convincervi che la vita varrebbe la pena di essere vissuta anche se non foste, come naturalmente siete, immensamente superiore a tutti ivostri amici quanto a virtù  e intelligenza.
- Soltanto ciò che vi può veramente interessare può esservi utile, ma potete avere la certezza che interessi sinceramente obbiettivi nasceranno in voi non appena avrete appreso a non assorbirvi in voi stessi.
- L’uomo felice è colui che non soffre dialcuna di queste mancanze di unità ela cui personalità non è né incontrasto con se stessa, né incontrasto col mondo. Un uomo siffatto si sente cittadino dell’universo, gode liberamente dello spettacolo che offre e delle gioie che arreca, non turbato dal pensiero della morte, perché non si sente realmente separato da coloro che verranno dopo di lui. E’ in questa profonda unione istintiva con la corrente della vita che si trova la massima gioia.

Dr. Giuliana Proietti
psicoterapeuta-sessuologa
Libera professionista in Ancona
Svolge la libera professione di psicoterapeuta/sessuologa in Ancona, ha scritto numerosi libri di self help nel campo della salute e del benessere, è fondatrice e responsabile del sito www.psicolinea.it, online dal 2001, cui sono seguiti
www.clinicadellatimidezza.it (co-fondatrice) e
www.ilsessoelamore.it.
  • Collabora con diversi quotidiani e periodici a diffusione nazionale per la consulenza psicosessuologica e per l’elaborazione di test psicologici;
  • Conduce seminari di sviluppo personale;
  • Svolge attività didattica e di formazione presso Enti ed Associazioni;
  • Ha maturato un’esperienza significativa nel campo della Psicologia del Lavoro edella Selezione del Personale;
  • E’ co-fondatrice dell’Associazione Scientifica Airt, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Timidezza e le Fobie Sociali
    attraverso la quale vengono organizzati Convegni ed altri eventi culturali;
  • Scrive in un Blog sullHuffington Post

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